giovedì, Aprile 18, 2024

Elezioni Israele 2021: chi sarà il Kingmaker più astuto

In Israele le elezioni del 23 marzo 2021, le quarte in meno di tre anni, hanno aperto una crisi politica senza precedenti. Per scongiurare la quinta consultazione, il presidente Rivlin ha incaricato il primo ministro Benjamin “Bibi” Netanyahu di formare una coalizione. O almeno di provarci. Un tentativo che sappiamo fallito, per svariati motivi. Che Israele si stia preparando a fare a meno di Bibi? Oppure, un governo Netanyahu è ancora possibile?

Elezioni Israele 2021: ancora Bibi?

Benjamin Netanyahu ha fatto terra bruciata attorno a sé. Ora, il leader di Likud ha capito che non riuscirà a formare una coalizione. Almeno, non dopo anni di promesse infrante e alleanze raggiunte al solo scopo di mantenere la sua leadership indiscussa. Eppure, Bibi non si dà per vinto. Tantomeno è disposto a rinunciare al mandato conferitogli dal presidente Rivlin. D’altronde, Benjamin Netanyahu è assuefatto al potere. Lo è da 16 anni. Per lui la carica di premier è un diritto acquisito, anzi. È nel suo DNA. Tanto che non potrebbe vivere da nessun’altra parte se non a Beit Aghion, all’angolo con Balfour Street. Assieme alla moglie Sara. Eppure, sembra che ci si voglia liberare di lui. Perfino il Presidente sembra ansioso di passare l’incarico a Yair Lapid, il leader di Yesh Atid.

La fine di un’era?

Tuttavia è presto per pensare a un post Netanyahu. Di certo, il leader di Likud non abbandonerà la scena politica senza lottare. Ammesso che succederà. Ora che non ha più nulla da perdere, ma tutto da guadagnare, Bibi passa al contrattacco. Adesso che ha una strategia, cercherà di giocare al meglio le sue carte. Del resto, Netanyahu è consapevole del fatto che un governo con Ra’am, la Lista araba unita, non sia più un’opzione. Al contrario, una coalizione con il partito musulmano sarebbe sì la sua rovina, politicamente parlando. Quindi, Netanyahu cercherà di far passare un provvedimento per l’elezione diretta del primo ministro. “Non abbiamo bisogno di Ra’am“, ha dichiarato. “Abbiamo bisogno di un’elezione diretta per formare un governo“. Una proposta che potrebbe passare, però, solo col sostegno di Naftali Bennett.


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Il Kingmaker alle elezioni di Israele 2021

Il che equivale a entrare nella tana dell’orso. Proprio il leader di Yamina, infatti, rappresenta la più grande minaccia per la leadership di Netanyahu. Finora, Bennett si è comportato da vero Kingmaker. Da una parte ha sostenuto Netanyahu nei suoi attacchi al capo del Partito Sionista Religioso, Bezalel Smotrich. Dall’altra, non ha escluso la sua partecipazione a un governo di unità che sia conforme ai suoi valori. Sebbene riferisca che un esecutivo di destra sia ancora la sua preferenza, il leader di Yamina sarebbe disposto a creare un’alleanza “per il bene del Paese”. In questo caso, il principale sparring partner sarebbe proprio Yair Lapid, il leader di Yesh Atid. Quindi, mentre è lecito prevedere che Netanyahu spenderà gli ultimi giorni del suo mandato per attaccare dialetticamente i suoi rivali, Naftali Bennett getterà le basi per il suo ingresso in politica. Da leader.

Tu quoque Brute

In realtà, questo progetto di Bennett è in corso da mesi. La settimana scorsa il Kingmaker ha rivelato per la prima volta quale sia il suo pensiero. Più precisamente, il leader di Yamina ha spiegato che un’elezione diretta per il primo ministro sarebbe come “Gettare miliardi nella spazzatura“. Poi, ha accusato Netanyahu di “Tenere in ostaggio Israele“. Una pugnalata alle spalle per Bibi. Soprattutto perché senza il sostegno di Yamina, il Premier non avrebbe una maggioranza alla Knesset che approvi il disegno di legge. “Israele ha bisogno immediatamente di un governo funzionante e stabile“, ha aggiunto Bennett. E ancora. “Il popolo di Israele è stanco di combattere e vuole un governo che lavori per loro“. Un’opinione condivisa da Yair Lapid, il quale aveva definito l’elezione diretta una “tattica di stallo” di cui il Pese non ha bisogno.


