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Il referendum sull’aborto del 1981: il parere del popolo italiano

Il referendum sull’aborto si svolse il 17 e il 18 maggio 1981. Il popolo italiano fu chiamato a pronunciarsi sulla richiesta di abrogazione della legge 194, approvata il 22 maggio 1978.

Il referendum sull’aborto: la legge 194

La legge 194 depenalizzò e disciplinò le modalità di accesso all’aborto volontario. Esso fu consentito entro i primi novanta giorni dal concepimento.

La risposta del mondo cattolico

In seguito all’approvazione della legge 194, l’allora pontefice Giovanni Paolo II decise immediatamente di dare un chiaro segnale. Decise, infatti, di promuovere la celebrazione annuale di una giornata “a difesa della vita”. La Chiesa si preparava ad una controffensiva battagliera. In occasione di una grande adunata di Comunione e Liberazione presso San Pietro nel marzo 1979, si rinnovò l’appello a intraprendere una raccoltafirme per un referendum abrogativo, da contrapporre a quello già da tempo chiesto dal Partito radicale. Subito si crearono spaccature all’interno del mondo cattolico.

L’appoggio del Psi ad altri tre referendum

Il 1980 si aprì già in un clima di campagna referendaria.
La dirigenza del Psi arrivò ad approvare una mozione di Claudio Martelli in appoggio ai referendum radicali, i quali riguardavano anche l’abrogazione dell’ergastolo, dei tribunali militari, dei reati di opinione, etc. Era un segno di rottura deciso nel fronte delle sinistre. Tuttavia, la linea di Craxi mirava piuttosto alla formazione di un’alleanza riformatrice tra democristiani e socialisti. Alla vigilia del voto, infatti, l’invito fu semplicemente a tutela della legge 194.

22 Maggio 1978: pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale la legge 194

Il referendum sull’aborto: le proposte di Mpv e Partito Radicale

Il Mpv (Movimento per la Vita) a ottobre del 1980 era ormai arrivato a due milioni di consensi: il successo della raccolta firme lasciava ben sperare. I quesiti proposti erano due: uno definito “massimale” e uno “minimale”. Il primo prevedeva il divieto di aborto in ogni caso, con un ritorno alla legislazione antecedente al 1978. Il secondo si limitava alla riduzione del diritto di aborto, azzerando soprattutto gli articoli della legge 194 che tutelavano l’autodeterminazione della donna, riconoscendo come lecito solo l’aborto terapeutico.
La richiesta radicale consisteva invece in una piena liberalizzazione dell’aborto. In particolare, si insisteva su due mancanze della legge: la limitazione del diritto di aborto per le minorenni e l’esclusione della possibilità di abortire nelle case di cura private.

Lo scontro si preannunciava aspro, ma, a giudicare dalle dichiarazioni, sfuggiva ai due principali partiti quale fosse l’arena nella quale la partita si stava giocando. La società italiana era andata incontro a cambiamenti radicali. La generale secolarizzazione della società aveva condotto ad una profonda crisi delle ideologie.

I quesiti del referendum

Dopo una lunga discussione in merito alla legge 194, il referendum sull’aborto del 17 e 18 maggio 1981 chiese agli italiani di esprimere il loro parere su due questioni.
Il referendum abrogativo promosso dal Partito Radicale citava l'”abrogazione di tutti i procedimenti, gli adempimenti e i controlli di tipo amministrativo o anche giurisdizionale, che attualmente si riferiscono all’interruzione volontaria della gravidanza, come pure tutte le sanzioni per l’inosservanza delle modalità configurate dalla legge 194 del 1978″.
Il referendum abrogativo promosso dal Movimento per la Vita prevedeva invece l'”abrogazione di ogni circostanza giustificativa ed ogni modalità dell’interruzione volontaria della gravidanza, quali sono previste dalla legge 194 del 1978″.

Oltre a questi due referendum abrogativi, nella stessa occasione ce ne furono altri tre: sull’ergastolo, sul porto d’armi e sulla legge Cossiga sull’ordine pubblico.

La risposta del popolo italiano

Il referendum sull'aborto

Il 79,6% degli aventi diritto si recò a votare per il referendum sull’aborto (o meglio, i referendum).
Il “no” ricevette l’88,5% dei consensi in merito alla proposta radicale e il 67,9% in merito a quella del Mpv.
Tuttavia, è rilevante ricordare che vinse il “no” anche per i referendum abrogativi su ergastolo, porto d’armi e sulla legge Cossiga sull’ordine pubblico. L’esito dei referendum venne percepito come una vittoria delle sinistre.

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