giovedì, Dicembre 5, 2024

Disturbo post traumatico da stress post violenza sessuale

Il cambiamento può avvenire in un battito di ciglia. La vita non è altro che un accavallarsi d’istanti. Ed è sufficiente un attimo per far sì che la nostra esistenza muti completamente. Possono intercorrere avvenimenti capaci di spezzare in due il fluire vitale. Di tracciare un linea netta tra prima e dopo. Quando a compiere quest’azione sono esperienze negative di diversa natura, ecco che può verificarsi una patologia particolarmente frequente. Il disturbo post traumatico da stress.

Che cos’è il disturbo post traumatico da stress?

In psicologia, si definisce “Trauma” qualsiasi evento capace di turbare la mente di una persona. Sconvolgendone i meccanismi che la governano. Mutando completamente il codice genetico da cui scaturiscono i pensieri e le riflessioni. I traumi possono essere di diversa natura. Alcuni sono indotti dall’ambiente. Dalla natura. Lo stesso terreno che ci accoglie è in grado di travolgere la nostra esistenza in maniera permanente. O quasi. Poiché per ogni problematica esiste un antidoto. O perlomeno, una pozione lenitiva. I traumi sono spesso sociali. Ossia, provocati da altre persone. Quando qualcuno minaccia la vita di un altro individuo, ecco che i/le due coinvolti/e si trasformano in carnefice e vittima. Quest’ultima continuerà a vivere la propria esistenza. Solo, in maniera differente.

Una frequenza interrotta

Potremmo definire così la vita di chi una persona affetta dal disturbo post traumatico da stress. Immaginate di ascoltare la radio. Magari stanno trasmettendo la vostra canzone preferita. Tutto d’un tratto, la frequenza s’interrompe. E comincia a propagarsi quel rumore di foglio accartocciato. Se dovessimo rappresentare il flusso esistenziale con una simbolo, di certo non si tratterebbe di una linea retta. Piuttosto, ci troveremmo di fronte a un tratto costellato da continui sussulti. Tuttavia, nel momento in cui si verifica un trauma, ecco che più che un sussulto si forma una rottura. Le quali crepe arrivano a frammentare l’intera persona. Corpo e mente si frammentano. E il tutto viene avvolto da un silenzio assordante. È come se da quel momento in avanti tutto si modificasse in maniera permanente.

Il soggetto colpito dal trauma comincerà a osservare il circostante in maniera differente. L’evento che l’ha colpito s’insidierà fra le sue sinapsi cerebrali. Influenzandone il funzionamento. In maniera più o meno diretta e sottile. Talvolta il mostro verrà alla luce come un fulmine a ciel sereno. Scaturendo nella persona vittimizzata una serie di reazioni aventi a che fare col panico e la paura. Non è tuttavia finita qui. Il demone tenderà altresì a introdursi nelle fessure della psiche. Rovesciando le dinamiche fisiologiche del cervello. Ed ecco che allora si rivive quell’avvenimento di continuo. Nessuno è in possesso di una macchina del tempo. Tuttavia, il disturbo post traumatico da stress sembra dotare le sue vittime di questo strumento. Proprio come se quegli attimi tragici potessero ripetersi all’infinito.


Giornata Internazionale contro la Violenza Sessuale nei conflitti


Violenza sessuale

Questa parte di articolo si concentrerà sulla patologia legata alla violenza sessuale. Chi ha avuto esperienza lo sa. Si tratta di una ferita che resta impressa a vita. E che trasforma quest’ultima in un letto di spine. Sul quale è difficile trovare una posizione appropriata, che ci protegga dalle punture. E in ogni caso, le punte saranno sempre tangibili. Le persone che si trovano a fare i conti con gli strascichi di una violenza sessuale possiedono una mente tormentata. Il peso di quel dramma si estende in ogni cellula del corpo umano. Non si limita all’immaginazione. Al contrario, causa una serie di sensazioni e sintomi psicosomatici di cui non è affatto semplice liberarsi.

Disturbo post traumatico da stress: come combatterlo

Eppure, non è possibile che l’unica alternativa a disposizione per le vittime di violenza sessuale sia un’esistenza di sofferenza. Dev’esserci un modo per estirpare questo demone dalla propria pelle. Per quanto questo si riveli enorme, non è pensabile che prenda il sopravvento su una vita intera. Ecco perché è fondamentale chiedere aiuto. Affidarsi a coloro che ci tendono la mano. Aggrapparla. E crederci fino in fondo. Convincersi che quella stretta sia sinonimo di vita. Di rinascita. Esistono diverse forme d’aiuto per uscire dalla violenza, e di conseguenza per sconfiggere il disturbo post traumatico da stress. Vediamone alcuni.

