Giuseppe Di Vittorio nacque a Cerignola l’11 Agosto 1892. Figlio di una terra bistrattata, addolorata e povera; a soli 7 anni fu costretto a lavorare prima come raccoglitore di olive e poi come bracciante agricolo. L’infanzia strappata allo studio e alla cultura gli procurarono una grande sofferenza ma Giuseppe, mai per vinto, iniziò a studiare autonomamente: comprò un vocabolario su una bancarella e si cimentò nella stesura di lettere e nella scoperta di nuovi vocaboli. Il sindacalista più famoso della storia ebbe con i libri uno splendido rapporto, i libri ebbero un peso considerevole nella sua vita.
Portiamo in luce alcuni periodi della vita di Giuseppe Di Vittorio, per meglio chiarire in che modo Di Vittorio può essere definito come un padre del meridione, coraggioso e valoroso paladino dei diritti dei braccianti e dei lavoratori, politico autentico, sincero e rispettoso della gente, la sua gente. Giuseppe Di Vittorio dovette fare i conti con una realtà meschina fin da bambino; a soli sette anni dovette lavorare 12 o 13 ore al giorno per mille lire. Giovanissimo assistette agli “eccidi proletari”, visse sulla sua pelle il dolore e la sofferenza causati da condizioni lavorative disumane. Giuseppe Di Vittorio sempre arguto, idealista e anche un po’ utopista, non stette mai con le mani in mano e quindi iniziò a prendere coscienza di quelle situazioni e iniziò a lottare per cambiarle. Divoratore di libri, interessato ai dibattiti politici e sociali si rese conto della frattura fra lo stato liberale e il mondo del lavoro meridionale. Bisognava cambiare, ma come? Giuseppe diede vita ad un movimento di giovani socialisti ma soprattutto aderì al movimento del sindacalismo rivoluzionario. Questo movimento ebbe tre grandi principi: l’emancipazione del lavoro, la tutela dei diritti dei lavoratori e il riscatto degli ultimi. Il progetto del sindacalismo rivoluzionario fu interrotto dal primo conflitto mondiale. Anche Giuseppe combattè al fronte e nei combattimenti rimase gravemente ferito. Terminato il conflitto, Di Vittorio tornò nel suo paese di origine e fu nominato segretario della Camera del lavoro di Cerignola.

Giuseppe ebbe un animo nobile ed un carattere empatico ma ebbe anche una grande dote, quella di farsi capire sempre da tutti i lavoratori, della campagna, della città, delle fabbriche. Nel 1921 il sindacalista entrò ufficialmente in politica, nel PSI, grazie alla conoscenza di Giuseppe Di Vagno e Bruno Buozzi. Con questo gruppo fu eletto deputato e in seguito alla scissione di Livorno, nel 1924, aderì al Partito Comunista d’Italia. Dopo la prima fase politica, Giuseppe Di Vittorio fu fortemente osteggiato dai fascisti: fu infatti condannato a 12 anni di carcere dal tribunale speciale fascista ma riuscì a fuggire nel 1925. Dal 1928 al 1930 soggiornò in Unione Sovietica e rappresentò l’Italia nella neonata Internazionale Contadina e prese parte anche nel PCI clandestino. In questo periodo di “latitanza” Di Vittorio non nascose il suo disappunto nei confronti di Stalin: il sindacalista si pose contro il significato che il dittatore sovietico diede alla socialdemocrazia.

Il 9 Giugno 1944 è probabilmente la data più importante della vita e della storia di Giuseppe Di Vittorio. In quel giorno i tre sindacati, cattolico, socialista e comunista, siglarono un patto: il patto di Roma. Il patto segnò l’unità e l’unione del sindacato e Di Vittorio ebbe di sicuro il merito più grande. La gioia e la soddisfazione legata a questo episodio durò poco; nel Luglio 1948 Togliatti fu vittima di un attentato. Antonio Pallante sparò al segretario del PCI e l’ala politica fedele a Togliatti pressò molto Di Vittorio affinchè proclamasse uno sciopero generale. Lo sciopero non fu condiviso dalle altre parti del sindacato così si incorse in una frattura irrimediabile nel sindacato. Il 1953 fu l’anno in cui Di Vittorio fu nominato leader della Federazione sindacale mondiale ma tre anni dopo l’entusiasmo di Giuseppe fu nuovamente spezzato. Nel 1956 carri armati sovietici repressero un movimento riformista in Ungheria: con la violenza e con il sangue stroncarono le masse in rivolta. Tutti gli intellettuali, innumerevoli politici gridarono al disdegno non così Togliatti e il suo partito. Il segretario comunista frenò l’ira di Di Vittorio e lo costrinse a non mostrare dissenso. Quella fu la prima e ultima volta che Di Vittorio si piegò, alcune voci storiche narrano ancora oggi che in quel giorno Di Vittorio versò molte lacrime. L’anno successivo, nel 1957, il 3 Novembre,morì a Lecco, stroncato da un infarto.
Innamorato dello studio e della libertà che solo lo studio può dare, Giuseppe Di Vittorio è stato protagonista di una meravigliosa storia: la storia del valore, del riscatto, di una coscienza sempre autentica e del coraggio di fare politica senza mai rinunciare alle utopie.