Francia – presidenziali 2017: Benoît Hamon e la scissione della gauche

Il vincitore delle primarie non riesce ad imporsi come il voto utile della sinistra e subisce la diaspora dei suoi a favore del centrista Macron considerato da molti l’unico in grado di scongiurare un’elezione di Marine Le Pen.

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Benoit Hamon: utopista o precursore?

L’exploit della vittoria contro il premier uscente Valls

Quando a luglio del 2016 Benoît Hamon annunciò la sua candidatura alle primarie del partito socialista, nessuno avrebbe scommesso che il candidato avesse una sola possibilità di essere eletto. Eppure sei mesi dopo mise KO ogni prognostico vincendo di larga misura (58,7%) e diventando di fatto, il candidato del partito alle presidenziali di maggio.

Classe ’67, Hamon ha solo 19 anni quando inizia la sua militanza nel partito socialista che lo porterà ad esserne porta parola per 4 anni (2008-2012) e due volte ministro durante la presidenza Hollande prima di essere allontanato dal governo nel 2014 a causa delle sue posizioni contrarie. Uomo di terreno, onesto ed ostinato ha, con il suo “progetto per la Francia”, portato un vento nuovo in questa presidenziale e rimesso al centro del dibattito la questione sociale con tre parole chiavi: futuro desiderabile, rottura con l’ortodossia e reddito di cittadinanza.

 

L’ottimizzo si, ma della ricchezza nazionale

“produrre, ottimizzare, accelerare la cadenza; si vive per lavorare o si lavora per vivere?” s’interroga Hamon. La ricchezza del paese non può più essere creata riproponendo politiche del passato che già si sono rivelate fallimentari. Occorre quindi affrancarsi dal sistema economico attuale in cui la ricchezza si concentra nelle mani di pochi ed innovare ponendo la priorità sul benessere delle persone e non più su quello delle aziende quindi portare gli interlocutori europei a riconsiderare gli indici di sviluppo in quanto la sola crescita del PIL non è affatto sinonimo di felicità “altrimenti la Germania non avrebbe una percentuale di povertà pari al 17% e in Cina ci sarebbe il 100%  di gente felice”. Occorre soprattutto effettuare una conversione ecologica dell’economia ponendo l’accendo sulle energie rinnovabili, ridurre la spesa del sistema sanitario dando alla prevenzione un ruolo preponderante e rivalorizzare il lavoro, aumentando il potere d’acquisto mediante la creazione di un reddito di cittadinanza.

 

Essere o  non essere… il voto utile

Un programma forse precursore ma dalle modalità di realizzazione confuse sopratutto in materia di finanziamento considerando i costi iniziali e gli impegni presi dalla Francia sulla diminuzione del debito pubblico che attualmente ammonta al 93.5% del PIL. Un programma che l’ex sindaco di parigi, Bertrand Delanoë ha persino definito “pericoloso” per la sua incapacità di “unire la sinistra”. Un programma che per il momento il presidente Hollande, pronto a tutto perché la Francia non cada nelle mani dell’estrema destra, si rifiuta di sostenere.

Benoit Hamon ha quindi 40 giorni per convincere della sua presidenziabilità, convincere un elettorato più vasto e conquistare, forse, il jolly dell’endorsement presidenziale. 40 giorni per riconggiungere l’aspirazione alla concretezza e fare prova di decisionalità dinanzi alle principali preoccupazioni dei francesi: la radicalizzazione crescente, la sicurezza interna, la disoccupazione, la sanità e le pensioni.