giovedì, Marzo 28, 2024

Il mito dei giganti

Uno studio condotto da due paleontologi italiani ricostruisce il mito dei giganti, nato dall’inesatta interpretazione dei grandi scheletri fossili di cetacei e quadrupedi terrestri rinvenuti nel corso dei millenni.

Si è radicato nelle culture e nelle religioni di tutto il mondo e, nonostante le evidenze scientifiche, ha faticato a essere considerato solo un mito. La credenza che i giganti popolassero il mondo all’origine dei tempi si fondava sui testi sacri e sulle opere degli autori classici, ma soprattutto affondava le sue radici nel ritrovamento di grandi scheletri che, solo dalla prima metà del XVIII secolo, grazie ai progressi della scienza, furono finalmente attribuiti a grandi cetacei e a quadrupedi terrestri. Adesso un nuovo studio, condotto da due paleontologi italiani – Marco Romano del Museum für Naturkunde di Berlino e Marco Avanzini del Museo delle Scienze di Trento – pubblicato su Historical Biology ricostruisce l’origine del mito dei giganti a partire dall’erronea interpretazione degli scheletri di vertebrati fossili rinvenuti in passato, molti dei quali anche in Italia, risalenti soprattutto all’Era Cenozoica.

“Lo studio rappresenta la prima sintesi ragionata e completa del collegamento fra resti fossili e il mito classico dei giganti”, spiega Marco Romano. “Per la prima volta è stato ricostruito nel panorama italiano il lento cammino che ha condotto all’interpretazione scientifica corretta delle grandi ossa recuperate nel tempo, sulla base dei primi rudimenti di anatomia comparata”.

Un caso interessante citato dagli autori riguarda il rinvenimento a Vienna, presumibilmente nel 1443, di un grande femore durante gli scavi per la costruzione della Cattedrale di Santo Stefano. L’osso era stato erroneamente attribuito a un gigante morto durante il Diluvio universale e fu custodito come reliquia nella Cattedrale. Solo successivamente si scoprì invece essere appartenuto a un Mammuth. Oggi l’osso è conservato al Dipartimento di Scienze della Terra dell’Università di Vienna.

Uomini enormi, feroci e senza regole
Furono diversi gli autori italiani del passato che fecero riferimento, nelle loro opere, all’esistenza dei giganti. Lo storico e collezionista Lodovico Moscardo, per esempio, dedica ai giganti uno dei capitoli della sua opera Note, overo, Memorie del museo di Lodovico Moscardo nobile veronese, sostenendo l’attribuzione di un grande dente conservato nel museo da lui fondato a Verona a un uomo di dimensioni enormi. Moscardo, per giustificare l’esistenza dei giganti, fa ricorso a uno degli episodi più famosi della Bibbia: la storia del temibile gigante Golia ucciso dal giovane Davide. Secondo Moscardo – che cita a questo proposito l’autore toscano Agostino Ferentilli – l’origine dei giganti risale ai tempi di Matusalemme, quando gli uomini della generazione di Set (il terzo figlio di Adamo ed Eva, citato nella Genesi) si unirono alle bellissime donne di Cam (uno dei tre figli di Noè).l letterato Riccardo Simone cita invece Flegonte di Tralle – storico greco vissuto nel II secolo d.C, liberto dell’imperatore Adriano – e la sua opera Opuscula de rebus mirabilibus et de longaevis. Nel lavoro l’autore racconta che durante il regno di Tiberio furono rinvenuti resti di esseri umani giganti che, sostiene, appartenevano ai ciclopi dei poemi epici. Si narra che un dente fu portato all’imperatore Tiberio, che per timore non volle assolutamente toccarlo.