Il lavoro dei centri antiviolenza

Quando si subisce una violenza, la scelta migliore che si possa compiere è rivolgersi a coloro che s’impegnano quotidianamente al fine di sconfiggerla. I centri antioviolenza svolgono un lavoro accanto alle vittime a trecentosessanta gradi. Rivolgersi a questi luoghi di salvezza significa donarsi la possibilità di risorgere dalle ceneri. Proprio come una fenice, che luminosa dispiega le sue ali nel blu del cielo. Quando una donna viene presa in carico da un centro antiviolenza, comincia un percorso di fuoriuscita dall’abuso. Sia fisicamente, che mentalmente. Se il primo punto presenta varie difficoltà a seconda della situazione, per il secondo tutte le difficoltà risuonano in maniera più persistente. Il motivo, in genere, risiede proprio nella patologia di cui stiamo trattando. Il disturbo post traumatico da stress.

Le persone sopravvissute a uno o più episodi di stupro sono colpite da una serie di sensazioni psicofisiche da cui non è facile uscire. Si continua a percepire il peso dell’aggressore addosso. Il suo fiato sul collo. Come una minaccia che si rinnova ogni giorno. Ci si sente limitate. Nella propria quotidianità. Nel visualizzare il futuro, oltre che nel vivere il presente. Nella propria intimità. Si percepisce l’impossibilità d’innamorarsi. Non solo di un altro uomo, ma della vita in generale. Dunque, è necessaria un’assistenza. Una figura di riferimento che ci doni di nuovo la fiducia nell’esistenza. In questi edifici nei quali si combatte la violenza sono presenti persone capaci di tutto ciò. Di trasformare quelle macerie in un cuore ancora in grado di battere. Ecco perché è importante rivolgersi ai centri antiviolenza. Per smettere di sopravvivere. E iniziare a vivere.

Terapia EMDR

Il trauma si schianta contro gli scogli della nostra mente in maniera aggressiva. Non a poco a poco. Ecco un altro motivo per il quale quest’ultimo è così arduo da metabolizzare. A tal proposito, esistono una serie di tecniche di psicoterapia atte a facilitare il processo di assimilare lentamente l’esperienza e ciò che essa comporta. Una delle più congeniali è l’EMDR (Eye Movement Desensitization and Reprocessing). Quest’ultima, attraverso movimenti oculari e uno stretto rapporto con lo/la psicoterapeuta, riesce a reindirizzare il trauma. A spostare l’evento traumatico nello spazio e nel tempo. Facendo sì che il dramma corrisponda sempre più al passato. E non al tempo corrente. Solo così è possibile ricominciare a percorre il proprio cammino. Sentendosi al sicuro. Avendo la consapevolezza che ciò che è stato non è destinato a ripetersi all’infinito.

Psicoterapia cognitivo comportamentale

Sono ormai trascorsi quasi quattro anni da quando in Italia ha preso piede la campagna “#Iovadodallopsicologo/a”. La sua funzionalità è quella di combattere i numerosi stigmi che ancora oggi costellano il mondo della salute mentale. È utile far passare il messaggio che prendersi cura del proprio stato psichico significa tutelare la propria persona nella sua interezza e integrità. Molte persone considerano la psicoterapia come un lusso. Eppure, non è affatto così. Sottoporsi a un percorso psicoterapeuta significa mettersi in connessione con un’altra persona. La quale ci farà conoscere meglio noi stessi e il nostro vissuto. Anche quando esso è doloroso. Anzi, è proprio quando ciò che è stato ci tormenta, che è utile spegnere la sua fiamma. In modo da riaccendere quella del presente. Farla risplendere. E non lasciare mai più che si affievolisca.

Disturbo post traumatico da stress: contrarsi con la positività tossica è una battaglia quotidiana

“Poteva andare peggio”. “Tu hai la fortuna di poter parlare per chi non ce l’ha fatta”. Queste sono solo due delle frasi tossiche che vengono propinate alle vittime di violenza sessuale. Dunque, a persone che si portano dietro un passato traumatico in genere contornato da un disturbo post traumatico da stress. Abbiamo menzionato il fatto che questa patologia prevede la continua ricomparsa delle sensazioni vissute durante l’evento traumatico. Vi è un perpetuo rivivere l’accaduto. Tenendo a mente questo scenario, possiamo immaginare quanto la vita di una persona traumatizzata si possa rivelare un inferno. Ecco perché dobbiamo evitare frasi di lei/lui si è già verificato. Ed esistono fasi in cui si preferirebbe non essere più in vita, piuttosto che condurne una in condizioni precarie.

Possiamo quindi comprendere che la parola d’ordine sia “Comprensione”. La chiave per facilitare la fuoriuscita dal disturbo post traumatico da stress consiste nello stare accanto ai soggetti colpiti. Tendere loro la mano. Addentrandosi nei meandri della loro psiche nella misura in cui loro lo permettono. Senza forzare alcunché. E soprattutto evitando di sostituirsi alla loro mente. Credendo alle loro emozioni. Senza scansare quelle che temiamo di affrontare. È solo così che doneremo loro le ali della vita. In modo che possano di nuovo immedesimarsi nei panni di qualcuno che desidera respirare. E non di qualcuno che assiste al fluire del mondo in maniera passiva.

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