sabato, Marzo 22, 2025

George Orwell, la forza di un pensiero sempre attuale

George Orwell festeggerebbe oggi il suo compleanno, spegnendo la bellezza di 117 candeline!

Chissà cosa direbbe del fatto che, ancora oggi, a 70 anni dalla sua scomparsa venga considerato da molti studiosi, e non, una sorta di profeta. Come colui che ha, in qualche modo, predetto il futuro mediante le sue opere, tra cui in particolare “Nineteen Eighty-Four”.

Nato il 25 giugno 1903 in India, George Orwell è in realtà lo pseudonimo di Eric Arthur Blair.                 

Le sue opere guardano con occhio critico la politica e la società, descrivendole con un linguaggio pungente ed ironia, che vuole celare una certa dose di amarezza.

L’eredità intellettuale lasciata dai suoi scritti, in particolar modo articoli e saggi, è importante per giungere ad una comprensione profonda del tempo che ha vissuto, della sua epoca con tutti i suoi aspetti più ipocriti e sinistri.

Dal punto di vista del genere letterario si tende a collocare Orwell tra gli autori della letteratura satirica ma, in realtà, la sua opera è ben più variegata ed è riduttivo incanalarla in un singolo settore.

La distopia

In particolar modo è esponente della scrittura distopica. Per distopia, in breve, si intende l’opposto dell’utopia. Orwell, infatti, dipinge mediante il suo stile chiaro e lineare, una realtà immaginaria basata, però, su elementi negativi del presente, realmente vissuto.

Dunque, la distopia immagina un mondo in cui non è auspicabile trascorrere la propria vita.

George Orwell è inoltre uno degli autori inglesi che maggiormente ha compreso l’utilità di mettere a frutto il proprio spirito critico e di sondare la realtà senza lasciarsi ingannare dal pensiero altrui.

A tal proposito, intenzionato a dar voce ai problemi delle classi sociali più indigenti di Londra, realizzò un esperimento. Si mimetizzò tra i poveri senzatetto costretti a vivere di espedienti, in mezzo alla strada e con mezzi di fortuna. Iniziò a vivere come loro, penetrando nei quartieri più degradati e malfamati della capitale, toccando con mano cosa significasse “fare la fame”.

Nel 1944 uscì uno dei suoi più celebri romanzi “Animal Farm”, che gli valse fama mondiale. È però “1984” il suo capolavoro assoluto per via dell’attualità intramontabile del suo pensiero portante.

Morì nel 1950 a Londra, poco dopo la pubblicazione di “1984”.

Il suo intramontabile pensiero

L’ideale che ha guidato Orwell nel corso della sua intera esistenza è la strategica importanza della cultura, nella vita di ogni uomo. Mise sempre l’accento sulla cultura, come vera e propria arma a disposizione dell’uomo per emanciparsi, per costruirsi un’identità di pensiero e per scongiurare il rischio di essere massificati.

La massa omologata è infatti un gruppo indefinito, costituito non più da persone bensì da semplici numeri, facilmente manipolabili.

Orwell sosteneva che “un romanziere che ignori la storia ed i fatti del mondo di solito è un superficiale o un perfetto idiota”. Infatti, concepiva la scrittura come uno strumento per raccontare, descrivere ed anche denunciare quando serve, la realtà. Anzi, le realtà. Tutte le realtà di cui la società si compone.

In particolare, la realtà della “povera gente” priva di mezzi, per dare voce alla propria sofferenza.

Era consapevole che le parole non avessero il potere di sovvertire un ordine costituito ma quanto meno di sminuire e di smuovere le coscienze. Le parole, se usate bene, possono “far drizzare le antenne” di chi è dotato di pensiero autonomo.

Riponeva in questo la speranza di smascherare il vero volto che si cela dietro le ideologie totalitarie, la loro falsità e le loro bugie, necessarie a darsi un alibi all’interno del racconto della storia ufficiale.

1984: un romanzo sempre (tristemente) attuale

Si dice che “1984” sia uno dei romanzi il cui pensiero continua a rispecchiare e ad essere adattabile al tempo in corso.

Quando George Orwell si accinse a redigerlo, lo scenario politico e storico era emblematico: il mondo diviso in due sfere di influenza, da un lato la tirannia sovietica e dall’altro lo strapotere capitalista.

“1984” è ambientato in una realtà inventata, ovvero un’Inghilterra situata in Oceania, terra governata da un partito unico ed insindacabile. A capo del partito si trova un’entità suprema, Big Brother, il Grande Fratello, fautore di un governo tirannico volto a tenere sotto totale controllo tutti i cittadini.

Evidentemente, è un’aspra critica ai totalitarismi ed i nazionalismi. Fortunatamente, oggi, in Europa non esistono regimi dittatoriali, però “1984” è attuale se considerato dal punto di vista di scelte politiche discutibili, dell’evoluzione della società odierna e della tendenza a desiderare un popolo disinformato così da esercitare una forma di controllo serrato.

Curiosa anche l’attinenza rispetto al modo in cui le informazioni vengono veicolate, in maniera distorta, a regola d’arte.

Chi è lo sfortunato abitante?

Trasposto nella nostra attuale società l’abitante di Oceania, sottomesso a Big Brother, non è che il cittadino schiavo dei social network, delle Fake news e degli inganni, derivanti dalla retorica.

Effettivamente, nello stato attuale delle cose lo slogan “Big Brother is watching you” è più attuale che mai. Si pensi all’abbattimento del muro che difendeva la nostra privacy, prima dell’avvento dei media, che hanno letteralmente invaso il nostro quotidiano.

Ora come ora, tutti sanno tutto di tutti!

Questione di… ossimori

Un’altra corrispondenza, piuttosto angosciante, concerne lo stato di guerra che persiste in terra d’Oceania. Il governo mira a tenere sempre allerta i cittadini, minacciati costantemente da un incombente conflitto. Ad oggi, tornano alla mente quei concetti aulici di cui i governi del mondo intero si riempiono la bocca, condendoli con parole positive come la “pace” o la “solidarietà”, per rendere meno amaro il boccone.

Ad esempio, si sente spesso parlare di “missioni di pace” in riferimento a paesi come l’Afghanistan o l’Iraq, ma… da oltre vent’anni queste terre sono dilaniate in realtà da una costante guerra, che causa morte e distruzione. 

Si dice: combattere alla conquista della pace, ma è un gigantesco ossimoro!

In un’era come la nostra, in cui i nazionalismi latenti tornano a far sentire la propria voce, leggere “1984” può avere funzione rivelatrice. Nella società a tinte scure immaginata da George Orwell è l’ignoranza la vera forza dominante. Il governo tiene il popolo all’oscuro della verità, nutrendolo di odio ed intolleranza verso un dato “nemico comune”.

La riuscita di tale condizione è propizia: plagiare la massa in funzione dei propri obbiettivi. Gli individui esistono e vivono privi di consapevolezza, cadendo così vittime nel vortice del pensiero dominante, quello di chi comanda.

Spunti di riflessione

Sul Corriere della Sera, qualche tempo fa, comparve un’interessante opinione in merito, di Angelo Panebianco: “I nazionalisti fanno ricorso la più potente strumento di mobilitazione delle emozioni che si conosca: la costruzione del capro espiatorio. Individuare qualcuno o una qualunque entità come la causa dei mali che ci affliggono ha un doppio indiscutibile vantaggio: permette alle persone di indirizzare contro quel qualcuno o quell’entità la loro energia emozionale repressa, nonché di attribuire ad altri, anziché a sé stessi, la responsabilità di quei mali”.

Non risuona forse familiare tutto ciò?

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