In Siria si sono svolte delle elezioni farsa per confermare un presidente sanguinario. Ora al suo quarto mandato. Eppure, il voto strategicamente anticipato al 20 maggio per i siriani all’estero doveva rappresentare un’avvisaglia di quanto sarebbe accaduto. Inutili le obiezioni dell’Occidente. Per Bashar Al Assad, quelle “opinioni non hanno alcun valore”.
Elezioni farsa in Siria?
“Se votare facesse la differenza non ce lo lascerebbero fare“. Un pensiero alquanto pessimistico che viene attribuito al grande scrittore Samuel Langhorne Clemens. Meglio conosciuto con lo pseudonimo di Mark Twain. Eppure, mai concetto fu più vero per la Siria. Era dal 2011 che non si votava nel Levante. Più precisamente, da quando il popolo siriano era sceso nelle piazze, esasperato, per rivendicare maggiori diritti e libertà. Quelle manifestazioni sarebbe sfociate poi in una guerra civile devastante. Oggi, la Siria è tornata a protestare contro una farsa elettorale. Quasi sarebbe stato meglio non votare affatto. Quantomeno non si sarebbe illusa la popolazione. Alle presidenziali di mercoledì, circa tre milioni di persone a Idlib non hanno potuto esercitare il loro diritto di voto. Mentre il voto anticipato dei siriani all’estero può definirsi la lotteria dei brogli.
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L’ultima grande protesta
Mercoledì migliaia di persone si sono radunate a Idlib. Una città nord-occidentale della Siria ancora controllata dai ribelli. Lì, gli attivisti dell’opposizione sostenuti dagli Usa hanno protestato contro un’elezione presidenziale che ritengono illegittima. Brandendo bandiere nazionali, i manifestanti si sono incontrati nella piazza Al Saba Bahraat per sfogare la loro frustrazione. Non solo per i dieci anni di guerra. Ma soprattutto per le elezioni a cui non hanno potuto partecipare, perché vivono in un territorio gestito dai ribelli. “Naturalmente, sto sognando e desiderando di tornare a casa mia e nel mio paese“, ha detto Abu Shaheed all’agenzia The National. Nel 2016, era riuscito a fuggire da Darayya, alla periferia di Damasco, dopo un assedio governativo di quattro anni perché anche quella città era controllata dai ribelli.
Una testimonianza
Abu Shaheed e la figlioletta di tre anni hanno partecipato alla protesta di Idlib. I loro inni contro il regime del presidente siriano ripetevano quanto si sarebbe potuto leggere sui cartelli che li circondavano. Tra questi “La Siria è per noi, non per gli Assad“. E “Nessuna legittimazione per un criminale“. Come ha spiegato Shaheed, “Non c’è affatto credibilità” in Siria. “Il regime cerca di dipingere la sua immagine nella comunità internazionale dopo che le sue mani sono state macchiate di sangue“. Poi, ha osservato che la comunità internazionale non ha intrapreso alcun provvedimento serio per perseguire il presidente Bashar Al Assad per i crimini commessi contro il popolo siriano. “L’atteggiamento positivo è stato quello di fornire solo una parte dell’assistenza umanitaria alle persone colpite, ma non è sufficiente“, ha detto.
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Elezioni farsa in Siria: gli Usa
Gli Stati Uniti hanno detto che non riconosceranno il risultato delle elezioni. A meno che il voto non sia libero, equo, supervisionato dalle Nazioni Unite e rappresentativo della società siriana. Dal canto suo, l’Onu han riferito che non stava vigilando sullo svolgimento delle consultazioni, mentre esprime delusione per la mancanza di progressi verso la risoluzione del conflitto. In Siria, sono pochi coloro che sono disposti a mettervi piede per cercare di cambiare la soluzione. I coraggiosi o gli incoscienti. Nel frattempo, il presidente Bashar Al Assad votava a Douma, ex roccaforte dei ribelli riconquistata dal governo. Un centro dove si sospetta sia avvenuto un attacco chimico nel 2018, che ha provocato la morte di centinaia di persone. Dunque perché la maggior parte del Paesi NATO ha impedito ai siriani, tra cui quelli residenti in Italia, di votare nelle proprie ambasciate?
