venerdì, Marzo 29, 2024

Fascismo e Resistenza nella società e nella scuola di oggi

Il 25 aprile, Festa della Liberazione, celebrazione della lotta di resistenza partigiana contro fascismo e nazismo, è trascorso da pochi giorni e la sensazione che sia ha oggi, ripensando ad una settimana fa, è la stessa che le orecchie hanno dopo un’esplosione, quando sono assediate da un tappo di ovattato silenzio.
Spesso questa data è stata seguita nel paese, da un lato con gioia e commossa partecipazione, gratitudine quasi per quei pochi partigiani ancora in vita o con la tenerezza di un ricordo di un padre, un nonno, un amico che in quei giorni di 74 anni fa avevano combattuto per la libertà. Dall’altro la nostalgia degli assenti ha fatto sentire, anche quest’anno, la voce berciante e alta della bassezza della propria mancanza di coscienza come un ringhioso latrato d’ignoranza.

Storia e memoria secondo Alessandro Barbero

Lo storico Alessandro Barbero, nel suo intervento a Vercelli in occasione delle commemorazioni della Festa del 25 Aprile ha analizzato quella che dagli studiosi è considerata abitualmente una guerra civile, dove gli italiani, divisi tra Fascismo e Resistenza, si son trovati contrapposti tra loro, in difesa di interessi, valori e visioni del mondo differenti. Per questo motivo, lo storico piemontese, sembra comprendere e quasi giustificare le opinioni ed i dolori privati e la loro manifestazione pubblica di quelli che da quella lotta sono usciti vincitori e quindi, per dirla con Brecht “dalla parte della ragione”,  ma al tempo stesso sottolinea che la possibilità per gli altri di esprimere liberamente i propri pensieri e sentimenti gli viene offerta proprio dal fatto che ad uscire vincitrice dallo scontro tra Fascismo e Resistenza sia stata quest’ultima e che anzi ancor più liberamente possono esprimere la loro comprensibile nostalgia in quanto il primo è stato sconfitto.
Per lo studioso, infatti, corre una grande differenza tra memoria e storia. La prima, individuale, soggettiva, più o meno razionale o emotiva che sia è un insindacabile diritto di ogni persona, ma non è quella che lo storico può considerare una Verità oggettiva e scientificamente inattaccabile. La storia, pur essendo scienza dell’uomo, considera rilevanti, a torto o a ragione, il vissuto individuale del singolo solo in quanto espressione di un movimento dello Spirito collettivo e quasi esclusivamente rappresentativo di un più vasto senso comunitario.

Le opinioni ed i fatti

Se le opinioni su Fascismo e Resistenza posso essere, dunque, differenti e anche duramente contrapposte le une alle altre, i fatti su cui queste opinioni si fondano sono incontrovertibilmente l’unica datità a cui si possa fare riferimento. I corsi ed i ricorsi della storia, l’Eterno Ritorno dell’Identico negli avvenimenti umani riguarda esclusivamente i fatti e solo in base a questi si può conoscere il passato, analizzare il presente e, approssimativamente e tendenzialmente, organizzare o prevedere il futuro. Solo guardando oggettivamente a quello che è successo si può capire quello che sta succedendo.

Attuale contesto politico e sociale

Il 25 Aprile 2019 è stato preceduto ed accompagnato eventi più o meno rilevanti che è necessario considerare, anche solo nominandone alcuni, per capire quell’esplosione ed il susseguente silenzio. Lo striscione con il quale i tifosi della Lazio in Corso Buenos Aires a pochi metri da Piazzale Loreto hanno tributato “onore a Mussolini”, le magliette con la foto di Anna Frank usate per dileggiare la squadra avversaria (tanto in Italia quanto in Europa), il rogo della statua dedicata alla staffetta partigiana Giulia Lombardi, le offese antisemite contro Gad Lerner a Prato poche settimane fa in occasiona dell’anniversario della fondazione dei Fasci di Combattimento o le offese alla senatrice Liliana Segre dopo un suo discorso al Senato, lo sdoganamento della Festa della Liberazione da parte dei due partiti di maggioranza governativa che non vedono differenza alcuna tra “destra e sinistra” o che riducono la Festa del 25 Aprile ad “un noioso derby tra fascisti e partigiani” o ancora, a livello di “grande storia”, la continua avanzata dell’estrema destra in Italia ed in Europa, da Casa Pound a Vox, dal Front Nacional all’AFD (Alternative für Deutschland) sono solo alcuni dei fatti sui quali con più attenzione sarebbe necessario riflettere, considerando il presente in funzione della memoria (storica) del passato.

