venerdì, Marzo 29, 2024

Il massacro di Sobibor: un tentativo di rivolta “riuscito”

Il massacro di Sobibor ha le sue origini nel tentativo di rivolta dei detenuti di quel campo di sterminio. Essi, infatti, misero in piedi un piano con l’obiettivo di prendere il controllo del campo e darsi alla fuga.

Il massacro di Sobibor: le origini del campo di sterminio

Sobibor era un piccolo borgo a circa 80 km da Lublino, in Polonia. La costruzione di un campo di sterminio lì risaliva ai primi mesi del 1942.
Come Belzec, altro campo costruito nel medesimo distretto, e Treblinka, allestito nello stesso periodo, la sua funzione era chiara. In base a quanto stabilito nella così detta “soluzione finale” esso era stato predisposto allo sterminio di quanti vi venivano imprigionati. Gli internati, trasportati via treno, erano in gran parte ebrei, prigionieri di guerra sovietici e zingari.
Il campo entrò in funzione nell’aprile del 1942. Oltre ad essere situato in una zona boscosa isolata dal centro cittadino, era inizialmente di piccole dimensioni. Alcuni edifici erano destinati alle guardie mentre una baracca serviva da spogliatoio per i prigionieri. Essi, attraverso uno stretto percorso definito da filo spinato, giungevano alle camere a gas.

Tra il luglio e il settembre di quell’anno il governatorato dei tre campi citati dispose un importante intervento di efficientamento ed ampliamento delle strutture. Grandi e solidi edifici in muratura furono eretti ed ognuno dei lager fu dotato di sei camere a gas allineate sui lati di un corridoio centrale.
Così attrezzati nei campi di Sobibor, Treblinka e Belzec giunsero a morire fino a 25000 prigionieri al giorno.

Leggi anche : Sobibor e la Shoah sconosciuta all’Europa Occidentale

Il massacro di Sobibor: la rivolta dei detenuti

Il massacro di Sobibor

Sobibor fu anche il teatro di una rivolta degli stessi detenuti. Il primo a ventilare tale possibilità fu Leon Feldhendler, il quale, con alcuni detenuti fidati, iniziò a delineare vari progetti per sottrarsi alla prigionia. Momento di svolta in tal senso fu l’arrivo di un ufficiale ucraino, Aleksandr Aronovic Pecerskij. Inizialmente destinato ad un campo di lavoro presso Minsk (dove aveva trascorso quasi due anni) e trasferito a Sobibor il 22 settembre 1943. Le competenze militari di quest’ultimo permisero di perfezionare notevolmente i dettagli della fuga. Il piano prevedeva di attirare gli ufficiali delle SS in zone isolate del campo ucciderle una ad una. Avendo sottratto loro le armi, si trattava poi di assaltare l’armeria così da aprirsi un varco attraverso l’uscita principale.

Come concordato, la mattina del 14 ottobre 1943 gli internati che avevano aderito alla rivolta entrarono in azione. Inizialmente tutto sembrò funzionare ma, alla scoperta di uno dei cadaveri delle undici SS che furono uccise, il Sergente Rudolf Beckmann, mise in allarme le altre. Vistisi scoperti, gli internati decisero di tentare il tutto per tutto per guadagnare la libertà. Oltre 600 si lanciarono di corsa sui campi minati che attorniavano il campo sperando di evitare gli ordigni e le raffiche di mitra.
In 300 riuscirono a guadagnare effettivamente la fitta vegetazione poco distante. Circa 70, però, furono uccisi durante la fuga e altri 170 furono catturati nelle ore successive e immediatamente fucilati. Circa 60, dunque, riuscirono a sopravvivere. I nazisti decisero perciò di smantellare il campo e cercare di occultare il luogo piantando centinaia di alberi.

Il massacro di Sobibor: unico tentativo riuscito

Il massacro di Sobibor

Fra i sopravvissuti vi fu lo stesso Pecerskij il quale si unì ad un gruppo di partigiani russi e continuò la resistenza antinazista fino a quando una grave ferita ad una gamba lo costrinse a ritirarsi dalla lotta. Nuovamente arrestato e destinato ad un Gulag in Siberia assieme al fratello, solo nel 1953, a seguito di forti pressioni da parte dei supersiti di Sobibor fuggiti grazie al suo piano e da parte dell’opinione pubblica internazionale, Pecerskij ottenne nuovamente la sua libertà.

Sobibor è conosciuta come l’unico tentativo riuscito di una ribellione da parte di prigionieri ebrei in un campo di concentramento nazista.

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