giovedì, Aprile 25, 2024

“Il dottor Locke”: politica e tolleranza nel filosofo

John Locke, per i suoi amici e colleghi “il dottor Locke”, nacque il 29 agosto 1632. Autore del Saggio sull’intelletto umano, dei Due trattati sul governo, dei Pensieri sull’educazione, dell’Epistola sulla tolleranza.

Il filosofo visse la sua giovinezza nel periodo turbinoso della storia inglese. Quel tempo in cui caddero la prima rivoluzione e la decapitazione di Carlo I. Lo ricordiamo soprattutto per l’empirismo. Corrente filosofica dell’età moderna che si appellava all’esperienza e ad una nuova metodologia del sapere.

Il dottor Locke: ritratto

Il dottor Locke e i limiti della ragione

Locke si richiamava costantemente all’esperienza e quindi assumeva un atteggiamento critico nei confronti delle possibilità conoscitive dell’uomo. Il pensatore però toglieva alla ragione il carattere d’infallibilità. Essa non è uguale in tutti gli uomini. La ragione non può sempre ricavare da sè idee e principi ma deve farlo dall’esperienza.

L’uomo ha dei limiti perchè è la ragione ad essere limitata. Eppure la ragione, debole e imperfetta com’è, è l’unica guida efficace di cui l’uomo dispone. Tutta l’opera del “dottor Locke” infatti voleva dirigere l’azione della ragione verso tutto ciò che interessava l’uomo. Quindi alla politica, alla morale e alla religione.

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Il dottor Locke tra politica e tolleranza

Locke nel dominio del pensiero politico e religioso ci ha lasciato contributi importanti. Le opere Epistola sulla tolleranza, Due trattati e la Ragionevolezza del cristianesimo sono scritti che assicurano a Locke in questo campo un posto altrettanto fondamentale. Queste opere fanno del filosofo un difensore della libertà dei cittadini e della tolleranza.

Lo stato di natura è governato dalla legge di natura, che collega tutti; e la ragione, la quale è questa legge, insegna a tutti gli uomini, purchè vogliano consultarla, che, essendo tutti uguali e indipendenti, nessuno deve danneggiare l’altro nella vita, nella salute, nella libertà e nella proprietà“. Esiste, secondo Locke, una legge di natura che coincide con la ragione stessa in quanto ha per oggetto i rapporti tra gli uomini e che prescrive la reciprocità perfetta di tali rapporti. La reciprocità è la regola che limita il diritto del singolo con il pari diritto degli altri.

Il filosofo diceva che gli uomini passano dallo stato di natura ad una civiltà. Gli uomini dunque si pongono in società. Il nuovo stato non elimina i diritti che l’uomo pensa di avere solo nello stato di natura. La società anzi garantisce tutti gli originali e naturali diritti. Solo il consenso di coloro che partecipano alla costruzione della società stabilisce il diritto di questa comunità sui suoi membri. La forza della comunità deve essere adoperata per conservare la comunità stessa e i suoi membri.

Il dottor Locke filosofo dell'empirismo

L’Epistola sulla tolleranza di John Locke

L’Epistola sulla tolleranza pubblicata da Locke nel 1689 è uno dei più solidi monumenti elevati alla libertà di coscienza. Qui il concetto di tolleranza viene stabilito con un’analisi comparativa del concetto di stato e del concetto di chiesa.

Lo stato per Locke è una società di uomini costituita per conservare e promuovere soltanto i beni civili. La salvezza dell’anima non rientra nei compiti dello stato. La salvezza dell’anima trova il suo spazio nel dominio morale e religioso. Essa, per il filosofo, dipende dalla fede. Quest’ultima non può essere indotta negli animi con la forza. Locke ci ha fatto dono di una preziosa lezione di tolleranza: “se qualcuno vuole accogliere qualche dogma, o praticare qualche culto per salvare la propria anima, deve credere con tutto il suo animo che quel dogma è vero e che il culto sarà gradito e accetto a Dio. Ma nessuna pena è, in nessun modo, in grado di istillare nell’anima una convinzione di questo genere“.

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