Franco Angeli e la Scuola di piazza del Popolo

Una retrospettiva che presenta il percorso artistico del creativo che fa parte del gruppo della Pop Art italiana

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Franco Angeli
Franco Angeli, "Of America", 1966

Dall’8 dicembre al 26 marzo 2023, il WeGil di Roma, hub culturale della Regione Lazio a Trastevere, ospita la mostra retrospettiva FRANCO ANGELI –Opere 1958-1988. L’esposizione, realizzata da LAZIOcrea, è curata da Silvia Pegoraro e nasce da un’idea del gallerista e collezionista Aldo Marchetti. Un’iniziativa promossa in collaborazione con l’Archivio dell’artista, presieduto dalla figlia Maria Angeli con l’obiettivo di promuovere la conoscenza del talento romano. Ha operato a partire dalla seconda metà del XX secolo.


Vasco Bendini, dall’Informale all’Arte povera


Cosa caratterizza l’opera di Franco Angeli?

La mostra intende, quindi, configurarsi percorso antologico, attraverso 74 opere uniche di Angeli, tra cui molti interessanti inediti, tutte provenienti da collezioni private. Dagli esordi informali del 1957-58 al figurativismo geometrico e metafisico degli anni ’80, sino al 1988, anno della sua scomparsa. Franco è una figura chiave di quella nuova generazione di pittori romani venuta impetuosamente alla ribalta all’aurora degli anni ’60. Una generazione artistica “di maturazione precoce e con caratteri più organici e compatti delle due precedenti”, come scrive all’epoca il Critico Cesare Vivaldi. Si sofferma in particolare proprio sul talento e Tano Festa e Mario Schifano. Meglio caratterizzano la cosiddetta “scuola di Piazza del Popolo”, spesso confusa con quella che viene definita erroneamente Pop Art italiana.

Lo stile di Franco Angeli

La pittura di Angeli è inizialmente influenzata, alla fine degli anni ’50, dall’espressività materico-gestuale dell’Informale per poi volgere al monocromo. Quindi rende la tela simile a uno schermo quasi neutro, appena animato da segni leggeri, da lievi vibrazioni luminose e da simbologie appena leggibili in trasparenza. La velatura del soggetto, per mezzo di garze, collant di nylon e tulle, diventerà per Angeli, nella prima metà degli anni ’60, un nodo stilistico e tematico centrale. Si raccorda al senso della politica e della storia italiana e romana in primis. Evocando le forme e i simboli del passato, supera il movimento riportando la Pittura alle sue apparenze figurali, seguendo la via della “metafisica dentro la fisica” indicata da De Chirico e Savinio. Si farà poi evidente nelle opere degli anni Ottanta.

L’artista e la vita di strada

Per Angeli l’esperienza artistica è un’azione nel presente, ma radicata nel territorio della memoria. “I miei primi quadri sono la testimonianza del contatto quotidiano con la strada. Vidi i Ruderi, le Lapidi, simboli antichi e moderni come l’Aquila, la Svastica, la Falce e Martello, obelischi, statue, Lupe Romane sprigionare l’energia sufficiente per affrontare l’avventura pittorica”. Una sorta di iconosfera urbana che rievoca iscrizioni ancora presenti su alcuni muri romani che nel suo immaginario divengono simboli di araldica intensità e forte impatto visivo. Immagini in grado di rappresentare la dimensione pubblica e civile del suo messaggio artistico e poetico.

Franco Angeli e gli avvenimenti sociali

In particolare, nelle opere della fine degli anni ’60 e ’70, Angeli esprime “una volontà di trasformazione e di lotta”. Carica la sua pittura di intensa partecipazione agli avvenimenti politici e sociali, dal colpo di stato in Cile alla guerra del Vietnam. Tratta le proteste studentesche al golpe militare in Argentina, fino al rapimento di Aldo Moro e alla strategia della tensione. A partire dal decennio successivo Angeli si volge ancora indietro e nelle sue tele compaiono gli aeroplani, ricordi dei bombardamenti della capitale nella Seconda guerra mondiale. Obelischi e piramidi a partire dal 1985 assumono sempre più di un ‘valore “plastico” e metafisico. Contro la società dei consumi della Pop Art americana, Angeli riporta alla memoria la città eterna con le sue stratificazioni culturali e il suo repertorio di immagini tipicamente italiano. “Nella febbre del dipingere” scrive Vivaldi, diviene scrittura privata di un sentire poetico delle cose.

Immagine da cartella stampa.