Hieronymus Bosch: il risvolto visionario dell’arte fiamminga del XV secolo

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1970

Hieronymus Bosch è certamente uno degli artisti più controversi e interessanti del XV secolo. Grazie alle sue opere in cui compaiono soggetti angoscianti, a tratti persino mostruosi, egli si colloca tra i maggiori pittori della sua epoca che hanno avuto un forte impatto sull’arte contemporanea. Considerato il più visionario  tra i fiamminghi, Bosch affascina il fruitore proponendo nei suoi dipinti la descrizione di un mondo fantastico in cui la critica alla società tardo medievale appare non poco velata.

Jeroen Van Aken, questo il vero nome dell’artista, nacque oggi, 2 ottobre, 1450 a Hertongenbosch, possedimento dei Duchi di Borgogna in territorio olandese, in una famiglia di artisti: il padre era infatti il proprietario di una celebre bottega situata proprio nella piazza principale della città, luogo che farà da sfondo alle prime opere del giovane Jeroen.  Probabilmente  l’artista iniziò la sua carriera lavorando nell’attività di famiglia, specializzata nella doratura di statue lignee, nell’affresco e nella realizzazione di arredi per la cattedrale locale e,successivamente, per distinguersi dagli altri membri, scelse di firmare le sue opere con lo pseudonimo di Hieronymus Bosch, rendendo così omaggio alla sua città natale. Poche sono le informazioni sulla vita privata del pittore sappiamo che sposò una donna facoltosa che gli permise di elevare il proprio status sociale e di potersi dedicare liberamente alla pittura, sua grande passione, e che fu membro della Confraternita della Nostra Diletta Signora, associazione di laici ed ecclesiastici che si dedicava al culto della Vergine e alla lotta contro la corruzione del clero, elemento ricorrente nella sua produzione. Non sono registrate notizie di spostamenti di Bosch, anche se si può supporre che avesse intrapreso un viaggio nel Nord, forse a Utrecht, dove avrebbe appreso la tecnica della miniatura. Certo è che morì nel 1516, nella stessa città in cui nacque, a causa di un’epidemia di colera.

H. Bosch: Trittico dell’Epifania (o Adorazione dei Magi)-Museo del Prado (Madrid)

Apparentemente può sembrare difficile a spiegarsi, nel contesto borghese fiammingo, l’arte di Hieroymus Bosch: mentre gli artisti a lui contemporanei si concentravano sulla resa estremamente minuziosa di scene legate alla quotidianità cittadina, egli affollava le sue tavole di personaggi stravaganti e fantasiosi, come rettili antropomorfi oppure creature oscene originate da frutti giganteschi. Per capire i lavori del pittore è necessario ricordare che l’arte fiamminga ha sempre puntato a esprimere una certa inquietudine di fondo, caratteristica di un’epoca in cui il Nord Europa attraversa una grande crisi dei valori cattolici che sfocerà poi nella Riforma Luterana. È possibile che l’artista si fosse ispirato alla “Visione di Tonaldo”, opera di un anonimo irlandese nella quale si racconta di un cavaliere dissoluto scelto da Dio per visitare gli Inferi, al fine di descrivere i terrificanti soggetti che vivono nei suoi dipinti. La personalità del pittore di Hertongenbosch  non è paragonabile a nessun altra. La sua fantasia sfocia nell’assurdo, creando visioni allucinanti in un’atmosfera onirica che trasmette smarrimento e inquietudine: il fruitore, osservando un’opera del Bosch, si trova ad affrontare un mondo oscuro, quello dell’incubo, della violenza e dell’orrido che causa sgomento nel cuore di chi guarda. Si tratta di dipinti, trittici o polittici per lo più, in cui l’artista vuole denunciare la corruzione che porta l’uomo a trasformarsi in bestia, corruzione che investe soprattutto la Chiesa, principale bersaglio della sua critica ai costumi del XV secolo: non è infatti bizzarro trovare porci in abiti talari (come  quelli che compaiono nel celebre “Trittico delle Delizie”, 1503) o demoni accostati a croci all’interno dell’universo creativo di Bosch.  Il pittore, le cui opere hanno ancora oggi un significato celato e misterioso, fu molto apprezzato già nella sua epoca, soprattutto in Italia, e fu fonte di ispirazione negli ambienti avanguardisti, soprattutto legati al Surrealismo: anch’essi, infatti, miravano a trasportare sulla tela i sogni e gli incubi, al fine di tirare fuori le proprie paure, mettendo in pratica gli insegnamenti della psicanalisi freudiana. Per Bosch, ancora lontano dall’analisi introspettiva, la tela diventava uno strumento di denuncia, l’arma più potente a sua disposizione per raccontare le ansie e i tormenti del suo tempo, elevando la pittura a divenire portatrice di un messaggio di  forte disappunto nei confronti della società.