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Le accuse di Netanyahu

Dura la replica del primo ministro Benjamin Netanyahu. Dapprima Bibi ha insinuato che Bennett abbia “Fatto tutto il possibile per impedire la formazione di un governo di destra e abbia concluso invece un accordo di governo con il leader di Yesh Atid Yair Lapid“. Questo, “Con il sostegno della Joint List, nonostante avesse solo sette seggi” e “A causa della sua ambizione personale di diventare primo ministro“. Dopodiché, Netanyahu ha accusato il Kingmaker di essere “Pronto ad assassinare la destra“. Infine, Bibi ha spiegato che un governo guidato da Bennett non sarebbe in grado di resistere alla pressione internazionale su questioni chiave per Israele. Prima fra tutte l’Iran e il suo nucleare. Insomma, un rancore comprensibile. Soprattutto perché Bennett aveva ammaliato tutti col suo fare da uomo non avvezzo alla politica. Anche Bibi.


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Elezioni Israele 2021: maggioranza di minoranze

Intanto, Bennett e Lapid si sono incontrati. Anche se ci si aspetta un nuovo vertice allo scadere del mandato di Netanyahu, il 4 maggio. I due leader avranno molto su cui discutere, visto il divario sulla possibile composizione di un eventuale governo. Ad esempio, come saranno distribuiti i portafogli. O chi dei due dovrà ricevere il prossimo mandato dal presidente Rivlin. Del resto anche il capo della fazione di Yamina, Ayelet Shaked, aveva chiarito che il partito avesse fatto il possibile affinché salisse una coalizione di destra. Ma alla conferenza dell’Associazione delle corporazioni municipali, Shaked aveva spiegato anche che una quinta elezione in poco più di due anni non sarebbe stata la soluzione. Eppure, Bibi non demorde. Tanto che nei giorni scorsi il Premier ha incontrato Smotrich per convincerlo a sostenere il disegno di legge presentato da Shas alla Knesset.

La lotteria dei seggi

Ma quando si tratta di affondare, sono tutti pronti ad abbandonare la nave. Lo sa bene anche Netanyahu, che cercherà di racimolare qualche vantaggio dall’istituzione della Commissione per gli accordi dopo aver perso il controllo dei relativi comitati. La Commissione nata la scorsa settimana avrà il compito di decidere la composizione dei pannelli parlamentari e definire l’agenda della Knesset fino al nuovo esecutivo. Mentre il presidente del comitato, Miki Zohar del Likud, convocherà una riunione oggi per eleggere i deputati ad interim, Bibi offrirà al presidente della Lista Araba Unita, Mansour Abbas, uno dei quattro posti come vice presidente della Knesset. Il tutto per ottenere il suo sostegno quando ci sarà da approvare il disegno di legge riguardante l’elezione diretta del primo ministro.


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La contesa alle elezioni di Israele 2021

La scorsa settimana Netanyahu era riuscito a raggiungere un’intesa con Bennett sui candidati che avrebbero costituito la Commissione per gli accordi. Il che non dovrebbe sorprendere. Come anticipato, il Kingmaker farà di tutto pur di consolidare la sua presenza nel futuro esecutivo. Magari ritagliando per sé il ruolo di premier, nonostante Yamina vanti solo sette dei 120 seggi alla Knesset. A sorprendere, invece, è stato il voto (contro Bibi) della Lista araba unita. “Solo coloro che accettano le nostre richieste otterranno il nostro sostegno“, aveva spiegato Abbas al termine della consultazione. Del resto, l’esponente di Ra’am non nutre particolari simpatie politiche purché lo si ascolti.

Due pesi quattro misure

Oltre ad Abbas, alla riunione convocata da Zohar si voterà per un esponente del Likud. Gli altri due, invece, faranno parte del blocco anti Netanyahu. Comunque sia, nessuno schieramento avrà la maggioranza dei vicepresidenti. Quanto all’elezione diretta del premier, se Abbas sosterrà l’accordo Yamina sarà il voto decisivo. Di certo, Bennett userà il suo voto sulla proposta dell’elezione diretta del premier per migliorare la sua posizione nei negoziati di coalizione con il blocco anti Netanyahu quando ne scadrà il mandato. Se Bibi è stato battuto in battaglia, però, non è detto che perda anche la guerra. Ragion per cui il Premier farà di tutto per trascinare la Lista araba unita dalla sua parte. Anche se significherà accostare due posizioni inconciliabili: da una parte Abbas; dall’altra il leader del Partito Sionista Religioso, Bezalel Smotrich. Una fazione chiave del blocco Netanyahu.


