Invasione cinese per le auto elettriche? Potrebbe succedere

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Si sta parlando molto di un’invasione cinese nel mondo, in particolare in Europa, per quanto riguarda le auto elettriche. Le cose potrebbero presto evolversi ancora.

L’invasione cinese è rimandata?

Siamo sicuri nel dire che la Cina ha accumulato un notevole vantaggio nel campo della mobilità elettrica. Merito dei bassi costi di produzione, del ferreo controllo nella catena del valore delle batterie e dei livelli qualitativi, decisamente vicini a quelli occidentali. Ma anche se lo status quo è aumentato, non c’è stato sul mercato lo stravolgimento che si temeva… finora. Comunque, vediamo cosa sta succedendo.


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Paralleli con il mercato giapponese

Una cosa simile era già successa con i costruttori giapponesi, dopo la Seconda Guerra Mondiale. Il settore automobilistico del Giappone è nato intorno al XX secolo, ed è costantemente cresciuto prendendo a modello l’Occidente. Nel dopoguerra, con il risollevarsi dell’economia anche il settore dell’auto si era rimesso in carreggiata, e a risollevarlo erano state le keicar, micro auto con 150 cm cubici di cilindata. La prima casa automobilistica giapponese a sbarcare negli Stati Uniti, il primo mercato, è stata la Toyota, dal 1957 con sede a Los Angeles. Negli anni Ottanta fu la volta della Honda.

Inizi difficili

Nei primi tempi le auto giapponesi erano state accolte con scetticismo, in quanto non erano ritenute comparabili ai modelli americani. Ma la qualità elevata, i bassi consumi e i i bassi prezzi di listino hanno fatto in modo da far crescere l’offerta, nonostante i colossi americani abbiano mantenuto salda la leadership. La stessa cosa più o meno è capitata in Europa, anche se in misura minore. La concorrenza però ha fatto bene a questi Paesi, Italia compresa.

L’invasione cinese comincia

Adesso è la volta della Cina. I costruttori cinesi si sono dimostrati più aggressivi facendo leva sulle ambizioni espansionistiche perseguite dal governo, ma non è sempre stato così. Infatti gli inizi, con la Qoros, non sono stati incoraggianti, ma le cose sono migliorate con la Dongfeng e la Geely. La prima si è fermata all’acquisto di una partecipazione di rilievo nell’ex PSA, mentre la seconda ha continuato su ben altre strade. La Volvo e la Lotus, per cominciare, fino ad una quota della Daimler. Prima dell’elettrico, però, si vedevano poche auto cinesi sul mercato europeo.

L’elettrico cambia tutto

Con l’avvento dell’elettrico, la situazione si sta ribaltando. Nel primo semestre le vendite di Ev made in China hanno raggiunto la quota del 4% del mercato europeo, per contro al 3,7% giapponese. La spiegazione possiamo ricercarla in Norvegia: aziende come Nio, Byrd e Xpeng, infatti, hanno scelto proprio questo Paese per il loro sbarco in Europa. In altri mercati, invece, sono stati scelti marchi europei. La Saic con la MG, ad esempio, inizialmente leader dell’automotive inglese ma oggi esclusivamente cinese. Anche le Tesla Model 3 commercializzate in Europa provengono in larga parte dalla gigafactory di Shangai.

Punti strategici

La Cina quindi può contare su diversi vantaggi competitivi. I bassi costi produttivi, ad esempio, che vengono mantenuti tali grazie alle politiche a lungo termine attuate dalle autorità cinesi. Precisiamo che oggi la Cina controlla gran parte della catena del valore delle batterie, e può quindi controllare, in un certo modo, l’evoluzione tecnologica della mobilità. L’Europa sta quindi tentando di rimettersi al passo con massicci investimenti per la realizzazione di gigafactory, oltre che ottenere forniture stabili ed ecosostenibili. Non è detto però che possa funzionare.

Qualità maggiore

Il vicepresidente della Volvo, Robin Page, ha dichiarato che le auto realizzate in Cina sono di qualità superiore rispetto a quelle costruite in Europa. “Non c’è una differenza enorme tra produzione europea e asiatica. Ma se si confronta punto per punto e nelle medie di produzione, la qualità cinese è assolutamente buona” ha spiegato. Insomma, l’invasione cinese è iniziata, e all’Europa converrà sforzarsi di rimanere in pari.