martedì, Aprile 16, 2024

Il dittatore Afewerki ha confiscato scuole e ospedali cattolici in Eritrea

Il governo del dittatore Isaias Afewerki negli ultimi due mesi ha disposto la nazionalizzazione di 22 ospedali e 150 strutture tra asili e scuole di ogni grado gestiti da organizzazioni cattoliche, dando inizio a una politica di contrasto alla presenza religiosa nel paese.

Drammatica la situazione per i Cristiani in Eritrea. Negli ultimi due mesi, infatti, il governo dittatoriale del presidente Isaias Afewerki, in applicazione di una legge del 1995 che afferma che il governo ha il potere su tutte le opere pubbliche e sociali del paese, ha disposto la confisca di istituzioni sanitarie e scolastiche di proprietà della Chiesa Cattolica. Le strutture espropriate negli ultimi mesi si aggiungono agli 8 ospedali già nazionalizzati tra il 2017 e il 2018, quando il regime ha iniziato a prendere di mira le organizzazioni religiose. In gran parte dei casi le confische sono state effettuate con l’uso della forza, utilizzando l’esercito al fine reprimere eventuali episodi di protesta.

L’ultima struttura cattolica espropriata lo scorso luglio è quella di Zager

I Cristiani dell’ex colonia italiana rappresentano circa la metà della popolazione, suddivisi in Cattolici, Protestanti e Ortodossi. La costituzione dell‘Eritrea non garantisce la libertà di culto, autorizzando solamente le religioni cattolica, luterana, ortodossa e islamica.

La nazionalizzazione delle opere di assistenza sanitaria colpisce in modo particolare le fasce più deboli di un paese povero e stremato da un governo dittatoriale, in quanto le strutture assistenziali cattoliche garantivano l’accesso al sistema sanitario anche in zone in cui non erano presenti luoghi di cura statali. Nel 2018 su decisione delle autorità governative, è stato addirittura chiuso l’unico seminario esistente in Eritrea, istituto che formava sacerdoti e religiose nel paese. Una suora e un prete che si erano rifiutati di fornire la lista degli studenti del convitto alla polizia sono stati arrestati.

La confisca delle strutture assistenziali cattoliche come rappresaglia per le critiche contro il regime

Il provvedimento del governo di Asmara sembra essere una rappresaglia per le critiche che alcuni membri della Chiesa hanno sollevato negli ultimi anni contro il regime di Afewerki. Alcuni prelati avevano infatti contestato le autorità governative eritree accusandole di aver portato il paese ad un clima di Apartheid in un paese sempre più povero esortando l’esecutivo ad avviare serie riforme economiche e sociali per far fronte alla povertà.

Continuano anche gli episodi di violenza da parte del regime verso coloro che professano il cristianesimo: a maggio 30 persone appartenenti alla chiesa Pentecostale sono state arrestate nella città di Godeif, a sud di Asmara, la stessa sorte è toccata a 140 cristiani di un sobborgo della capitale, arrestati e detenuti senza valide accuse, la maggior parte dei quali non sono ancora stati rilasciati.

Il dittatore Isaias Afewerki è il fautore delle persecuzioni religiose in Eritrea

Le reazioni internazionali e il rischio di un’escalation delle persecuzioni

Dopo più di vent’anni di forti tensioni sul confine, nel luglio del 2018 Eritrea ed Etiopia avevano firmato uno storico trattato di pace che metteva fine alla diatriba sui confini tra i due paesi. Gli osservatori internazionali avevano festeggiato l’evento come un cambiamento epocale nell’atteggiamento del dittatore Isaias Afewerki, prospettando che sarebbe migliorata anche la situazione interna. Invece le ultime disposizioni del governo sembrano andare dalla parte opposta, visto l’inasprimento delle misure che limitano le libertà fondamentali dei cittadini e la forte ostilità verso le organizzazioni religiose.

Leggi anche: Etiopia-Eritrea: una pace attesa da oltre vent’anni

Visto l’inasprimento delle misure adottate dal governo di Asmara contro le confessioni religiose, in particolare quelle cristiane, il Vaticano e molti osservatori internazionali sui diritti umani, hanno chiesto al dittatore Isaias Afewerki di fare un passo indietro e di consentire la riapertura delle strutture ospedaliere e scolastiche gestite dai religiosi. La responsabile Onu per l’Eritrea, la cilena Daniela Kravetz ha definito ciò che sta accadendo nel paese del Corno d’Africa una vera e propria persecuzione contro i Cristiani.

Leggi anche: Gli Stati Uniti tolgono l’Eritrea dalla Black List

Nonostante le prese di posizione della comunità internazionale, la situazione non sembra destinata a migliorare. Gli osservatori internazionali infatti non escludono nuove repressioni e arresti, con il tentativo di operare il controllo governativo sul clero attraverso la nomina di persone vicine al regime che consentirebbe una vera e propria nazionalizzazione della sfera religiosa del paese africano.

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