Il figlio del secolo – la prospettiva Scurati

Antonio Scurati, con il suo “M – il figlio del secolo”, ha provato, in maniera non tanto nascosta a mostrare le analogie tra l’avvento ed i primi anni del Fascismo e l’attualità politica e sociale del nostro paese. Il libro di Scurati presenta la cronaca politica del tempo, rinunciando, per una scelta narrativa, ad uno sguardo più amplio della società tra le due guerre mondiali.
Spero di non essere profeta di sventura, ma leggendo il testo di Scurati e osservando, da un punto di vista puramente soggettivo al mondo intorno a me, credo di poter prevedere un eventuale ritorno a forme di governo e di organizzazione statali di stampo fascista da qui a quattro o cinque anni, per essere più precisi, quando i ragazzi che oggi frequentano il terzo anno della scuola media avranno diritto al voto.

Giornale scolastico

Capita, su antiche lavagne nere, con antichi strumenti come chiodi arrugginiti, nella mia scuola almeno, di veder incisi antichi simboli come la svastica. Capita che alcuni bambini che frequentano il primo anno e che non sanno nulla di Carlo Magno, ossia del periodo storico che dovrebbe loro competere come oggetto di studio, o altri che ignorino un passato a loro più prossimo (sia questo rappresentato dall’attacco alle Torri Gemelle del 2001, o la caduta del Muro di Berlino nel 1989, o le stragi di mafia degli anni ’90 o quelle del terrorismo), chiedano con insistenza ed innocente ed affascinata curiosità di Adolf Hitler, in alcuni casi sostenendo che sia ancora vivo o potrebbe anche tornare, quasi fosse un nuovo Messia. Capita di sentir ridere durante la proiezione de “L’uomo che verrà” sulla strage di Marzabotto o quando vengono presentati i numeri dei massacri bellici o dello sterminio attuato dai nazisti. Capita di vedere braccia tese che romanamente salutano l’ingresso del professore in classe. Capita di sentirsi raccontare di aver assistito o subito episodi di razzismo da parte di ragazzi di dodici anni, nati in Italia da genitori tunisini o marocchini o albanesi. Capita che si ignori tutto questo ed altro ancora.

Politiche scolastiche

La visione aziendalistica della società e della scuola, fondata sul modello angloamericano ed importata negli anni ’90 in Italia, ha progressivamente portato a misurare il valore di un istituto scolastico, non sulla capacità di formare, istruire, educare i ragazzi (e di valutare gli eventuali conseguenti risultati in tal senso), ma in base a logiche manageriali, di gestione del budget, di osservanza di normative e procedure, di calendarizzazione di corsi di formazione su sicurezza e privacy ed altri mille aspetti sicuramente importanti, ma secondari rispetto alla funzione pedagogica che una scuola dovrebbe avere. In alcuni casi la scuola è il luogo di formazione del corpo docente e di deformazione di quello discente.

Scuola e società

Tutto cade verso il basso, anche le responsabilità e le colpe. I docenti sono così accusati di mancare al loro compito formativo. Ai genitori si imputa spesso di essere troppo arrendevoli nei confronti dei figli e delle loro richieste. Le famiglie, prostrate da una realtà per i padri e le madri sempre più frustrante, abbandonano le speranze di vedere nella scuola uno strumento di riscatto e crescita e considerano questa istituzione solo un magazzino dove conservare i figli durante le ore di lavoro, confidano che anche per il dirigente scolastico sia così, che la scuola non sia che un deposito di ragazzi di cui sia egli, insieme al corpo docente, disposto a prendersi cura, per almeno tre anni, per cinque ore al giorno e che a garanzia dell’accordo ci sia una promozione concessa anche a chi non la meriterebbe.

La posizione del governo

Nel frattempo il Governo, seguendo come indicato anche dai COBAS della scuola una tendenza che risale ai governi precedenti, guida e segue questa tendenza sociale. Tornando alla riflessione su Fascismo e Resistenza, oltre alla proposta della soppressione della traccia di storia un aspetto spesso trascurato e che perfettamente si inserisce in quanto sopra esposto, non è se e come la conoscenza di questa disciplina venga valutata, ma il modo in cui questa viene insegnata ed appresa. La storia, magistra vitae, passa in secondo piano nella formazione dello studente mentre si valuta la possibilità di reintrodurre la leva, per insegnare il rispetto di ordine e disciplina ai giovani d’oggi, ed il ritorno dell’educazione civica nelle scuole, una proposta questa per molti aspetti ammirevole, se non fosse che a proporla sono personaggi che non hanno alcun rispetto della Festa della Liberazione, portano avanti idee razziste, che sono molto tolleranti con chi apertamente si professa nostalgico del Ventennio e che in più occasioni ha dimostrato scarso rispetto della Carta Costituzionale e delle Istituzioni.

