giovedì, Aprile 25, 2024

Guerra in Siria: nel 2021 dovremmo essere più Sereni

Sulla Siria è intervenuta Marina Sereni, vice ministro degli Esteri. Durante un webinar a ciò dedicato, la deputata del Pd ha ricordato l’impegno dell’Italia per una prossima risoluzione della crisi. Un monito che giunge a conclusione della quinta Conferenza sul futuro della Siria, nella quale sono stati programmati i prossimi finanziamenti al paese. Eppure, la prospettiva di una risoluzione sembra ancora lontana.

Cos’ha detto Sereni sulla Siria?

In conferenza, la vice ministra degli Esteri Marina Sereni ha ribadito l’impegno dell’Italia in Siria. L’occasione è stata il webinar organizzato dalla Rete delle Donne del Mediterraneo (MWMN). Come ha precisato Sereni: “L’Italia è impegnata per la stabilizzazione della Siria e sostiene ogni azione volta a promuovere sicurezza, dialogo, riconciliazione nel Paese“. La guerra in Siria viene fatta iniziare nel marzo 2011 con le contestazioni pro democrazia contro il regime del presidente Bashar al-Assad. Il periodo era quello delle Primavere arabe dilagate a macchia d’olio nei Paesi del Golfo e nel Nord Africa. Ma se nelle altre Nazioni i manifestanti avevano ottenuto qualche risultato, in Siria non può dirsi lo stesso. Anzi. Nel paese levantino la situazione è presto degenerata in insurrezione, prima. E in guerra civile poi. Eppure, la crisi in Siria è stata esacerbata dal ruolo sempre più preminente dell’Isis e dei curdi. Sostenuti dagli Usa.


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Sereni per la Siria

Dopo il fallimento della quinta riunione del Gruppo ristretto del Comitato Costituzionale, è necessario continuare a lavorare su altri punti della Risoluzione 2254“, ha spiegato la Vice ministra. Così, Sereni si è riferita al provvedimento del 18 dicembre 2015 del Consiglio di sicurezza dell’Onu. Il quale, richiamando le risoluzioni precedenti, ribadiva “Il proprio forte impegno per la sovranità, indipendenza, unità e integrità territoriale della Repubblica Araba di Siria, e per le finalità e i principi della Carta delle Nazioni Unite“. Allora, il Consiglio osservava le drammatiche conseguenze del conflitto in Siria. In particolare, esprimeva “La propria più seria preoccupazione per le continue sofferenze del popolo siriano, la disastrosa situazione umanitaria in peggioramento, il conflitto in atto e la sua persistente e brutale violenza“.

Gli estremisti

Ma a logorare un quadro già critico era stato sia l’intervento di forze estere, quali Russia, Iran e gruppi milizie sciite straniere. Sia quello dei ribelli, tra cui diversi gruppi jihadisti. Già nel 2015, il Consiglio di sicurezza dell’Onu aveva rilevato questi problemi: “L’impatto negativo del terrorismo insieme alla sua ideologia estremista e violenta, l’effetto destabilizzante della crisi sulla regione e al di fuori di essa, incluso il conseguente aumento di terroristi chiamati a combattere in Siria, la distruzione fisica del Paese, il crescente settarismo“. Infine aveva avvertito: “La situazione continuerà a deteriorarsi in assenza di una soluzione politica“. Per le Nazioni Unite, l’unica soluzione possibile alla crisi sarebbe stata instaurare “Un processo politico inclusivo e guidato dai Siriani“.


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Cosa pensa Sereni

Soprattutto, un processo che incontrasse le aspirazioni e le necessità di un popolo martoriato dalla guerra. Pertanto, ha avvertito Sereni, sarà indispensabile “La costruzione di misure di fiducia reciproca e iniziative per elezioni libere e trasparenti sotto la supervisione delle Nazioni Unite“. Inoltre, “Importantissima anche la dimensione umanitaria e il dialogo con le diverse fazioni in guerra per assicurare assistenza alla popolazione“. Intanto, ha spiegato la Vice ministra, “L’Italia ha confermato nella Conferenza di Bruxelles il suo impegno per 45 milioni di euro”. Purtroppo, in passato si sono sprecati gli sforzi diplomatici del Gruppo di Sostegno Internazionale per la Siria (ISSG) che avrebbero dovuto porre fine alla crisi siriana. Un impegno encomiabile ma vano.

