Erving Goffman: il modello drammaturgico

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Studioso canadese ( naturalizzato statunitense) Erving Goffman (1922-1982). Il suo primo libro “La vita quotidiana come rappresentazione” (1959), è il testo fondamentale per la sociologia generale dove il sé è un prodotto sociale , una persona è l’immagine delle sue interazioni con gli altri.

GOFFMAN E I MALATI MENTALI

Nel libro Stigma (1963) scrive degli individui devianti che continuano a conservare la propria identità anche nelle loro condizioni. Per questo Goffman viene considerato come il fondatore della “sociologia del dimenticato”. Riescono a conservare un proprio senso di identità anche in condizioni estremamente complicate e ostili. Anche per questo si è parlato di Goffman come del fondatore della “sociologia del
dimenticato”. Per lui la malattia mentale “costituisce un ruolo sociale al pari di ogni altro, e il manicomio è un luogo nel quale le persone “imparano” come essere dei malati mentali.” Il sociologo voleva dimostrare che i malati mentali utilizzavano diverse strategie per mantenere tale identità.

IL MODELLO DRAMMATURGICO

Ne La vita quotidiana come rappresentazione Goffman il comportamento umano rientra in un contesto teatrale dove gli uomini e le donne comuni interpretano i loro ruoli nel mondo reale. Il “modello drammaturgico” come metafora. Ognuno di noi inscena immagini da mostrare a chi sta intorno a noi .Molto importante per lui è la “gestione delle impressioni”, cioè come gli individui “orientano le impressioni che gli altri si fanno di loro”.


“Ribalta” e “retroscena” per Goffman

. La ribalta è “quella parte dell’interpretazione di un individuo che funziona in modo prefissato per definire la situazione a beneficio di coloro che osservano la rappresentazione”. La ribalta è tutto quello che viene visto dagli attori mentre l’attore recita cioè una manipolazione della platea. Il retroscena, invece, è un luogo chiuso e nascosto agli spettatori dove si gestisce la gestione delle impressioni. Dietro le quinte l’interprete può finalmente riposarsi e togliersi la maschera.

AZIONI SOCIALI SECONDO GOFFMAN

 Ogni atteggiamento umano dipende dagli scenari e dalle relazioni che viviamo. Modifichiamo in continuazione la nostra immagine quando ci relazioniamo con il mondo. Tendiamo sempre a manipolare ciò che gli altri penseranno su di noi. Cerchiamo sempre di ottenere un immagine positiva nei confronti degli altri. Ognuno di noi cerca di trasmettere un’immagine pubblica di sé che vuole mostrare agli altri.  “Le persone cercano di apparire autentiche, senza far sorgere l’impressione che il loro comportamento sia frutto di artificiosità.” Erving Goffman


Le dinamiche della sociologia di Pierre Bourdieu

LA MASCHERA DI GOFFMAN

Per Goffman, la personalità è composta dalla somma delle diverse “maschere” che mettiamo in scena per tutta la vita. Socrate disse “La vita è una rappresentazione teatrale”. Per poter dare un’impressione positiva bisogna avere abilità (sociali) drammatiche, costumi e oggetti di scena. Mentre recitiamo i nostri commenti ed espressioni modellano l’opinione che gli altri hanno di noi. Le nostre vite cercheranno di adattarsi al meglio al personaggio, finché ” non viene fermata la rappresentazione” e siamo obbligati a toglierci la maschera. «Posso solo suggerire che chi vuole combattere la falsa coscienza e destare la gente ai suoi veri interessi ha molto da fare, perché il sonno è molto profondo. Ed io non intendo fornire una ninna-nanna, ma semplicemente entrare furtivamente e osservare il modo in cui la gente russa.» Erving Goffman