giovedì, Aprile 18, 2024

Il virus delle fake news

Supermercati vuoti, flaconi di Amuchina venduti fino a 2000 euro, mascherine sold-out in quasi tutte le farmacie, quarantene autoindotte, complottismi dilaganti. Questi sono solo alcuni degli esempi di comportamenti causati dalla psicosi generale. Il motivo di questa paura non è tanto il Coronavirus, quanto la disinformazione e la corsa alle views da parte dei principali canali di informazione.

Le fake news sono un tema sempre più presente nel dibattito pubblico e nella ricerca scientifica. I cittadini non si fidano dei mezzi di informazione e le conseguenze, come abbiamo visto, possono essere devastanti. La situazione attuale ci suggerisce che non siamo più in grado di metterci d’accordo su quale sia la verità. Prima c’era una realtà condivisa che generalmente arrivava dalle autorità, oggi invece le persone non si fidano più di ciò che viene dichiarato vero, soprattutto se non è in linea con i pensieri del lettore. Come scrive la giurista Danielle Citron: “la gente diffonde opinioni di altri -anche se le informazioni che contengono sono false, fuorvianti o incomplete- perché pensano di aver saputo qualcosa di importante”.

Il problema delle fake news è in aumento soprattutto per i “vantaggi” di chi le diffonde. Una notizia emotivamente avvincente, in linea con i nostri pensieri, cattura l’attenzione e porta con sé click e visualizzazioni nella speranza di attirare pubblicità. Citando Neetzan Zimmerman esperto di storie virali: “di questi tempi non è importante che una storia sia vera, l’unica cosa che conta è che la gente ci clicchi sopra”.

Il problema, naturalmente, non è solo italiano. Con l’avvento del nuovo virus si è dovuto intervenire per contrastare il più possibile notizie forvianti. L’AFP Fact Check, gruppo di specialisti nella verifica digitale, ha fatto numerosi controlli in internet da inizio gennaio. Tra le fake news più rilevanti hanno trovato notizie che consigliavano di utilizzare la vitamina D per prevenire il virus, acqua bollita con aglio come cura e complottismi vari, tra cui l’ipotesi che il virus fu creato in Canada per poi essere stato rubato dalla Cina.

Lo scorso mese l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha ospitato un incontro nella Silicon Valley. Tra i partecipanti c’erano giganti del web come Facebook e Twitter. Insieme hanno discusso per trovare una soluzione contro la disinformazione sull’epidemia.  

La disinformazione è un problema molto serio per il web occidentale a partire dalle elezioni americane del 2016. Facebook gioca un ruolo importante in questa situazione perché nel famoso social network le notizie false circolano e si diffondono a un ampio numero di persone e con grande velocità. Questo virus ha dato “l’opportunità” di verificare gli sforzi compiuti nell’arginare la cascata di notizie false sui media.

Facebook è ad oggi lo strumento più utilizzato per cercare notizie su internet inghiottendo il giornalismo, le campagne politiche, l’industria dell’intrattenimento e molti altri settori. In questa situazione di crisi, il famoso social network si è impegnato a rimuovere notizie false che alimentano psicosi, lavorando con 56 partner di controllo dei fatti in 46 lingue diverse. Insieme collaborano per valutare le notizie false e avvisare gli utenti della loro non veridicità. Inoltre, il social si impegna a fornire anche pubblicità gratuita all’OMS e alle autorità sanitarie per condurre le loro campagne di informazione e sensibilizzazione sull’argomento virus. Un’altra misura presa da Facebook è l’eliminazione di pubblicità che incitano la compravendita di cure miracolose. Come infatti hanno dichiarato i rappresentanti del Social Network: “ora vietiamo la pubblicità di prodotti che fanno riferimento al coronavirus in modo da creare panico o indurre a credere che i loro prodotti garantiscano una cura o impediscano alle persone di contrarre il coronavirus. Ad esempio, annunci di mascherine che fanno credere che siano le uniche ancora disponibili o che affermano di avere la garanzia di impedire la diffusione del virus non saranno consentiti sulle nostre piattaforme”.

Twitter ha assunto un diverso atteggiamento. Il social monitora principalmente la manipolazione della piattaforma affinché i contenuti ritenuti credibili appiano per primi quando gli utenti cercano le tendenze pertinenti. Su Tik Tok, invece, l’OMS ha aperto un account per la condivisione di consigli affidabili sul coronavirus.

Nonostante gli sforzi fatti le notizie false continuano a diffondersi. Poynter, un’istituzione giornalistica senza scopo di lucro, ha individuato un’immagine satellitare della città di Wuhan che sosteneva di mostrare “prove” che l’autorità cinese stesse cremando migliaia di persone infette. Questa immagine è stata diffusa in larga misura. Dopo una serie di controlli è stato dimostrato che non si trattava di un’immagine satellitare, bensì di una previsione della qualità dell’aria basata. Nonostante questa notizia sia stata ampiamente smentita è tutt’ora ritwittata.

In Cina i social media si basano sulle fonti fornite dal governo per smentire le voci. Vi sono però degli scetticismi da parte degli esperti sulla credibilità delle fonti del governo Cinese. “Non esiste un’autorità affidabile in Cina per fornire alle persone le giuste informazioni” sostiene Tang Deliang, professore di scienze della salute ambientale alla Columbia University. Il professor Hockx di Notre Dame ha invece affermato parlando dei cittadini cinesi: “il motivo per cui la gente non crede ad alcune di queste voci è perché il governo ci ha dimostrato di non essere affidabile come la gente si aspetterebbe. Il governo deve guadagnare la fiducia della gente”

Sono numerose le segnalazioni di fake news riguardanti il coronavirus, un dato pericoloso soprattutto se si considera che la maggior parte di esse hanno il fine di incitare sentimenti negativi e discriminazione regionale. Ora più che mai bisogna aver fiducia nella scienza e informarsi soltanto su fonti attendibili. L’avvento del coronavirus ci ha mostrato una parte della nostra società che a lungo è rimasta in secondo piano. Abbiamo avuto modo di vedere come sia facile sfruttare un momento di crisi per scopi personali generando paura e psicosi. Dobbiamo ritrovare la verità come valore e requisito fondamentale per la nostra collettività, in modo che in futuro sia possibile gestire periodi di crisi come questo in modo razionale, ordinato e soprattutto collaborativo. Citando George Orwell: “In tempi di menzogna universale, dire la verità è un atto rivoluzionario.”

 

SourceAbacus

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