Al Assad
A Douma, Assad ha chiarito che per lui le opinioni degli Occidentali hanno “valore zero”. Intanto, quasi 400.000 persone sono rimaste vittime del conflitto scoppiato nel 2011 sulla scia delle rivolte arabe. Oltre 5 milioni e mezzo di siriani sono fuggiti all’estero, e quasi 7 milioni sono sfollati interni. Molti dei quali hanno abbandonato le aree controllate dal governo a favore del Nord-Ovest del Levante. Il territorio controllato dai ribelli. Questo è quanto successo anche ad Abu Alaa, che è stato sfollato da Homs cinque anni fa. Al National, Alaa ha spiegato che le elezioni avrebbero solo rafforzato la presa di potere del presidente sanguinario al-Assad. Visto che i due “sfidanti” alla presidenza non avrebbero avuto alcun peso politico. Si tratta dell’ex vice ministro degli affari parlamentari Abdullah Salum Abdullah, candidato del partito dell’Unione socialista; e di Mahmud Marai, il candidato dell’opposizione nazionale siriana.
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Elezioni farsa e crisi democratica
“Questa elezione ritarderà il nostro ritorno a casa perché allunga la vita del regime“, ha detto Alaa al National. “Chiunque venga eletto, (al-Assad, ndr) è coinvolto nella sofferenza della gente“, ha detto Alaa. Questo prima di esortare la comunità internazionale a venire in aiuto dei siriani. Alaa ha spiegato che anche chi avrebbe potuto votare ha subito forti pressioni da parte dei servizi di sicurezza del regime, affinché la preferenza ricadesse su Al Assad. Un dittatore al potere da più di due decenni. Ma come dicevamo poc’anzi, il popolo siriano è lasciato in balia degli estremisti. Che siano al governo o meno fa poca differenza. Come ha osservato Alaa, “Se c’è un organo internazionale che supervisiona le elezioni, condividerò ed esprimerò la mia opinione, ma come attivista del movimento popolare, verrei immediatamente arrestato“.
Cosa riserva il futuro
“La posizione della comunità internazionale (nei confronti delle elezioni, ndr) è stata debole e non ci sono state azioni decise per porre fine alle nostre sofferenze“, ha concluso Alaa. In merito è intervenuto Abd Alsalam Al Yusuf. Il direttore del campo di Al Taah, che ospita 230 famiglie siriane. Per lui, coloro che si sono uniti alle proteste erano liberi di esprimere la loro opinione. Come dargli torto? “Abbiamo passato due anni all’interno del campo. Tutti qui rifiutano le elezioni. Come eleggiamo chi ci ha abbandonato e ci ha messo in queste tende?“, ha chiesto Al Yusuf. “Non posso sostenere nessuno di questi candidati. Bashar Al Assad vincerà sicuramente“. Da 13 anni la Siria non ha un governo che sia espressione della volontà popolare. Mentre i voti vengono controllati dalle clientele e dalla malavita organizzata.
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C’é speranza per la Siria?
Se da una parte Abu Alaa vede un futuro incerto davanti a sé, salvo in caso di applicazione della risoluzione delle Nazioni Unite, Abu Shaheed ritiene che la Siria sia divisa tra le aree controllate dai ribelli e quelle controllate da Assad. “Non voglio un governo in cerca di potere. Voglio un governo che mi protegga“, ha detto al National. In questo contesto, anche le donne hanno svolto un ruolo importante nelle proteste. Soprattutto prendendo parte alle organizzazioni della società sorte dopo la conquista di Idlib da parte delle forze ribelli, nel 2015. “Ci aspettiamo che la disintegrazione sociale risultante dallo sfollamento forzato continuerà ad aggravarsi“, ha detto Susan Al Saeed. La coordinatrice del programma per l’empowerment politico. E ha aggiunto. “Oltre ad aumentare la sofferenza economica, ci aspettiamo anche un aumento della migrazione dalla Siria“. C’è ancora speranza per la Siria?
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