venerdì, Febbraio 7, 2025

Fatturazione elettronica: analisi e criticità

Banconote

Pur essendo passate appena tre settimane dall’entrata in vigore della fattura elettronica, possiamo  già fare un primo punto della situazione in merito a questo obbligo.

Per indole e per costituzione siamo abituati a prenderci sempre tempo e a rinviare quanto più possibile ogni tipo di scadenza, mentre potevamo preoccuparci del problema già mesi fa senza farci trovare impreparati, ma l’ingorgo ormai è di casa.

Ingorgo negli studi commerciali e di chi si preoccupa di provvedere alla trasmissione delle fatture elettroniche; ingorgo nei gestori dell’interscambio e delle pec; ingorgo presso gli uffici dell’Agenzia delle Entrate; ingorgo ovunque. Ovviamente la conseguenza più logica è spesso il ritardo nella trasmissione della fattura e tutto quello che ne deriva, oltre ai facili errori iniziali.  

Si poteva (e si può) fare qualcosa?

Gli errori e le illogicità di certe disposizioni di legge hanno sempre creato grossi ostacoli non solo ai contribuenti e ai cittadini, ma all’economia stessa. Siccome i “fruitori” delle leggi non possono fare niente, se non protestare e far sentire le proprie esigenze, le esigenze di tutta la popolazione, allora entriamo nel mondo dei sogni e pensiamo cosa si poteva fare (di meglio), senza voler per forza sostituirci ai nostri legislatori.

Però questi (i legislatori) avrebbero potuto fare prima un’attenta analisi della situazione italiana, ovvero dell’evoluzione informatica dei contribuenti italiani. Forse sono stati distratti dalla presenza di smartphone nelle mani di tutti gli italiani (c’è pure chi ne usa più di uno), e questo faceva credere, illudendosi, che eravamo pronti ad essere informatizzati per questioni più serie o, perlomeno, più importanti.

Alcuni dati interessanti

Da un rapporto dell’Istat del 2017 il 52% della popolazione italiana usa quotidianamente il computer, contro il 64%  della popolazione europea, ponendo l’Italia quale fanalino di coda in Europa.

Quindi, c’è un buon 48% della popolazione italiana che usa poco il computer o non lo usa affatto. Figuriamoci se poi usano la posta elettronica e, peggio ancora, la posta elettronica certificata (pec).

Se abbiamo l’accortezza di andare a scaricare la pec di una buona fetta di imprenditori (parliamo di piccoli imprenditori), vedremmo tanta di quella posta che arriva ormai abitualmente dagli enti pubblici (Inps, Agenzia della riscossione, Inail, Prefettura, Regione, ecc), anche per una multa per violazione del codice stradale, che il titolare della pec non solo non sapeva scaricare ma che non ne conosceva neanche l’esistenza. E’ vero che c’è bisogno di un po’ di cultura e di preparazione in merito, ma non si può imporla con una legge e le consequenziali sanzioni.

Allora, era necessario  fare dei “distinguo” ed escludere dall’obbligo, per il momento, quelle realtà economiche, diciamo, di sopravvivenza che avevano bisogno di entrare “gradualmente” nel contorto sistema della fatturazione elettronica. Questo avrebbe evitato la “propensione” quasi istintiva a non emettere fattura e, purtroppo, ad evadere ancor di più, anche nelle persone non propense.

Alcune criticità che stanno emergendo

Chi ha istituito tale obbligo, oggi non più al governo, baldanzosamente ha affermato, all’epoca, che avrebbe ridotto i costi di contabilità (e quindi verso gli studi professionali). In realtà il ricorso alle varie categorie professionali è esponenzialmente aumentato, per l’impreparazione a gestire questo nuovo adempimento, ingolfando ancor di più chi deve sottomettersi ai continui adempimenti. Anche la tanto decantata dichiarazione iva precompilata ha già da adesso delle pecche notevoli: si pensi alla detraibilità dell’iva, non uguale per tutti, alle spese che non passano per il sistema di interscambio, la registrazione nell’anno 2019 di fatture datate 2018, ecc.

Di conseguenza maggiori costi per le imprese e per i professionisti e maggior tempo da dedicare alla burocrazia.

Servirà veramente a ridurre l’evasione fiscale o porterà ad aumentarla?

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