Giovanni Falcone, vittima dell’attentato mafioso a Capaci, fu un magistrato giusto, integerrimo e buono. In quel lontano 23 maggio 1992 insieme a lui persero la vita la moglie Francesca e gli agenti della scorta.
GIOVANNI FALCONE: MAGNANIMO E CORAGGIOSO. UN UOMO PERDUTAMENTE INNAMORATO DELLA GIUSTIZIA
Il magistrato forse più famoso del mondo nacque a Palermo il 18 Maggio 1939 da Arturo e Luisa. Conseguì la maturità classica e la Laurea in Giurisprudenza; dopo il concorso in Magistratura fu nominato pretore a Lentini, poi sostituto procuratore a Trapani. L’esperienza trapanese fu per Giovanni cruciale perché sentì sempre più forte l’inclinazione verso il settore penale, era particolarmente affascinato «dalla valutazione oggettiva dei fatti nel contrasto con certi meccanismi farraginosi e bizantini» come egli stesso disse.
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GIOVANNI FALCONE: UNA VITA INTERA A COMBATTERE LA MAFIA
Furono proprio quei meccanismi farraginosi che iniziarono a mietere vittime tra gli uomini giusti. Il primo fu il giudice Terranova, ucciso nel 1979. A Terranova, alla guida dell’ufficio istruzione di Palermo, successe il magistrato Rocco Chinnici. Chinnici chiamò Falcone e gli affidò le indagini contro Rosario Spatola, un processo che coinvolgeva anche la criminalità statunitense. Nel 1983 l’associazione criminale mafiosa uccise il magistrato Chinnici, dunque un ulteriore attentato in uno dei periodi più tremendi della storia siciliana.
Il giornalista La Licata, in una recente intervista, ha ricordato la disperazione, il dolore e la violenza di quegli anni ed ha dichiarato: «negli anni 80, a Palermo, è successo qualcosa che in nessuna altra parte del mondo civilizzato è successa». Gli anni 80 sono stati gli anni della Guerra di Mafia, ma in trincea oltre agli uomini brutali di Cosa Nostra parteggiavano anche gli uomini giusti e con la morte di Chinnici la lotta alla mafia divenne sempre più sentita.
IL MAXI PROCESSO
Il giudice Caponnetto continuò i lavori del pool antimafia di Chinnici e con lui c’erano anche Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Il magistrato Falcone, componente attivo del pool antimafia, interrogò il pentito Buscetta e attraverso le testimonianze del boss dei due mondi mise in piedi il Maxi Processo.
Quell’ampio processo sottintese l’acume e l’infallibilità di Falcone e infatti la grande inchiesta segnò la condanna degli imputati e oltre 2000 anni di carcere. Nel gennaio 1988 ci fu la nomina per il ruolo di Capo dell’ufficio istruzione a Palermo. La nomina cadde su Meli e la notizia fu accolta con non poco stupore poiché l’erede naturale per il ruolo di capo Ufficio doveva essere Falcone ma il CSM smentì questa aspettativa.
GIOVANNI FALCONE, 27 ANNI FA MORIVA GIOVANNI FALCONE
L’ADDAURA, IL MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, LA STRAGE
20 Giugno 1989: l’attentato fallito alla casa al mare di Falcone, in Addaura. Il tentato omicidio fu la chiara espressione dei pericoli che il magistrato correva quotidianamente. Il giudice in quel periodo iniziò a vedere sempre più netti i segni di una morte molto vicina. Nel 1991 divenne Direttore degli affari penali al ministero di Giustizia, spinto dall’allora Ministro Martelli. Quando accettò l’incarico ricevette attacchi, critiche ma anche a Roma, lontano dalla sua amata terra, continuò il suo incessante lavoro di difensore della giustizia.
Nel Gennaio del 1992 la Cassazione confermò tutti gli ergastoli del Maxi Processo e per il mondo della giustizia fu una grande vittoria. La Mafia non restò più impunita ma fu finalmente riconosciuta quale cancro pervasivo nella società civile e nella politica.
La vittoria dell’inverno 1992 si trasformò presto in tristezza e rabbia perchè pochissimi mesi dopo Giovanni Falcone perse la vita nella strage di Capaci.
La storia ci ricorda, e dovrà farlo sempre, un uomo profondamente buono, profondamente giusto.