Quando una soluzione?

D’altronde, i disperati tentativi promossi dall’ISSG non erano passati inosservati. Al contrario, avevano riscontrato apprezzamento nelle cosiddette “Dichiarazioni di Vienna”. Si tratta della Dichiarazione Congiunta sul risultato dei colloqui multilaterali sulla Siria del 30 ottobre 2015. Oltre che della Dichiarazione dell’ISSG del 14 novembre 2015, il cui scopo sarebbe stato assicurare una transizione politica guidata e controllata dai Siriani, basata interamente sul Comunicato di Ginevra. In particolare, le Nazioni Unite esortavano tutte le parti coinvolte nel processo politico ad aderire ai principi individuati dall’ISSG. Tra cui “L’impegno per l’unità, l’indipendenza, l’integrità territoriale e il carattere non settario della Siria“. Ma anche “Per assicurare la continuità delle istituzioni governative, per proteggere i diritti di tutti i Siriani, indipendentemente da etnia o confessione religiosa, e per assicurare l’accesso umanitario in ogni parte del Paese“.


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Sereni e il ruolo femminile in Siria

Proprio le donne stanno pagando a caro prezzo quella che è diventata una “guerra per procura”. Come ha osservato Sereni: “Nella guerra che sconvolge la Siria ormai da 10 anni, le donne sono state i pilastri su cui ha poggiato la sopravvivenza del tessuto sociale, grazie alla loro incessante opera per il dialogo e la pace“. Ma “Il loro ruolo non è invece altrettanto riconosciuto nei negoziati“, ha fatto notare la Vice ministra. Poi una riflessione. “Eppure la pace si raggiunge solo se i negoziati e l’attuazione degli accordi coinvolgono ogni segmento della società, a partire dalle donne e dai giovani“. Oltretutto, ha avvertito Sereni, in passato le donne hanno dato prova di ciò. “Ci sono infatti molte prove del fatto che, quando le donne partecipano direttamente alle trattative, è più facile raggiungere accordi di pace sostenibili e duraturi“.

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Per Sereni non è un caso se, nella Risoluzione, le Nazioni Unite avessero riconosciuto questo ruolo alle donne. Nel provvedimento, ha riferito la Vice ministra, “Si parla dell’importanza del ruolo delle donne per una pace sostenibile in Siria, incoraggiando una loro significativa partecipazione al processo decisionale e al dialogo politico“. “Per questo“, ha proseguito Sereni, “L’inviato speciale Pedersen ha molto insistito perché nel Comitato costituzionale vi fosse una soglia minima di un terzo di rappresentanza femminile“. “Con una percentuale del 27 per cento” si può dire un obiettivo quasi del tutto raggiunto, come informa la Vice ministra. Per Sereni “Non è ancora abbastanza, ma è sicuramente un passo nella giusta direzione”.

La dichiarazione

La Vice ministra degli Esteri ha ribadito: “L’Italia sostiene attivamente la partecipazione delle donne al processo politico siriano, nell’idea che il tessuto sociale di quel Paese non possa ricomporsi senza il loro attivo contributo“. Infatti, ha osservato Sereni, “Non c’è pace senza inclusione, non c’è pace senza le donne“. E ha concluso: “La speranza è che nel prossimo futuro, quando in Siria cesseranno le ostilità e si ripristineranno le condizioni di sicurezza, il loro ruolo e la loro partecipazione nel consolidare e promuovere la ricostruzione del Paese si riveleranno essenziali“. Del resto, “Come già durante il conflitto, anche in questo nuovo e più positivo scenario”. Anche se dalla schiacciante vittoria di Assad ad Aleppo il regime di Damasco ne esce rivitalizzato. Mentre la prospettiva della pace in Siria sembra allontanarsi sempre di più.


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Sereni si unisce agli sforzi in Siria

Nel frattempo, è giunta notizia che i donatori internazionali invieranno 6.4 miliardi di dollari in aiuti umanitari alla Siria. Comunque una cifra inferiore ai 10 miliardi di dollari promessi, dato che i governi hanno dovuto dirottare parte dei finanziamenti per coprire le spese della pandemia. Ciò è risultato chiaro nella quinta conferenza annuale ospitata dall’Unione Europea, nella quale si sono destinati 4.2 miliardi di dollari per gli sfollati interni. Mentre altri 5.8 miliardi di dollari saranno destinati ai rifugiati esterni alla Siria e ai paesi del Medio Oriente che li ospitano. Questi finanziamenti serviranno a coprire il biennio 2021-2022. Mentre tra il 2019 e il 2020 le Nazioni Unite avevano raccolto oltre 7 miliardi di dollari.

