GdF di Bolzano Associazione a Delinquere a carattere internazionale dedita al contrabbando di carburante condannate sette persone e pene complessive di 33 anni di reclusione
Giovedì scorso, la GdF di Bolzano al termine del giudizio abbreviato tenutosi dinanzi al giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Bolzano (dott. Peter Michaeler), sono stati condannati sette responsabili di un’associazione a delinquere a carattere internazionale dedita al contrabbando di carburante. Le pene detentive comminate variano in relazione alla rilevanza del ruolo rivestito dagli imputati nell’organizzazione: 7 anni e 2 mesi di reclusione, 5 anni, 4 anni e 8 mesi, 4 anni e sei mesi, 3 anni e 10 mesi (per due imputati) e 3 anni e sei mesi.
GdF di Bolzano Sono state applicate multe a ciascun imputato che vanno dai 5,2 ai 7,8 milioni di euro. Inoltre, il G.U.P. di Bolzano ha disposto, fino al valore di 3,9 milioni di euro, la confisca di un deposito commerciale di prodotti energetici situato a Milano, nonché di vari distributori stradali di carburante, di denaro, di beni mobili/immobili nella disponibilità degli imputati, di autovetture e di quote societarie.
Le condanne fanno seguito a un’indagine di polizia giudiziaria svolta congiuntamente dalla Guardia di Finanza di Bressanone e dall’Agenzia delle Accise Dogane e Monopoli (ADM), coordinata dalla Procura della Repubblica di Bolzano, la quale ha permesso di disarticolare un’associazione a delinquere a carattere transnazionale che, in un solo anno, attraverso il valico del Brennero, aveva “importato” illegalmente in Italia circa 7 milioni di litri di gasolio. Nella ricostruzione delle numerose condotte contestate agli imputati, ha fornito un contributo rilevante l’amministratore giudiziario nominato dall’Autorità Giudiziaria, dott. Renato Bonsignori.
Scopo del sodalizio criminoso era quello d’introdurre dalla Germania e commercializzare, sul territorio nazionale, gasolio per autotrazione spacciandolo, cartolarmente, come “olio lubrificante”, così da evitare il pagamento dell’accisa (l’imposta indiretta sulla produzione di prodotti energetici), che, con riferimento al gasolio, grava per circa il 60% sul prezzo al dettaglio (compresa l’I.V.A.), mentre per l’olio lubrificante acquistato in Germania la stessa è pari a zero.
Per realizzare l’ingentissima frode (limitatamente alle accise, l’imposta evasa, in soli dodici mesi, ha superato i 4 milioni di euro), l’organizzazione si è avvalsa di alcune società “cartiere”, prive di qualsivoglia consistenza economica, strutture operative o personale dipendente, a nome delle quali venivano emessi i documenti (anch’essi fittizi) utilizzati per scortare la merce lungo il viaggio in territorio italiano.
In sintesi, il meccanismo illecito scoperto era il seguente:
• dall’Italia partivano le autocisterne vuote, che si dirigevano verso un deposito compiacente situato in Germania (città di Lübben), dove veniva caricato il gasolio, falsamente classificato come “olio lubrificante” (quindi non soggetto ad accisa);
• le autocisterne piene facevano rientro in Italia, percorrendo un primo tratto su strada, da Lübben fino alla cittadina austriaca di Wörgl; da qui venivano caricate su rotaia e, attraverso il servizio “Ro.La.” (acronimo del termine tedesco Rollende Landstrasse – autostrada viaggiante), giungevano fino a Trento, scortate da una semplice lettera di vettura (c.d. “CMR”);
• una volta “sbarcati” a Trento, i conducenti delle autocisterne distruggevano le lettere di vettura e proseguivano il viaggio verso un deposito commerciale di prodotti petroliferi sito nell’hinterland milanese. Durante questo tragitto, la merce veniva classificata come “gasolio” e scortata da documenti non genuini (i c.d. “DAS” Documento di Accompagnamento Semplificato), i quali attestavano falsamente che il prodotto aveva già assolto l’accisa ed era diretto verso un operatore autorizzato allo stoccaggio dall’Agenzia delle Accise Dogane e Monopoli. Pertanto, in caso di ordinari controlli su strada da parte delle Forze di Polizia, i carichi risultavano formalmente ineccepibili;
• il gasolio trasportato veniva scaricato all’interno dei serbatoi di stoccaggio presenti presso il deposito commerciale, i cui responsabili erano conniventi con i membri dell’organizzazione criminale scoperta. Dal deposito partivano altre autocisterne, per rifornire dei distributori stradali di carburante non rientranti nel circuito delle grandi marche, alcuni dei quali di proprietà di soggetti inseriti nella stessa organizzazione criminale.
A questo schema base, dal mese di marzo 2019, si è aggiunta una variante che ha visto l’utilizzo del “RALpin SA” (che è il corrispondente svizzero del servizio “Ro.La.”) lungo la tratta Friburgo in Brisgovia (Germania)–Novara, con destinazione finale il medesimo deposito italiano dell’hinterland milanese. L’evasione non ha interessato soltanto le accise ma anche l’I.V.A. gravante sulla commercializzazione del prodotto; infatti, anche le società che cedevano il gasolio ai distributori stradali non adempivano ad alcun obbligo tributario e non provvedevano al versamento dell’I.V.A. addebitata ai clienti e da questi regolarmente pagata.