venerdì, Aprile 19, 2024

Isabel Allende, “Il mio paese inventato”

Isabel Allende compie oggi 78 anni. È considerata essere uno dei pilastri della letteratura Sudamericana, assieme a Gabriel Garcìa Marquez e Pablo Neruda.

È la nipote di Salvador Allende, amato presidente democratico del Cile, ucciso durante il colpo di stato dai golpisti (attuatori del golpe militare). Isabel Allende si vide costretta a fuggire dal suo paese d’origine, nel 1973, e da quel momento non vi tornerà mai più a vivere.

Fuori dal Cile, attesi per molti anni che si instaurasse nuovamente la democrazia per rimpatriare, ma quando accadde non lo feci, perché ormai ero sposata con un nordamericano e abitavo vicino a San Francisco“.

Il trauma dell’esilio

L’esilio e la recisione obbligata dei rapporti con amici, famigliari e con la sua terra natia, il Cile, giocano un ruolo centrale nella sua produzione letteraria. La nostalgia emerge, in certi casi “prepotente”, nei suoi romanzi.

“Nostalgia… secondo il dizionario è la tristezza di trovarsi lontano dalla propria terra, la malinconia causata dal ricordo di una gioia perduta. […]. La scrittura rappresenta per me un esercizio costante della nostalgia”.

La mancanza di una vera identità territoriale e di appartenenza ad una data cultura, da parte dell’autrice, incide fortemente sul suo lavoro, condizionando l’esito delle sue opere. Tant’è che lei stessa ammette “se mi avessero chiesto di dove sono, fino a poco tempo fa avrei risposto, senza pensarci due volte, che non sono di nessuna parte, o che sono sudamericana, o cilena per affetto“.

Gode di un indiscusso successo internazionale e i suoi libri sono sempre ben accolti dal pubblico e dalla critica. Si contraddistinguono per quel sapiente uso dell’ironia che smorza i toni malinconici e nostalgici, creando un equilibrio perfetto.

Equilibrio che dona fluidità e scorrevolezza alla lettura, suscitando talvolta anche il sorriso del lettore. “Quando guardavo gli album di fotografie di mia madre non riconoscevo nessuno, salvo una femmina di bulldog che rispondeva all’assurdo nome di Pelvia Lòpez-Pun, e l’unica ragione per la quale mi era rimasta impressa è che ci assomigliavamo in maniera impressionante. C’è una fotografia, dove siamo ritratte insieme quando io avevo pochi mesi, sulla quale mia madre aveva dovuto indicare con una freccia chi ero io e chi era il cucciolo“.

Il mio paese inventato

Da quando attraversai le Ande ho cominciato inconsapevolmente a inventarmi un paese“.

Edito nel 2003, si tratta del primo di una serie di romanzi di evidente matrice autobiografica. “Il mestiere della scrittura mi ha definita: parola dopo parola ho creato la persona che sono e il paese inventato in cui vivo“.

In particolar modo questo libro contiene una serie di aneddoti sulla sua vita personale, sino ad allora mai rivelati. Si concentra sul suo paese d’origine, il Cile è il vero protagonista.

Parlando di questo luogo affascinante e misterioso, racconta del legame con la sua famiglia ed il profondo affetto che la lega a questa terra.

Il libro dei ricordi: tra realtà ed immaginazione

Il Cile ci viene presentato sotto ogni aspetto. Con i suoi pregi, i suoi difetti e le sue tradizioni uniche al mondo. Il tutto è condito dai ricordi personali dell’autrice, che ci rende partecipi delle sue memorie, seppur velate a tratti, dall’inevitabile sfumatura che avvolge la memoria, mano a mano che il tempo scorre. “Di certo la mia pessima memoria dipende dal fatto che quei tempi non sono stati particolarmente lieti, ma credo che ciò capiti alla maggior parte dei mortali“.