Gli aiuti

Ma questa contrazione non aiuterà la popolazione siriana, di cui circa l’80% fa riferimento proprio sugli aiuti umanitari per sopravvivere. A tal proposito, il segretario generale dell’Onu Antonio Guterres ha riferito in una nota: “Più di 13 milioni di persone hanno bisogno di assistenza umanitaria per sopravvivere quest’anno“. E ha aggiunto: “Si tratta di oltre il 20 per cento in più rispetto allo scorso anno e la maggioranza della popolazione ora sta affrontando la fame“. In Siria e nelle regioni limitrofe, circa 24 milioni di persone necessitano degli aiuti di base. Un aumento di quattro milioni solo nell’ultimo anno. Oltretutto, si tratta del numero più alto dall’inizio delle manifestazioni contro il presidente siriano Bashar al-Assad, nel 2011.

Voci comuni a Sereni sulla Siria

Oltre a non vedersi via d’uscita, la situazione sta precipitando. Lo conferma il capo degli aiuti delle Nazioni Unite, Mark Lowcock. Tramite un collegamento video, Lowcock ha ammesso: “Le cose stanno peggiorando“. E aggiunto: “Abbiamo avuto un decennio di morte, distruzione, sfollamento, malattie, terrore e disperazione“. Nonostante le Nazioni Unite abbiano organizzato il loro più grande piano di risposta per la Siria nel tentativo di salvare migliaia di vite. Mentre il segretario di Stato Usa, Antony Blinken, ha chiesto che i confini siriani siano aperti per il libero accesso e la libera circolazione degli aiuti. Un appello ribadito dal capo della politica estera dell’UE, Josep Borrell. “È fondamentale che l’assistenza possa raggiungere coloro che ne hanno bisogno“, ha spiegato il funzionario europeo. “È di vitale importanza che gli aiuti umanitari giungano a queste persone“.


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Una falsa tregua?

I combattimenti erano cessati a seguito dell’accordo siglato l’anno scorso dopo un’azione massiccia guidata dalla Russia, che aveva sfollato più di un milione di persone. Ma gli attacchi aerei russi, iraniani e siriani continuano a prendere di mira gli avamposti dei ribelli. Intanto, il Movimento della Croce Rossa e della Mezzaluna Rossa ha fatto appello ai donatori internazionali affinché aiutino a ricostruire la Siria. Con particolare attenzione agli edifici servizi sanitari, idrici ed elettrici andati distrutti nei bombardamenti. Il capo del Comitato internazionale della Croce Rossa, Peter Maurer, ha esortato le potenze mondiali a raggiungere un accordo di pace. “La responsabilità ultima spetta alle parti in conflitto“, ha detto Maurer. Difatti, con l’aiuto russo e iraniano al-Assad ha riconquistato gran parte del territorio che era stato sottratto dai ribelli. Mentre gli sforzi di pacificazione sostenuti dalle Nazioni Unite si sono arrestati.

I donatori per la Siria

Anche l’UE ha affermato che non può esserci ricostruzione assistita dall’estero in Siria senza un accordo di pace tra il governo di al-Assad e la miriade di ribelli e altri gruppi di opposizione. Finora, i finanziamenti europei hanno raggiunto la soglia dei 560 milioni di euro. A seguito della conferenza, la Germania si è impegnata a elargire poco più di 1.7 miliardi di euro. Per altro, l’importo più elevato da parte dei tedeschi negli ultimi quattro anni. “La tragedia siriana non deve durare altri 10 anni“, ha commentato il ministro degli Esteri tedesco Heiko Maas. Altri 100 milioni di dollari arriveranno dal Qatar. E quasi 600 milioni dagli Stati Uniti. Mentre il Regno Unito ha promesso 205 milioni di sterline. Circa 280 milioni di dollari. Anche se il presidente dell’International Rescue Committee, David Miliband, ha esortando Londra a dare di più.

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