“Ormai so che queste note di diario non contano per la loro scoperta esplicita, ma per lo spiraglio che aprono sul modo che inconsciamente ho di essere. Quel che dico non è vero, ma tradisce – per il fatto solo che lo dico – il mio essere“. Il mestiere di vivere di Cesare Pavese stupisce e appassiona. Ci sorprende perchè è una confidenza bellissima fatta di banalità inconfessate e pensieri sublimi.
Il libro ci rende appassionati. Il lettore sfoglia le pagine, va avanti, torna indietro. Ci perdiamo nelle righe. Rincorriamo l’autore e noi stessi.
Cesare Pavese nasceva il 9 settembre 1908
Il mestieri di vivere: scritto di un intellettuale inquieto
Natalia Ginzburg a Pavese, all’indomani della tragica morte del poeta avvenuta il 27 agosto 1950, dedicò parole affettuose e lungimiranti. Ella scrisse così: “guardò anche oltre la sua vita, nei nostri giorni futuri. Guardò come si sarebbe comportata la gente, nei confronti dei suoi libri e della sua memoria. Andò oltre la morte, come quelli che amano la vita e non sanno staccarsene, e pur pensando alla morte vanno immaginando non la morte, ma la vita“.
Noi siamo fatti anche di quello che non abbiamo. Abitiamo luoghi immateriali ove ci rifugiamo quando la realtà non riesce a contenerci. Siamo percorsi di vita astratti. Abbiamo sentimenti ed emozioni troppo grandi per il mondo che ci sta intorno.
Siamo immensità e piccolezza. Speranza e delusione. Tristezza e gioia. Audacia e paura. Cesare Pavese con il suo diario, Il mestiere di vivere, si è immerso negli angoli più nascosti della sua vita interiore. Ha preso i ricordi, la memoria, il suo cuore e li ha trasformati in parole.
Il mestiere di vivere è un lascito dal valore inestimabile. Lo scrittore piemontese ci ha indicato la via per leggerci dentro e andare al di là di quello che vediamo.
“Fern” Pivano nel cuore di Cesare Pavese
Una preziosa eredità letteraria: Il mestiere di vivere
Cesare Pavese, intellettuale antifascista nonchè poeta strabiliante, con Il mestiere di vivere ci ha fatto un dono senza eguali. Che cos’è quest’opera? Un diario? Una confessione? Un racconto intimistico? Tutto questo e di più. Parliamo di un diario di amori nascosti, di storie taciute di donne. Il libro si compone di pagine di ricordi. Ricordi che fanno gioire e ricordi che fanno soffrire.
L’opera è fatta di nostalgia, di sensazioni e di visioni. Leggende di esistenza e verità di sentimento. Ci sono pure riflessioni, speranze e ritrovamenti di anima.
Oggi proponiamo dieci citazioni tratte dall’opera di Pavese. Il modo migliore per parlare di un poeta è quello di leggere i suoi scritti. Le parole su carta ci dicono anche quello che non dicono.
Dieci citazioni da Il mestiere di vivere
Ricordiamo Cesare Pavese, a settant’anni dalla sua morte, attraverso dieci estratti de “Il mestiere di vivere“.
“Gli uomini che hanno una tempestosa vita interiore e non cercano sfogo o nei discorsi o nella scrittura, sono semplicemente uomini che non hanno una tempestosa vita interiore”.
“Un’alta singolarità dei sogni è che – a meno di un immediato e fortissimo afferrarli e ripensarli, riviverli – non si ricordano. Un sogno è cosa meno nostra anche di un racconto composto da altri, perchè mai ascoltando siamo tanto passivi quanto sognando. Eppure è indubbio che il sogno lo creiamo noi. Creare senza averne coscienza, ecco lo strano del sogno”.
“Le cose si scoprono attraverso i ricordi che se ne hanno. Ricordare una cosa significa vederla – ora soltanto – per la prima volta”.
L’arte di scrivere di Pavese
“Che dire se un giorno le cose naturali – fonti, boschi, vigne, campagna – saranno assorbite dalla città e dileguate, e s’incontreranno in frasi antiche? Ci faranno l’effetto dei theoi, delle ninfe, del sacro naturale che emerge in qualche verso greco. Allora la semplice frase “C’era una fonte” commuoverà”.
“Ma tutti i pazzi, i maledetti, i criminosi sono stati bambini. hanno giocato come te, hanno creduto che qualcosa di bello li aspettase. Quando avevamo tre, sette anni, tutti, quando nulla era avvenuto o dormiva solamente nei nervi e nel cuore”.
“Fin che vorrai essere solo, ti verranno a cercare. ma se allunghi la mano, non vorranno saperne. E così via”.
“La poesia non è un senso ma uno stato, non un capire ma un essere”.
“Non ci si libera da una cosa evitandola, ma soltanto attraversandola”.
“Io comincio a far poesie quando la partita è perduta. Non si è mai visto che una poesia abbia cambiato le cose”.
“L’amore è veramente la grande affermazione. Si vuole essere, si vuole contare. Se morire si deve, morire con valore, con clamore, restare insomma. Eppure sempre fli è allacciata la volontà di morire, di sparirci. Forse perchè esso è tanto prepotentemente vita che, sparendo in lui, la vita sarebbe affermata anche di più?”.