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Contorsionismi

Intanto, il camaleontico Bennett ha fatto marcia indietro su alcune sue promesse elettorali. Nella sua visione politica, superare alcune delle iniziali riserve potrebbe permettergli di “salvare la faccia” nel caso in cui il mandato di Netanyahu spiri senza portare a una coalizione, com’è probabile. Da una parte, Bennett potrebbe riversare le colpe sul leader del Partito Sionista Religioso Bezalel Smotrich, che si mostra fermo sulle sue posizioni. Soprattutto, nell’escludere una coalizione col sostegno di Ra’am (Lista araba unita). Dall’altra, stabilire una relazione con Abbas ora potrebbe tornargli utile in futuro, quando si tratterà di formare la sua coalizione nel post Bibi.

Il vero Kingmaker alle elezioni di Israele 2021

Al momento, il leader di Yamina ha rivelato al Premier Netanyahu che sarebbe disposto a entrare in una coalizione sostenuta da Ra’am quando si sono incontrati giovedì scorso a Balfour Street. Era la prima volta che Netanyahu invitava il suo rivale nella residenza di Gerusalemme da quando entrò in politica, nel 2012. Quindi, se Netanyahu avesse dedicato lo stesso tempo e le stesse energie per screditare Bennett (salvo poi implorare il suo sostegno) per accordarsi con Abbas, non avrebbe perso il controllo sui comitati parlamentari. Visto in questa prospettiva ci si chiede chi sarà davvero il Kingmaker: Naftali Bennett o Mansour Abbas?


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Elezioni Israele 2021: il blocco anti Bibi

Anche Yair Lapid si è accorto dell’enorme peso politico del piccolo partito antisionista. Tanto da iniziare a corteggiare il capo di Ra’am offrendogli un posto nel comitato finanziario della Knesset, la presidenza di un comitato per la lotta alla violenza nel settore arabo e un posto di vicepresidente della Knesset. Dal canto suo, il leader di Yesh Atid si sta comportando come se avesse già ottenuto il via libera dal presidente Rivlin. Nei giorni scorsi, infatti, Lapid ha incontrato i capi di Yisrael Beytenu, Labour, Meretz e di Joint List nel tentativo di costruire una coalizione. Oltre alla Lista araba unita (Ra’am). Del resto, il leader di Yesh Atid non darebbe mai il suo sostegno al disegno di legge sull’elezione diretta del premier. E per ovvie ragioni. Dal punto di vista di Lapid, una “Quinta elezione che paralizzerebbe ulteriormente il paese e continuerebbe a concentrarsi su Netanyahu“.

Nemici Amici

Dunque, il tempo stringe e Bibi non può permettersi errori. Almeno, non finché la posta in gioco è così alta e gli esponenti del suo stesso blocco hanno cominciato a guardarsi attorno. In tal senso, è rivelatore l’episodio accaduto lunedì durante il voto per la composizione della Commissione provvisoria e riguardante il leader di New Hope, Gideon Sa’ar. Le telecamere parlamentari hanno immortalato Sa’ar mentre strizzava l’occhio a uno dei ministri di Netanyahu, alle spalle del Premier. Sebbene il capo di New Hope on abbia mai rivelato a chi fosse indirizzato quel segno d’intesa, il segno d’intesa ha interessato i media israeliani. I quali avevano indicato come possibile destinatario il ministro delle finanze Israel Katz, che ha negato. E con veemenza. Che avessero ragione? Il dubbio rimane.

Uniti si perde

Il nostro punto di vista non è cambiato“, ha detto Sa’ar. “Ci sono due alternative: un governo di destra guidato da qualcun altro o un governo di unità nazionale che consentirà a New Hope di mantenere la sua visione del mondo“. E ha continuato: “Entrambe le opzioni sono migliori delle nuove elezioni, sia per la Knesset che solo per il primo ministro“. Mentre Benny Gantz, ministro della Difesa Benny Gantz nonché leader di Blu e Bianco, ha avvertito i suoi che la continua incertezza politica è pericolosa per Israele. “Se non ci uniamo tra noi, non saremo forti contro i nostri nemici“, ha spiegato Gantz. Queste parole hanno catturato i deputati di opposizione, ma non hanno convinto l’elettorato. Altrimenti il 10% dei seggi della Knesset, il parlamento monocamerale dello Stato ebraico, non sarebbe controllato dai partiti anti sionisti. Che basti un proclama per aggiudicarsi un governo?


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