martedì, Marzo 25, 2025

Hijab femminista: una realtà che dobbiamo conoscere

Quando un bambino nasce, viene, poco dopo il lieto evento registrato all’anagrafe. Gli viene attribuito un nome e un cognome. Viene riconosciuto come cittadino nella nazione di nascita, e residente in una determinata città. Dunque, la nostra provenienza sembra essere segnata fin dal momento in cui veniamo alla luce. Eppure, spesso ci dimentichiamo una cosa fondamentale: di essere cittadini del mondo. Quest’ultima, è una caratteristica particolarmente importante. Infatti, esplorando le culture mondiali, si riesce ad aprire la mente, a trovare se stessi.
Dobbiamo però riconoscere che spesso si riscontra una certa reticenza, nei confronti delle culture estranee alla propria. Un esempio, lo possiamo riscontrare nel trovarci di fronte a una donna islamica, portatrice di hijab. Vedendola, troppo sovente affiorano alla mente preconcetti tipici della nostra società: sottomissione, maschilismo, obbligo. E se non in tutti i casi fosse così?
Sono molte le donne musulmane che parlano di hijab femminista.

Hijab femminista: “my hijab my choice”

Il primo febbraio di quest’anno, si è celebrata l’ottava edizione della “Giornata Internazionale del Velo” (World Hijab Day), istituita nel 2013 in segno di riconoscimento e rispetto nei confronti di tutte le donne che scelgono d’indossare l’hijab. E non solo. L’evento, ha il fine di ribadire il vero significato di quest’ultimo, sottolineando la libertà di scelta che lo caratterizza. O meglio, che dovrebbe caratterizzarlo sempre e comunque. Se infatti da una parte troviamo donne che decidono autonomamente di portare l’hijab, dall’altra, in alcuni paesi, esse sono costrette a farlo. La Giornata Internazionale del Velo, si rivolge naturalmente anche a loro, proponendo campagne in loro aiuto.

donna hijab femminista

In linea di massima, possiamo affermare che l’Italia, e l’intero Occidente, sono sopraffatti da pregiudizi e preconcetti. L’idea generale è quella che le donne musulmane siano sempre e comunque subordinate ai mariti, nonché costrette a indossare l’hijab. Purtroppo non si può negare che in alcuni casi sia effettivamente così. Non possiamo però fare di tutta l’erba un fascio.


Una testimonianza diretta


Il significato culturale dell’hijab

Ciò che occorre fare quando non si conosce un determinato argomento, è porsi delle domande riguardo a esso. Dunque, prima di chiedersi se sia giusto o meno indossare l’hijab, non è forse più sensato domandarsi quale sia il suo vero significato? Partiamo quindi dalle basi.

L’hijab, nella cultura e nella religione islamica, è simbolo di modestia, in arabo haya. Questa parola, descrive una pudicizia di ampio respiro, un rispetto di sé e degli altri, che è molto di più di una semplice modalità di apparire. In pratica, la si può definire un intreccio di attitudini e abitudini positive, conformi con la propria fede, che insistono sul condizionamento o il controllo della vista e della parola. La modestia è inoltre un concetto islamico valido per tutti i generi, non solamente per quello femminile.

Le donne che scelgono liberamente d’indossare l’hijab, lo fanno come segno di profonda devozione nei confronti della loro religione. Per molte di loro portare il velo significa onorare le proprie radici, la loro famiglia e la cultura d’appartenenza. In questi determinati casi, non c’entra nulla la sottomissione. Si tratta di libera scelta, come una qualsiasi decisione che qualsiasi donna occidentale è libera di prendere.
Se la libertà di culto è un diritto, di conseguenza lo è anche la professione di una qualunque religione.

Hijab femminista: spieghiamolo meglio

Alcune persone, credono erroneamente che nel momento in cui una donna musulmana decide di non indossare l’hijab, si possa parlare di vittoria del femminismo. In realtà, non è affatto così. Facciamo un passo indietro: il femminismo, nasce come forma di liberazione della donna. Esso si estende in ben cinque ondate. Nonostante ognuna di esse abbia finalità diverse a seconda dell’epoca di appartenenza, sono sempre state accomunate da uno scopo: l’emancipazione della donna, nonché l’autodeterminazione femminile.

Già nel corso della sua seconda ondata, il femminismo lotta per la parità del genere femminile rispetto a quello maschile. Sappiamo bene che le donne hanno lottato duramente per far coincidere la loro dignità con quella degli uomini. E’ solo attraverso una serie di battaglie, pacifiche ma rumorose, che abbiamo ottenuto determinati diritti.

E dobbiamo ricordarci che ogni diritto ha come fine la libertà. Libertà non significa solo sbarazzarci di una determinata cosa, bensì anche di farla nostra, nel momento in cui ne sentiamo la necessità. Ed è proprio questo il concetto che sta dietro alla scelta dell’hijab femminista. Secondo le femministe islamiche, in un mondo nel quale la donna è costantemente vista come un oggetto sessuale, coprire volontariamente il proprio corpo è simbolo di ribellione. Esse, sostengono che il corpo sia la più grande forma di comunicazione ed espressione che ci è stata donata. Ecco perché decidere autonomamente se scoprirlo o coprirlo, e in ogni caso quali parti di esso mostrare, è estremamente femminista. “Si tratta di obbligare gli altri a guardare la propria anima, e non il proprio aspetto esteriore“.

hijab femminista tramonto

Libertà soggettiva

Spesso, gli uomini musulmani sono additati dagli occidentali per la questione del velo imposto. Abbiamo ormai compreso che in realtà questo non sia vero in tutte le realtà. Poniamo però il caso, che effettivamente sia così. Naturalmente, non possiamo sostenere che ciò sia corretto. Ora però, proviamo a fare un paragone con la cultura occidentale.

Probabilmente ci dimentichiamo, di quanto troppo spesso anche i “nostri” uomini, siano estremamente possessivi e maschilisti. Nel momento in cui un uomo impedisce alla moglie o compagna di andare in giro troppo svestita, non stiamo forse parlando di sottomissione? La si tende però a normalizzare poiché non celata da un velo, e quindi meno evidente. Ricordiamoci però, che anche nel momento in cui reputiamo una ragazza “una poco di buono”, non siamo migliori di chi impone l’hijab alle donne.


Il femminicidio non è un omicidio qualsiasi: perché?


Una regola d’oro

Proviamo inoltre a fare un ultimo sforzo. Può sembrare banale e scontato, ma in realtà non lo è affatto: non giudichiamo. E non si parla solo di giudizi espressi in forma orale, bensì anche pensati. Tante volte ci poniamo al posto di una determinata persona, pur non conoscendo a fondo la sua situazione. “Se fossi in lei io non indosserei mai il velo“, “Secondo me crede di essere libera ma in realtà le hanno fatto il lavaggio del cervello“, “Se fosse in lei mi ribellerei alla famiglia“, “l’hijab femminista non esiste“.

Cerchiamo di abbandonare tutte queste espressioni. Teniamo piuttosto a mente che ogni singola persona di questa Terra ha un punto di vista differente.
Quante volte le donne si innervosiscono nell’udire alcuni uomini discutere su come gestire le mestruazioni o su temi delicati come l’interruzione di gravidanza? Questo succede perché sappiamo benissimo che una persona di genere maschile non può comprendere in tutto e per tutto queste problematiche, dal momento che non gli appartengono direttamente.
Ecco, proviamo a fare lo stesso ragionamento anche nei confronti delle donne musulmane. Non possiamo sostituirci a loro, poiché non conosciamo ciò che vivono sulla loro pelle.

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