Un tempo, si sa, le strade delle città erano sterrate, senza una divisione tra marciapiedi e transito carrabile.
Questo creava non pochi problemi, soprattutto ai pedoni che, nelle giornate di pioggia, camminavano letteralmente nel fango.
Per ovviare a questo inconveniente, molte città cominciarono nel tempo a pavimentare le strade, usando materiali diversi, a seconda delle zone.
Quando ancora non si conosceva l’asfalto, si ricorreva all’uso delle pietre, di vari tipi e tagliate in diverse dimensioni.
Il caso della pavimentazione di Londra, però, segue una storia singolare.
Il 31 maggio 1578 il corsaro inglese Martin Frobisher iniziò a navigare sui mari verso il Canada, alla ricerca di una rotta a Nord-Ovest.
Fu in occasione di uno di questi viaggi che giunse in Frobisher Bay, baia che prese proprio il suo nome.
Una volta sbarcato qui, Frobisher e il suo equipaggio cominciarono a visitare la baia e scoprirono delle pietre.
Subito il corsaro credette di aver trovato tra di esse dell’oro, in grandi quantità.
Fu così che cominciò ad estrarre il materiale e a fare diversi viaggi tra la baia e l’Inghilterra, credendo di aver trovato la propria ricchezza.
Purtroppo, però, per lui, dopo anni di fusione, il verdetto fu inequivocabile: pirite di ferro.
In realtà, quindi, Frobisher non aveva estratto l’oro, bensì un comunissimo minerale.
E pensare che aveva armato una flotta di navi che potesse garantire un trasporto cospicuo della “preziosa” merce.
Una sconfitta colossale, una perdita economica non di lieve entità.
E tutta quella pietra? Cosa si poteva fare?
Molto semplicemente, la pirite venne usata per curare la pavimentazione di Londra.
Almeno tutto quel materiale non era andato sprecato, e anzi veniva usato per una giusta causa.
Le strade del centro della città furono così lastricate usando un materiale duraturo e che garantisse più pulizia.
L’impresa di Frobisher, quindi, non era stata del tutto inutile.