” De l’egalité des deux sexes, discours physique et moral, où l’on voit l’importance de se défaire des préjugés”.
Già nel XVII secolo la questione dell’uguaglianza sessuale era ampiamente dibattuta ed era incentrata soprattutto sul tema dell’educazione femminile: allora alle “gentilonne di ceto” era consentito istruirsi il tanto sufficiente a diventare delle buone conversatrici, ossia di apparire “colte senza troppo studiare”, attraverso un curriculum limitato che non includeva il latino e il greco, impedendo loro di accedere così alla cultura e alle scienza alte; tuttavia, sempre più curiose e studiose, alcune figure di spicco iniziarono a reclamare il loro diritto all’istruzione, incontrando un’inattesa alleata nella filosofia cartesiana. Già Descartes aveva pubblicato il suo Discorso sul metodo in francese e non in latino anche affinché «le donne potessero comprendere qualche cosa» (lettera del 22 febbraio 1638 a padre Vatier), ma il più radicale sostenitore della loro battaglia fu François Poullain de la Barre (1647-1723), un filosofo cartesiano che in due brevi opere uscite sotto pseudonimo, De l’égalité des deux sexes (1673) e De l’éducation des Dames (1675), intese dimostrare con il rigore del metodo appreso dal maestro l’infondatezza dei pregiudizi sull’inferiorità femminile. Intanto, egli partiva dal presupposto che «Tout ce qui a été écrit par les hommes sur les femmes doit être suspect, car ils sont à la fois juge et partie» (una dichiarazione che Simone de Beauvoir scelse come epigrafe per il suo Le deuxième sexe), e che «De tous les préjugés, on n’en a pas remarqué de plus propre à ce dessein que celui qu’on a communément sur l’inégalité des deux sexes». Quindi “retrocedeva” nella sua analisi fino all’inizio dei tempi, ripercorrendo le teorie degli autori più autorevoli (in particolare Aristotele e i testi sacri), dei quali nulla accoglieva in modo acritico, alla scoperta dell’origine di tali pregiudizi, che egli individuava nella sola superiorità fisica maschile. Poullain fu così il primo ad applicare il metodo cartesiano all’analisi dei processi storici e sociali, e svolgendo con rigore speculativo il dualismo tra anima e corpo concludeva che «lo spirito non ha sesso»: tutti i difetti più comuni attribuiti al sesso femminile, come l’incostanza, la malizia, la superstizione, l’avarizia, l’eccessiva loquacità, erano da imputare esclusivamente alla mancanza di educazione.
Consigliava quindi alle donne di riprodurre in loro stesse il medesimo procedimento da lui applicato alla storia, al fine di affrancarsi da tutte le opinioni misogine che condizionavano i loro giudizi: invece di iniziare a imparare ciò che ritenevano di ignorare, scriveva, avrebbero dovuto adottare il metodo opposto di dimenticare ciò che già avevano appreso e ricominciare quindi a ragionare su tutto, osservare ogni cosa, non fidarsi dei modi di dire e delle parole, poiché il Cielo aveva dato loro in dono la ragione per servirsene e non per sacrificarla, e la loro minorità era stata imposta con la violenza e la prepotenza. Consigliava alle donne quindi alcune buone letture, come la Logica di Port-Royal o il Discorso sul metodo e le Meditazioni metafisiche di Descartes, ribadendo però che nulla era tanto istruttivo quanto il grande «theatre du monde». La visione cartesiana del “corpo macchina”, che superava la fisiologia classica basata sugli “umori naturali” e liberava da essi la mente, aveva cominciato a produrre i suoi frutti anche per le donne.