Un team internazionale di scienziati sta studiando uno dei rinvenimenti più straordinari del nostro Pianeta: una piccola allodola vissuta almeno 46000 anni fa è stata ritrovata imprigionata nello spesso permafrost siberiano perfettamente conservata.
All’epoca, il territorio dell’area nord orientale della Siberia – dove l’esemplare è stato rinvenuto – consisteva in un’immensa steppa che si estendeva lungo il Canada, l’Europa e l’Asia, dominata da un terreno ghiacciato per tutto il periodo dell’anno.
Ora i ricercatori sperano di ottenere dal DNA congelato dell’animale tutte le informazioni potenzialmente utili a spiegare le trasformazioni geo-climatiche del Pianeta in un epoca in cui la Terra era in prevalenza coperta da ghiacci nonché l’impatto che ha avuto il generale rialzo delle temperature.
Nell’occasione, l’intento degli studiosi è anche quello di chiarire i meccanismi della “speciazione” e fornire nuove conoscenze sul modo in cui si sono evoluti gli esseri viventi nel corso delle varie ere geologiche susseguitesi sul nostro Pianeta.
L’animale della specie Eremophila alpestris, antenato dell’odierna allodola cornuta, si è perfettamente conservato nel corso di millenni.
Il ritrovamento risale al 2018 a circa 30 km a est del villaggio di Belaya Gora, Yakutia, nella Siberia nord orientale. La carcassa del piccolo volatile, quasi integralmente conservata, è stata rinvenuta in una cavità naturale di ghiaccio lunga circa 150 metri e profonda sette, scavata nel permafrost. L’esemplare di primo acchito non sembrava aver avuto una morte violenta e la congelazione piuttosto rapida ha consentito una perfetta conservazione fino ai nostri giorni.
Il corpo è rimasto “quasi intatto” per millenni, talmente ben conservato da poter essere scambiato con specie attualmente esistente.
Per i ricercatori è stata dunque una vera sorpresa scoprire, con una certa eccitazione, che la datazione al radiocarbonio stimava l’epoca del reperto tra i 44163 e i 48752 anni fa, nel pieno dell’Era Glaciale.
Durante quel periodo, la steppa dominata dai grandi mammut lanosi era l’ecosistema più esteso della Terra e ricopriva gran parte dell’area settentrionale del Pianeta.
Il clima era freddo ma non eccessivamente rigido e consentiva lo sviluppo di erbe, arbusti e selci e popolato sopratutto da grandi mammiferi per lo più erbivori come i mammut lanosi, i bisonti dalle lunghe corna e i progenitori degli attuali cavalli, ora estintisi.
Questo ecosistema prosperò all’incirca per 100 mila anni, prima che il rapido scongelamento lo facesse scomparire, 11 700 anni fa.
Il vasto habitat che caratterizzava la parte siberiana delle terre emerse ha cominciato a essere popolato da altre creature – in gran parte uccelli – come testimonia il recente ritrovamento dell’esemplare di allodola in quell’area.
La specie potrebbe essersi originata nella parte nord orientale della Siberia durante l’era del Pleistocene medio, prima che la stessa si ramificasse in ulteriori sottospecie e colonizzasse zone euroasiatiche e nordamericane.
Generalmente, le allodole cornute si riproducono e nidificano negli immensi spazi aperti dell’Artico superiore, al di sopra della linea degli ultimi alberi sulle montagne.
Tuttavia non è insolito trovare questi animali anche in zone più temperate o addirittura desertiche, soprattutto in mancanza di specie “concorrenti”.
Lo studio del corredo cromosomico
Attraverso la mappatura del genoma i ricercatori del Center for Paleaeetics sperano di far luce sulle tappe evolutive di questi volatili, in particolare analizzando eventuali similitudini con la specie odierna.
Lo studio è condotto da due grandi esperti a livello mondiale: l’ornitologo Nicolas Dussex dell’Università di Stoccolma, specializzato in genomica della conservazione e dell’evoluzione aviaria e Love Dalén, professore di genetica evolutiva presso il Museo svedese di storia naturale e responsabile della ricerca presso il Centro di paleogenetica.
Dussex ha spiegato che dal campione di DNA risulta che “L’uccello appartenesse a una popolazione che era un antenato di due sottospecie di allodola cornuta che oggi vivono una in Siberia e l’altra nella steppa in Mongolia”.
“I nostri risultati supportano questa teoria dal momento che la diversificazione dell’allodola cornuta in queste sottospecie sembra essere avvenuta in concomitanza con l’estinzione dei mammut”, ha soggiunto Dalén, co-autore dello studio, rendendo noti i primi risultati all’importante rivista Communications Biology.
Gli studiosi hanno potuto dimostrare che verso la conclusione dell’ultima Era Glaciale, con il generale rialzo delle temperature sul nostro Pianeta, si sono creati gli habitat che connotano l’odierna conformazione geografica siberiana: la tundra a nord, la foresta boreale (o taiga) al centro e la steppa al sud.
L’obiettivo dello studio è alquanto ambizioso: attraverso la mappatura del genoma dell’allodola primitiva e il confronto con quello degli esemplari moderni i ricercatori si propongono non solo di collocare questo volatile nell’albero evolutivo ma soprattutto capire come si originano le sottospecie.
Attualmente sono 42 le sottospecie di allodola cornuta ufficialmente riconosciute. Le nuove indagini dei ricercatori potrebbero rivelare quale delle diverse ramificazioni oggi presenti sia la più strettamente imparentata con la specie primitiva e che pertanto sia stata interessata in misura minore a “speciazione”.
Il dottor Dussex, ha infatti spiegato che ciò consentirebbe di “Capire come si evolve la diversità della sottospecie” anche in relazione ai fattori climatici e ambientali.
Attualmente, la piccola allodola rinvenuta in Siberia è il volatile più antico che sia mai stato ritrovato ed è stata ribattezzata dagli studiosi col nome “Icebird”, uccello dei ghiacci.
Anche se non è insolito imbattersi in antiche testimonianze di mammiferi nell’area siberiana la scoperta di un volatile è stata qualcosa di speciale, soprattutto considerate la fragilità e la dimensione piuttosto contenuta del corpo.
È la prima volta, infatti, che un volatile si conservi praticamente integro fino ai giorni nostri.
Allo studio presso il Center for Paleetics vi sono al momento altri esemplari come “Dogor” un cucciolo vissuto 18 mila anni fa, per cui si sta cercando di stabilire se si tratti di un lupo o di un cane e “Spartak”, una testa di lupo di 30 mila anni fa. I ricercatori stanno analizzando anche un cicciolo di leone delle caverne di 50 mila anni fa e i resti di un mammut lanoso parzialmente conservato.
Analizzare il genoma di Icebird e degli antichi mammiferi che hanno abitato il nostro Pianeta milioni di anni fa, potrebbe gettare nuove basi alle conoscenze sull’evoluzioni avvenute nel corso del Pleistocene e soprattutto sul ruolo che ha giocato il cambiamento climatico.
Il professor Dalén ha dichiarato soddisfatto che “Le nuove strutture di laboratorio e le conoscenze maturate al Center for Paleogenetics saranno sicuramente utili in queste indagini”.
Il centro, che vede la felice collaborazione tra l’Università di Stoccolma e il Museo svedese di storia naturale, ha come scopo primario quello di riunire scienziati delle diverse branche provenienti da tutto il mondo creando un ambiente il più multidisciplinare possibile: dalla biologia, all’archeologia alla geologia, quello del centro è il contesto ideale per stimolare una fervente ricerca scientifica e all’avanguardia.