Per compensare i vuoti di memoria e la scarsa nitidezza di alcuni ricordi, Isabel Allende crea fantasie. Cuce sopra i ricordi autentici, ricordi “inventati”, a cui poi finisce per credere anche lei stessa.

Questo spiega il titolo “Il mio paese inventato“. Inventato perché, per colmare i vuoti dovuti ai traumi e all’adolescenza segnata da separazioni dolorose. La Allende immagina e sogna, sovrapponendo la realtà e la finzione.

Nasce così, finalmente, un luogo sereno, in cui regna l’armonia. “Non ho alcun tipo di certezza. E non riesco neanche a immaginare il Cile come un luogo geografico con delle caratteristiche precise, come un posto definito e reale. Mi appare come i sentieri di campagna all’imbrunire, quando le ombre dei pioppi confondono lo sguardo e il paesaggio sembra solo un sogno“.

Il Cile: terra di meraviglia e contraddizioni

Naturalmente, questo espediente non elimina il dolore vissuto ma riesce a conferire valore e senso alla nostalgia che prova.

Scorrendo le pagine de “Il mio paese inventato” ci si sente come catapultati tra le strade di questo paese, tra la sua gente vivace, spensierata ma profondamente orgogliosa.

Paesaggi naturali mozzafiato, da sogno, colorati e luminosi si alternano alle tipiche dimore cilene. Tramite le parole fa rivivere quel mondo, ormai sostituito dalla modernità e pressoché dimenticato. Contraddizioni ed opposti che convivono come parti della medesima realtà.

Parla del deserto di Atacama dove, in contrasto con quella terra calda e calorosa, la notte “l’acqua gela nei bicchieri”. Racconta dello sconfinato orgoglio patriottico degli abitanti indigeni, che appaiono forse esagerati nel difendere la propria terra ed i suoi prodotti, ma questo orgoglio non è che il frutto di un forte senso di appartenenza.

Senza identità… o quasi

Sono stata costretta a partire, sciogliendo legami e lasciandomi tutto alle spalle, per ricominciare da zero in un altro posto; ho vagato per più luoghi di quanti possa ricordare. A forza di dire addio mi si sono seccate le radici e ho dovuto generarne altre che, in mancanza di un terreno in cui fissarsi, mi si sono piantate nella memoria“.

Isabel Allende ha vissuto una vita all’insegna del cambiamento. Dopo il golpe del 1973 visse in esilio in Venezuela, a Caracas, per tredici anni. Sposò poi William Gordon, avvocato di S. Francisco, nel 1987, e si trasferì in California.

Nel libro confessa “Oggi, invece dico che sono americana, non solo perché così è scritto sul mio passaporto, o perché questa definizione include l’America dal nord al sud, […], ma perché, non molto tempo fa, le torri gemelle del World Trade Center sono state distrutte da un attentato terroristico, e da quel momento, qualcosa è cambiato. Quella tragedia mi ha costretto a confrontarmi con il mio senso d’identità; ora sono consapevole di essere un membro in più della variopinta popolazione americana“.

Infatti, Isabel Allende, evoca la analogia nel suo personale vissuto, tra le due date storiche quanto drammatiche.

Due date storiche

Martedì 11 settembre 1973, il colpo di Stato in Cile, che decretò la fine violenta della sua infanzia e spensieratezza. Martedì 11 settembre 2001, l’attentato terroristico alle Twin Towers a New York, un vero e proprio attentato all’identità stessa di un popolo.

Entrambi furono episodi produttori di un trauma, profondo. Un duro colpo al sentimento di appartenenza territoriale dell’autrice, tanto faticosamente conquistato.

Quel lontano martedì del 1973 la mia esistenza è andata in pezzi, niente è stato più come prima, avevo perso il mio paese. Anche quel fatidico martedì del 2001 ha rappresentato un momento decisivo, niente sarebbe più stato come prima, ma io ho guadagnato un paese“.

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