“I giganti della mitologia classica erano considerati esseri feroci e senza regole”, spiega Romano. “Esempio classico sono i ciclopi dell’Odissea, popolo senza legge e notoriamente mangiatore di uomini. Il mito dei ciclopi nasce dall’erronea interpretazione dei crani di elefanti nani di Sicilia, visti come le teste monocole di giganti. Le ossa di animali di dimensioni inferiori vennero interpretate come ossa umane spolpate, il pasto ‘immondo’ finito tra le fauci impietose dei ciclopi, e consumati dentro le loro spelonche”.

I primi abitanti di Sicilia e Sardegna
Una delle prime testimonianze italiane delle ossa di quadrupedi del Quaternario (il periodo più recente della storia geologica della Terra) interpretate come resti di giganti si trova nell’opera dello storico Tommaso Fazello Le due deche dell’historia di Sicilia, pubblicata nel 1573. L’autore, rifacendosi ai testi sacri e all’autorevolezza di Beroso e Omero, sostiene che le prime popolazioni della Sicilia e della Sardegna fossero costituite da giganti: uomini enormi, perfidi e senza regole, che furono annientati dall’ira divina mediante il Diluvio universale.
Fazello è uno dei primi italiani a citare il noto gigante di Monte Erice (Trapani). La leggenda narra che un gruppo di contadini si imbatterono in una grotta, dove scoprirono lo scheletro di un gigante assiso che reggeva in mano un enorme bastone. Uno degli uomini stese la mano e, toccato lo scheletro del gigante, questo si disintegrò in una nuvola di polvere. Del gigante non rimasero che tre denti molari enormi e parte del cranio. L’autore riporta che, secondo i saggi, il corpo apparteneva al gigante Erice, figlio di Afrodite e di Bute, re di Eryx (l’odierna Erice), ucciso da Ercole durante un duello.Matteo Madao, nella sua opera Dissertazioni storiche apologetiche critiche delle sarde antichità, pubblicata nel 1792, sostiene che i primi abitanti della Sardegna furono giganti. Ne sono la prova le iconiche costruzioni megalitiche dell’isola, i nuraghi, la cui esistenza è spiegabile, secondo l’autore, solo ipotizzando una popolazione di uomini enormi che li abitava.Anche in Campania, a Pozzuoli, secondo Scipione Mazzella, sarebbero state ritrovate ossa di quadrupedi attribuiti a giganti. Nel suo Sito et antichità di Pozzuoli et suo amenissimo distretto, pubblicato nel 1591, l’autore collega il vulcanismo dei Campi Flegrei al mitico scontro tra Ercole e Caco: le ferite dei giganti avrebbero condotto, secondo i poeti citati dall’autore, al “ribollire di acqua e fuoco”.

Il fascino di un mito
Solo a partire dalla prima metà del XVIII secolo Hans Sloane, presidente della Royal Society, applicando i primi rudimenti di anatomia comparata dimostra scientificamente che le enormi ossa rinvenute nei pressi di Londra appartenevano a cetacei e a quadrupedi terrestri, e non a giganti come sostenuto in precedenza. Il suo lavoro ebbe un grande impatto anche in Italia, sebbene fino alle metà del XIX secolo si incontra ancora una certa resistenza a relegare al mito l’esistenza dei giganti, a rinunciare definitivamente alla credenza che questi esseri fantastici fossero realmente esistiti.

“Ancora oggi c’è qualcuno che, per attrazione viscerale e atavica per l’ignoto e il meraviglioso crede ancora, erroneamente, al mito dei giganti”, conclude Romano. “Lunghe e dettagliate descrizioni su un libro di anatomia e genetica sono certo meno avvincenti delle storie fantastiche narrate da miti e leggende. Ma è ora di lasciare il passo a qualcosa di più grande: la forza della scienza e della conoscenza”.

Fonte: National Geografic di Viviana Monastero

Rosa Ferro
Rosa Ferro
Imprenditrice agricola professionale "Società agricola Il Dono dell'Erba" Master in Sistemi di Gestione integrati Qualità, Ambiente e Sicurezza. Laurea Magistrale in Scienze Ambientali. Laurea Triennale in Valutazione e Controllo Ambientale.

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