Gabriele D’Annunzio nacque il 12 marzo 1863 a Pescara da una famiglia benestante. Fu l’artista simbolo del Decadentismo e celebre personaggio della Prima Guerra Mondiale.
Gabriele D’Annunzio: i primi anni e il successo
A 11 anni andò a Prato a studiare in un collegio. Quattro anni dopo scrisse il suo primo libro di poesie, Primo Vere, pubblicato a spese del padre.
Trasferitosi a Roma, scrisse racconti e poesie e si occupò di giornalismo. Il tutto in una cornice splendida, infatti amava il lusso e vivere al di sopra delle sue possibilità. Come un dandy di fine Ottocento, voleva brividi e una vita al di fuori delle convenzioni borghesi: proprio come Andrea Sperelli, il protagonista del primo dei suoi sette romanzi, Il piacere (1889).
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Gabriele D’Annunzio: la vita privata e le donne
Il suo insaziabile desiderio sessuale lasciò sul campo un numero ingente di donne “rovinate”, rinnegate dai padri, abbandonate dai mariti, persino ricoverate in manicomi. Alcune delle sue amanti erano celebrità, come Eleonora Duse, una delle attrici più famose di quegli anni. Altre restarono nell’ombra, come Barbara Leoni: bella e provocante, sarà la sua musa e lui trasfigurerà la loro storia d’amore e di passione nelle pagine del Trionfo della morte (1894).
A ognuna trovava un ruolo: se alla cameriera chiedeva soprattutto prestazioni di sesso orale, a Luisa Baccara chiese di sublimare la sua passione suonando al pianoforte per lui nella Stanza della Musica della sua residenza a Gardone Riviera (Brescia), in quello che divenne il complesso monumentale chiamato Vittoriale degli Italiani.
Gabriele D’Annunzio: le sue posizioni sulla Prima Guerra Mondiale
D’Annunzio visse in Francia alcuni anni. Tornò in Italia nel maggio del 1915, invitato a parlare alla presentazione di un monumento a Garibaldi, a Quarto, vicino a Genova.
La Prima guerra mondiale era scoppiata da un anno e lui rivolse la sua voce magnetica alle folle che si erano riunite per salutarlo. Chiedeva all’Italia di entrare in guerra e portare a termine l’unificazione del paese annettendo grandi aree dell’impero austro-ungarico. Il suo discorso interventista accese gli animi.
Il 23 maggio l’Italia dichiarò guerra all’Austria-Ungheria. Nonostante avesse già 52 anni, il Vate ottenne di potersi arruolare come Ufficiale nei Lancieri di Novara, un reggimento che in quel periodo accoglieva i primi piloti.
Ottenne il brevetto di aviatore e partecipò ad azioni dimostrative, non tutte di successo. Nel gennaio del 1916, durante un atterraggio di emergenza, sbatté violentemente la tempia contro il calcio della mitragliatrice di bordo. La ferita, non curata, gli fece perdere l’occhio destro. Durante la convalescenza scrisse il Notturno, un’opera in prosa lirica in cui il poeta riunì riflessioni e ricordi, ripubblicata in forma definitiva nel 1921. La convalescenza non smorzò l’entusiasmo bellico: il 9 agosto del 1918 volò su Vienna per un’azione dimostrativa, incruenta e mediaticamente molto potente.
Gabriele D’Annunzio: l’impresa di Fiume
Tre mesi dopo l’Italia firmò l’armistizio. D’Annunzio preferiva, però, il conflitto, così portò avanti una sua personalissima battaglia. Nel settembre del 1919 si butto nell’Impresa di Fiume: guidò un esercito di irregolari e ammutinati nella città di Fiume, contesa da Italia e Regno di Jugoslavia, e si costituì dittatore. Per 15 mesi regnò come Duce, finché la marina italiana non intervenne a cannonate per mettere fine all’impresa, su ordine dell’allora governo Giolitti.
Gabriele D’Annunzio: il suo rapporto con il Fascismo
Intanto, in Italia, erano nati i Fasci di combattimento e si preparava la strada alla Marcia su Roma. Un anno prima che Mussolini andasse al potere, D’Annunzio, deluso dal fallimento di Fiume si trasferì nella casa sopra il Lago di Garda, il Vittoriale, dove vivrà in semi-reclusione fino alla morte, il 1° marzo 1938. Il suo pensionamento fu in gran parte finanziato dal governo fascista, che era desideroso di tenerlo alla larga.
Il suo rapporto con Mussolini infatti fu sempre ambiguo. il Duce da un lato voleva promuoverlo a Padre nobile del fascismo, dall’altro sapeva che il Vate era uno spirito critico, lucido e indipendente. Così lo ricoprì di onori ma lo rese politicamente ininfluente.
Nel 1938 D’Annunzio si oppose all’avvicinamento dell’Italia fascista al regime nazista di Adolf Hitler. Ormai, anche grazie a lui, il Fascismo era salito al potere e nessuno aveva più il diritto di dissentire. Il Vate morì quello stesso anno, ufficialmente per un’emorragia cerebrale.