venerdì, Marzo 29, 2024

Giorgio Gaber: il signor G dello spettacolo Italiano

Il 1 Gennaio 2003 ci ha lasciato Giorgio Gaber il genio Italiano della musica e dello spettacolo. Si trattava di un animale da palcoscenico da cui non si può prescindere se si vuole narrare la storia della Televisione e della Musica nel secondo dopoguerra. Cantautore, commediografo, attore, cabarettista, chitarrista e regista teatrale è stato tra i primi interpreti del rock and roll Italiano alla fine degli anni cinquanta. Era sopranominato il Signor G, e il suo vuoto non è stato ancora rimpiazzato.


“Milano per Gaber” ricorda l’indimenticabile Signor G


Giorgio Gaber: un artista tenace

Giorgio Gaberščik (Giorgio Gaber) è nato a Milano il 25 gennaio 1939, figlio di una famiglia veneto-friulana (il cognome è originario di una regione slovena). La sua vita è stata profondamente segnata da una grave malattia contro la quale combatté fin da piccolo: la poliomielite. A causa della malattia la sua mano sinistra è stata bloccata da paralisi ma grazie all’uso della chitarra che gli regalò il padre riuscì a recuperare completamente l’uso riuscendo ad avvicinarsi alla musica e a comporre canzoni, molte delle quali diventate celebri.

La passione per la chitarra

Lui stesso ha più volte dichiarato il suo amore alla chitarra e paradossalmente a quella malattia contro cui ha combattuto per anni. Senza questo incidente forse non si sarebbe appassionato alla musica e allo spettacolo componendo canzoni caratterizzate da frasi ironiche e taglienti. Ma soprattutto non gli avrebbe dato la possibilità di diventare l’artista fenomenale che è diventato.

Giorgio Gaber: la voce dell’Italiano medio

Molti cantanti esprimono le loro emozioni ma non indagano sulla società che li circonda, mentre Giorgio è stato un artista che ha fatto riflettere e esaltare i vizi e le virtù del pensiero Italico. Da La ballata del Cerruti Gino, che narra le gesta di uno scansafatiche, a Non arrossire, dove invece alterna una mielosa dichiarazione d’amore a pensieri più graffianti ogni canzone indaga un aspetto della vita umana.

I suoi successi musicali

Tra il 1972 e il 1973 quando già era nato il Signor G alter ego di Gaber si concretizzarono tre tra i suoi maggiori successi: Shampoo, Un’idea (dove tocca per la prima volta il tema dell’immigrazione), ma soprattutto La Libertà, inno alla forza dell’uomo e alla partecipazione. Nel 1980 Gaber raccontò la sua idea sulla religione con Io se fossi Dio e nel 1991 invece quella sulla sua vicinanza politica con Qualcuno era comunista, che analizza in modo chiaro e schietto la visione comunista.

Gaber: il coraggio di parlare chiaramente

Gaber continuò a parlare di politica nel 1994 con Destra Sinistra e lo terminò con il suo ultimo lavoro uscito postumo, Io non mi sento italiano. In questo testo, in una immaginaria lettera al Presidente della Repubblica esprimeva tutta la sua rabbia per l’inutilità della politica che ha relegato l’Italia in fondo alla periferia d’Europa e dove dichiarò di non si sentirsi più italiano. Anche se fortunatamente per l’Italia lo era.

Gaber: amava i più piccoli

Molti non sanno che Gaber era sensibile al mondo dei bambini (a cui ha dedicato anche una canzone) e molte delle sue frasi sono dedicate proprio a loro. Un esempio è la strofa “Si muovono nello spazio sicuri solo quando sanno che tu non li trattieni, ma che sanno che tu stai lì nel momento in cui possono aver bisogno di te” e li definisce “Il più bel miracolo del mondo che si può ricevere”.

Gaber: una voce fuori dal coro

Gaber criticò in modo sottile i genitori iper protettivi, dicendo che i bambini non sono felici se sono eccessivamente puliti ma anzi che “il fango, la neve, la terra, le pozzanghere, la sabbia sono tutti quegli elementi con cui può sentire e deve venire a contatto”. Colpito da un tumore ai polmoni che lo porterà alla morte, Gaber continuò a suonare ed esibirsi fino a poco tempo prima del decesso. La sua ultima comparsa in televisione avvenne qualche mese prima della scomparsa in uno spettacolo televisivo con Adriano Celentano, Enzo Iannacci e Antonio Albanese. Rimane la sua autoironia, il suo pensiero e quelle movenze che solo lui sapeva interpretare.

Milano Musica con la Emme Maiuscola

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