A guardarlo sembra il protagonista del “Il Vecchio e il Mare” di Hemingway, solo che il mare, là dove vive, non c’è. Siamo nell’entroterra del Parco Nazionale del Cilento e Vallo di Diano, in un paese oramai disabitato, conosciuto oggi col nome di Roscigno Vecchia e che a causa del terreno franoso su cui è impiantato, è stato abbandonato tempo addietro da tutta la popolazione, che si è trasferita più a valle, tranne che dall’ultimo, irriducibile, abitante, Giuseppe Spagnuolo che torna protagonista assoluto in un lavoro fotografico del bravo Antonio Ferolla che con l’obiettivo della sua macchina fotografica ha fermato attimi di una tiepida giornata autunnale a Roscigno dove Spagnuolo si è offerto all’obiettivo con una naturalezza impressionante.
“Ho fotografato poco” dice Antonio Ferolla, “forse questa è stata una di quelle poche volte che ho ascoltato di più” e questo è comprensibile quando la relazione umana sovrasta tutto il resto. Laddove la solitudine è temuta in maniera quasi universale, rapportarsi con chi ha deciso deliberatamente di abbracciarla fa scaturire un effetto, che diventa quasi totalizzante.
Ma cos’è oggi Roscigno Vecchia? Un luogo degli spiriti, strade deserte e silenziose che sembrano avere gli occhi, un sibilo continuo che forse è il vento o forse no, è l’incontro tra correnti di terra e di cielo che si infrangono sulle pareti delle case in pietra, insinuandosi tra le fessure aperte dal tempo e dalla terra che si muove. E’ un cultura contadina che non vuole morire, è un insieme di fatiche accumulate nei secoli che ancora oggi si fanno sentire nella piazza mezza lastricata e davanti alle fontane mute.
La natura qua sta riprendendo il suo spazio, sta cancellando lentamente ciò che l’uomo ha costruito lungo secoli di vita e oggi, immortalare quei luoghi come ha fatto Antonio Ferolla, è consegnarli un po’ all’eternità.