Discussioni in sala professori

Quando nelle discussioni con i colleghi faccio presente che trovo incredibile ed un po’ allarmante che dei ragazzi di undici anni, che dovrebbero conoscere il Medioevo, mi chiedano informazioni sul nazismo o sul fascismo, mi vien spesso risposto che ciò succede perché è questa la storia a loro più prossima, ma non ricevo mai una seconda risposta quando faccio notare che seguendo questo principio dovrebbero conoscere anche Gandhi, Kennedy, Walesa, Falcone di cui, invece, spesso ignorano le storie. A quei pochi che rispondono che la Seconda Guerra mondiale e i totalitarismi sono comunque i principali eventi storici del secolo scorso, non posso non ricordare che il finale di quel triste film, ossia la riconquista della libertà e la Resistenza, è quasi completamente ignorato dagli studenti quasi.

I testi scolastici

Nei testi scolastici, sono dedicati interi capitoli al fascismo, al nazismo, allo stalinismo, ma raramente si spiega perché durante il biennio rosso milioni di persone hanno seguito un altro ideale, intere nazioni, poi occupate dai nazisti abbiano scelto un’ideologia diversa. Raramente si spiega quale filosofia guidava le altre parti politiche, quella liberale, comunista, cattolica o altre ancora. Si sa tutto sull’impianto razzista, autarchico, antibolscevico, imperiale, del fascismo, sulle sue più o meno celebrate bonifiche e opere pubbliche, sull’espansionismo coloniale e pochissimo o nulla su quale posizione avessero i cattolici nella politica di quegli anni, cosa desiderassero i liberali, come veniva visto e vissuto lo sviluppo del sistema capitalistico o la rivoluzione russa dalle masse dei contadini e degli operai, perché il biennio rosso sia stato considerato così pericoloso da parte della politica italiana da vedere nel fascismo, in alcuni casi, una dolorosa ma necessaria alternativa, mentre in altri si sia persino giunti a considerare Mussolini “l’uomo della Provvidenza”, si ignora cosa sostenessero gli intellettuali che si opponevano al fascismo o come trascorresse la quotidianità degli oppressi.

Conclusioni

Risulta così comprensibile che per gli studenti il 25 Aprile più che la Liberazione sia la festa in cui si celebra la fine del fascismo, quasi fosse l’anniversario della morte di un grande uomo e non la nascita di un paese nuovo e rinato. Non stupisce che tra Fascismo e Resistenza, conoscendo gli studenti molto del primo e quasi nulla della seconda, si diffonda più facilmente l’interesse per il primo e la fascinazione che da quel momento deriva, più che l’entusiasmo per le gesta di avventurosi briganti, moderni pirati, che dai monti alle valli portavano la guerriglia contro “il re cattivo”. È naturale che si voglia conoscere qualcosa di più del regime se una scuola programma per la gita di fine anno una visita al Vittoriale invece di confermarne, come era accaduto per anni, una a Marzabotto. Non sorprende che durante le celebrazioni del 27 Aprile organizzate per le scuole, non ci sia stato un solo minuto di commosso silenzio, di partecipato rispetto o semplicemente di buona educazione per la cerimonia e che la partecipazione delle varie classi si sia fatta più forte solo quando per due o tre volte, la banda del paese, ha cominciato a suonare “Bella Ciao”, colonna sonora de “La casa di carta”.
La sola speranza è che la storia, se si dovrà ripetere, si ripeta solo come farsa.
La sola speranza è che si sia ancora in tempo e sia ancora possibile dire: “Istruitevi, perché avremo bisogno di tutta la nostra intelligenza”


Vittorio Musca
Vittorio Musca
Sono Vittorio Musca, ho 39, sono originario di Torchiarolo, in provincia di Brindisi e vivo a Bologna anche se negli ultimi anni per studio o lavoro ho vissuto in Norvegia, Polonia, Repubblica Ceca e Germania. Ho conseguito due lauree. La prima in Scienze Politiche e la seconda in Lettere. Parlo inglese, italiano, spagnolo, tedesco e polacco. Mi piace leggere, prevalentemente classici della letteratura e della filosofia o libri di argomento storico, suono il clarinetto e provo, da autodidatta ad imparare a suonare il piano. Mi piacciono il cinema ed il teatro (seguo due laboratori a Bologna). Ho pubblicato un libro di poesie, "La vergogna dei muscoli, il cuore" e ho nel cassetto un paio di testi teatrali e le bozze di altri progetti letterari. Amo viaggiare e dopo aver esplorato quasi tutta l'Europa vorrei presto partire per l'Africa ed il Sud Est asiatico, non appena sarà concluso l'anno scolastico, essendo al momento impegnato come insegnante. I miei interessi sono vari (dalla letteratura alla politica, dalla società al cinema, dalla scuola all'economia. e spero di riuscire a dedicarmi a ciascuno di essi durante la mia collaborazione con peridicodaily.

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