Francesco Mastrogiovanni, detto Franco, era bollato come “noto anarchico” fin dal 1972, quando, appena ventenne, si era trovato suo malgrado coinvolto nella rissa che costò la vita al giovane Carlo Falvella, vicepresidente del FUAN di Salerno. La colpa di Franco? Aver ricevuto una coltellata da Giovanni Alfinito, amico della vittima. Nonostante, secondo tutte le testimonianze, Mastrogiovanni non avesse avuto alcun coinvolgimento nello scontro, scontò comunque nove mesi di pena detentiva.
Il maestro più alto del mondo
Quella prima, grossa ingiustizia segnò in qualche modo lo spirito di Franco Mastrogiovanni. Tuttavia, fatta eccezione per gli sporadici episodi depressivi che si presentavano di tanto in tanto, la sua vita procedeva piuttosto pacifica. Era diventato maestro elementare, ed era molto amato dai suoi alunni che, a causa del suo metro e novanta di altezza, lo avevano soprannominato “il maestro più alto del mondo”. Non aveva figli, ma una nipote, Grazia Serra, che lo ammirava molto e che ancora oggi conserva di lui un ricordo speciale.
Nulla, insomma, che giustificasse i due TSO (Trattamento Sanitario Obbligatorio) a cui era stato sottoposto, nel 2002 e nel 2005. Nulla, eccetto quel marchio di “noto anarchico” che, a conti fatti, non aveva meritato.
Il terzo TSO
Nell’estate del 2009, Mastrogiovanni si trovava a Pollica, nel Cilento, dove era solito trascorrere le ferie. Il sindaco del paese era Angelo Vassallo, lo stesso che, nel 2010, morì a sua volta in circostante misteriose, probabilmente per mano della camorra.
La notte del 30 luglio, il maestro viene avvistato mentre percorre in auto l’isola pedonale. Un gesto indubbiamente bizzarro e pericoloso, per il quale, in condizioni normali, il massimo della pena sarebbe una multa salata. Tanto basta, però, affinché Angelo Vassallo firmi l’ennesima ordinanza di TSO ai danni di Francesco.
Mastrogiovanni scappa. Si getta in mare, dove viene letteralmente ripescato dai carabinieri, che lo portano all’ospedale di Vallo della Lucania. Questo malgrado Franco si sia lasciato sfuggire, durante l’arresto, una richiesta inquietante e profetica: “Non mi portate a Vallo, perché là mi ammazzano”.
Telecamere di sicurezza
Franco Mastrogiovanni viene ricoverato in psichiatria. Una volta varcata la soglia dell’ospedale, qualsiasi racconto diviene superfluo. E per una ragione ben precisa. Le telecamere di sicurezza della struttura hanno ripreso tutto quanto è accaduto durante il ricovero, durato circa quattro giorni. Sono quelle registrazioni a raccontarci la storia. Di come Mastrogiovanni fosse sereno e collaborativo. Di come si fosse addirittura messo a chiacchierare con un infermiere, consumando quello che sarebbe stato il suo ultimo pasto.
Poi, l’orrore. Mastrogiovanni si addormenta, e gli infermieri ne approfittano per legarlo al letto. Quando si sveglia, l’uomo urla. Viene dapprima ignorato, poi sedato. Per quattro giorni, Franco Mastrogiovanni resterà legato mani e piedi a quel letto, imbottito di psicofarmaci e nutrito soltanto con il contenuto di una flebo. In un’occasione, riesce ad avvicinarsi una bottiglietta d’acqua alle labbra usando i piedi, e a bere. Dorme, si agita, poi dorme di nuovo. Gli infermieri gli mettono addosso un pannolone. Uno di loro, in un gesto di pietà neanche lontanamente sufficiente, gli asciuga il sudore dal corpo con un’asciugamano.
Franco perde sangue dai polsi a causa dei legacci troppo stretti. Gli infermieri si limitano a pulire, indifferenti. Alcuni medici entrano in camera per visitare il suo compagno di stanza. Vedono Franco, lo ignorano. La nipote, preoccupata, tenta di fargli visita. Le dicono che lo zio sta bene, ma che sta dormendo, non la lasciano entrare.
La mattina del 4 agosto, dopo 87 ore di martirio, il cuore di Franco Mastrogiovanni cede. Il maestro muore. Medici e infermieri si accorgono del decesso solo qualche ora dopo. Slegano il defunto, avvolgono il corpo in un lenzuolo e lo portano via. Tutto qui.
Una tragedia dimenticata
Le prove sono sotto gli occhi di tutti, eppure nessuno pagherà per questa morte atroce. Sei medici ed undici infermieri sono accusati di sequestro di persona, ma nessuno di loro vedrà mai la galera. Quanto accaduto a Mastrogiovanni viene dimenticato in fretta, così come è avvenuto per tutti gli altri decessi dovuti alla discussa pratica del TSO.
Non tutti, però, dimenticano. Alcuni noti programmi televisivi rompono il silenzio sulla tragedia di Franco Mastrogiovanni. E, nel 2015, la regista Costanza Quatriglio utilizza le registrazioni delle telecamere di sicurezza per realizzare il docufilm “87 ore”, dedicato a Franco.

Affinché la visione cruda del dolore si imprima nelle menti spesso indifferenti del pubblico. Affinché nessuno più dimentichi.