In questo periodo ci troviamo ad affrontare una epidemia importante che mette a rischio la salute di migliaia di persone in tutto il mondo.
Il COV-19 è un infezione severa che causa gravi conseguenze respiratorie, in queste ultime ore ci sta riguardando ancora più da vicino in quanto l’Italia è uno dei paesi tra i più contagiati.
Ma non è la prima volta che ci troviamo di fronte ad una emergenza del genere.
L’epidemia di SARS
Tra il 2002 e il 2003, la sindrome respiratoria acuta grave (SARS, dall’inglese
“Severe Acute Respiratory Syndrome”) causò la morte di 774 persone in 17 paesi,
con oltre 8mila persone che si ammalarono in 26 nazioni dopo essere state
contagiate dal coronavirus.
La malattia interessò soprattutto la Cina meridionale e Hong Kong, con un tasso di mortalità che raggiunse il 10 per cento circa, molto alto rispetto ad altre malattie virali.
L’epidemia di SARS
iniziò nella provincia del Guangdong nel novembre del 2002. Un paziente si
presentò in ospedale con i sintomi classici dell’influenza, che peggiorarono
rapidamente in una grave polmonite rivelatasi poi mortale.
Nel febbraio del 2003 le autorità sanitarie cinesi
segnalarono all’OMS di avere identificato almeno 300 casi di SARS. Alle
aperture iniziali fece seguito un periodo di informazioni più scarse da parte
della Cina, con le amministrazioni locali che cercavano di minimizzare il
problema, dichiarando sotto controllo la situazione, anche se non lo era. C’era
il timore che una crisi sanitaria potesse compromettere l’immagine della Cina,
soprattutto in una fase in cui l’economia del paese stava crescendo velocemente.
Allora come oggi, una delle preoccupazioni più grandi riguardano soprattutto l’economia e di conseguenza i mercati finanziari.
Il Coronavirus è solo l’ultimo evento che crea grandi timori sui mercati, infatti, se prendiamo come esempio il listino azionario americano che di fatto è il faro per tutte le borse mondiali vediamo che nel 2003-2004 nel periodo della SARS il mercato salì del 39%.
E’ da dire che la Cina è una fonte essenziale di approvvigionamento per diversi settori produttivi, basta menzionare l’industria elettronica e quella automobilistica.
Nella prima Pechino è ormai leader con al suo attivo il 30% delle esportazioni globali, pari a cinque volte il fatturato della Germania. Ma anche nell’industria automobilistica la Cina è leader per quanto riguarda le componenti.
La dipendenza dalle catene di approvvigionamento cinesi può mettere in ginocchio interi settori, come quello automobilistico, adesso che queste si sono fermate.
La Fiat Chrysler si trova già in una situazione critica, mentre all’inizio di febbraio la Hyundai ha dovuto chiudere le fabbriche nella Corea del Sud e la Volkswagen ha posposto la riapertura di quelle in Cina fino alla settimana prossima.
Una riflessione da fare a questo punto è la seguente ovvero è quello che il sistema è capace di riorganizzarsi, cosi come la storia ci ha sempre insegnato dalla peste del 14secolo alla Sars dei primi anni 2000.
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