domenica, Marzo 23, 2025

GB: una legge per fermare la brexit senza no-deal

Per la Gran Bretagna il fatidico giorno della brexit si avvicina sempre di più, ovvero la data in cui l’Inghilterra dovrà lasciare l’Unione Europea.

Tre anni ormai sono passati da quel 23 giugno 2016, da quando, contro ogni previsione, gli inglesi votarono al referendum sulla brexit, promosso dal Primo ministro David Cameron, per l’uscita della Gran Bretagna dall’UE. Un risultato quest’ultimo del tutto inaspettato, poichè si pensava, sia in Gran Bretagna, sia in Europa, che il plebiscito per il “remain” fosse scontato. Non è stato così.

Dopo il risultato inaspettato del referendum, il premier conservatore Cameron si dimise e lasciò l’incarico di gestione della brexit a Theresa May, altra esponente del partito conservatore che ha provato a gestire l’uscita in modo ordinato, ovvero attraverso un accordo con l’Unione europea.

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May che durante la campagna elettorale per il referendum si era espressa a favore di chi chiedeva la permanenza della Gran Bretagna all’interno dell’Unione Europea, una volta compresa la volontà popolare, aveva lavorato per un’uscita ordinata senza però aver avuto la possibilità di portarla a compimento, poichè il Parlamento ha bocciato per tre volte consecutive l’accordo da lei proposto.

Dopo la bocciatura della bozza d’accordo Theresa May ha rassegnato le dimissioni il sette giugno scorso. Adesso il delicato compito di gestione ordinata della Brexit è passato a Boris Johnson, esponente anche lui del partito conservatore, il quale sembra del tutto intenzionato ad uscire dall’UE con o senza accordo.

Se il governo Johnson dovesse dare il via per un uscita disordinata della Gran Bretagna dall’Unione Europea, sarà un disastro per il Paese Oltremanica e non solo, poichè non vi sarebbero garanzie per i cittadini inglesi in Europa, né per i cittadini britannici in Inghilterra, nessun accordo commerciale, né tantomeno doganale. In aggiunta sarebbero ripristinati i visti e i permissi di lavoro, inoltre le rette universitarie per i cittadini stranieri sarebbero raddoppiate.

A rincarare la dose è anche la Banca d’Inghilterra, la quale ha previsto che il Pil nazionale scenderà dell’otto percento in un anno, l’inflazione salirà al oltre il sei percento e la disoccupazione al 7,5%.

Un panorama nero che non promette nulla di buono e dal quale non si può tornare indietro, nonostante qualcuno molto spesso abbia ventilato la possibilità di un secondo referndum che annullerebbe il risultato del primo. Oramai il danno è fatto.

Non si sa ancora se Johnson, deciso ad uscire dal’UE anche senza accordo, riuscirà nel suo intento, tuttavia l’allarme lanciato dalla Banca centrale inglese è un fatto su cui riflettere.

Forse la pensa così anche l’ex deputato conservatore Philip Lee ex medico di quarantotto anni, il quale, da sempre sostenitore dell’Unione europea, ieri ha deciso di abbandonare le fila dei conservatori, con una passeggiata simbolica verso seggi opposti, e passare dalla parte dei liberal democratici, soprattutto dopo aver ascoltato alla radio le offese di Jacob Rees-Mogg dirette a chi gli contestava il suo atteggiamento superficiale per le serie conseguenze che avrebbe una Brexit con un no-deal.

Ora, il primo ministro Johnson non ha più la maggioranza in Parlamento e anzi i gli oppositori del premier con una maggioranza parlamentare dalla loro parte , sono pronti ad approvare una legge tra oggi e domani che impone al premier di chiedere un nuovo rinvio per la Brexit, almeno fino al 31 gennaio 2020.

Dopo questo ribaltone clamoroso la brexit con un no-deal non è più scontata e comunque i negoziati sembrano tutt’altro che chiusi.

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