venerdì, Marzo 29, 2024

Crisi Yemen: il video dell’appello del Papa sul conflitto

La crisi in Yemen è stata ricordata da Papa Francesco nei saluti successivi alla preghiera dell’Angelus. Oltre che per i bombardamenti, infatti, la popolazione yemenita rischia di morire per fame o per colera in uno dei Paesi più poveri al mondo. Soprattutto dopo che la comunità internazionale ha dimezzato gli aiuti umanitari a causa della pandemia. Ma il pensiero del Pontefice si è esteso anche a tutte quelle persone vittime di soprusi e violenze. E ha voluto ricordarci un messaggio importante. Alla fine, un breve filmato del discorso di Bergoglio.

Crisi Yemen: quali le parole del Papa?

La crisi in Yemen deve concludersi quanto prima per Papa Francesco. Nel giorno che ha inaugurato il 2021, infatti, il Santo Padre ha affermato: “Esprimo dolore e preoccupazione per l’ulteriore inasprimento delle violenze nello Yemen che sta causando numerose vittime innocenti e prego affinché ci si adoperi a trovare soluzioni che permettano il ritorno della pace per quelle martoriate popolazioni“. E ha soggiunto: “Fratelli e sorelle, pensiamo ai bambini dello Yemen, senza educazione, senza medicine, affamati. Preghiamo insieme per lo Yemen“. Da cinque anni, oramai, la popolazione yemenita è stremata da un conflitto che ha causato la più grave crisi umanitaria al mondo. Oltre alle vittime dei bombardamenti, il mancato accesso all’acqua potabile ha diffuso un’epidemia di colera senza precedenti nel Paese. Il tutto nel silenzio della comunità internazionale.

Una guerra “in sordina”

Sono molteplici gli interessi in gioco nel conflitto yemenita. Soprattutto economici data la posizione geostrategica del Paese nel commercio del petrolio, con l’aggravante di complicazioni religiose. Infatti, quando il conflitto è iniziato nel 2015 l’Iran era determinato a proteggere le sue rotte petrolifere attraverso il canale di Suez alla volta del Mediterraneo. Avendo già il controllo di Ormuz, il più grande Stato sciita si sarebbe aperto un varco per il Mar Rosso passando per lo stretto di Aden. Ma le mire iraniane sono state frenate dalla coalizione araba guidata dall’Arabia Saudita sostenuta dagli USA. Infatti, i sauditi e loro alleati hanno imposto il blocco aereo e navale sullo Yemen come reazione all’espansionismo di Teheran. Almeno finché i gruppi terroristici dell’ISIS non si siano inseriti nel conflitto.

L’intervento dello Stato islamico

Sulla punta della Penisola arabica, lo Yemen è un territorio che fa gola a molti. In effetti, molte aree del Paese sono controllate da Al-Qaida (così chiamato in Yemen), il principale artefice degli attacchi terroristici all’estero. Quindi, l’ISIS ha approfittato della crisi per infiltrare i propri seguaci nel conflitto tra gruppi governativi e ribelli Houthi. In effetti, l’agenzia Al Arabiya ha documentato numerosi attacchi rivendicati dall’organizzazione jihadista salafita. Ad esempio l’attacco suicida alla città portuale di Aden nel dicembre 2016, nel quale sono rimaste uccise quasi cinquanta persone. Nel frattempo, diverse organizzazioni umanitarie hanno sollecitato l’intervento della comunità internazionale, che però sembra tollerare la situazione.

L’indifferenza internazionale

Il conflitto civile in Yemen sembra consumarsi nell’indifferenza generale della comunità internazionale, nonostante i numerosi appelli delle organizzazioni umanitarie. Già nel 2016, infatti, il segretario generale delle Nazioni Unite Ban Ki-moon aveva dichiarato: “La morte per fame utilizzata come arma rappresenta un crimine di guerra”. All’inizio del 2017 l’Onu era tornato a denunciare la drammaticità della situazione. All’epoca 14 milioni di persone, oltre metà della popolazione, viveva sotto la soglia della povertà. E due milioni erano a rischio di morte per fame a causa della grave carestia alimentare. Oggi quei numeri sono aumentati anziché diminuire.

Chi guadagna dalla crisi in Yemen?

I dati parlano chiaro. Dall’inizio del conflitto yemenita, l’industria bellica internazionale ha decuplicato i suoi proventi. Basti pensare che tra il 2015 e il 2019 l’Arabia Saudita è stata la maggior importatrice di armi a livello mondiale, con un incremento del 130% rispetto al quadriennio precedente. Mentre gli Stati Uniti hanno fornito al conflitto yemenita circa il 73% degli armamenti e il Regno Unito un 13%. Anche l’Italia può dirsi coinvolta. Infatti, in quella stessa finestra temporale l’Arabia Saudita è stata tra i principali clienti del nostro Paese. Seguita a ruota da Turchia e Pakistan, per un export nazionale del valore di circa 845 milioni di euro in armamenti.

La tragica situazione in Yemen

A peggiorare le cose in Yemen è stata la drastica contrazione degli aiuti umanitari durante la pandemia che ha interessato il 2020. A denunciarlo è Oxfam, l’organizzazione impegnata a garantire l’accesso all’acqua e ai servizi igienico-sanitari agli oltre 3 milioni di yemeniti nei campi profughi di 9 governatorati. Più precisamente, Oxfam ha rilevato come gli aiuti umanitari siano stati dimezzati. Infatti, dai 46 centesimi di dollaro al giorno a persona del 2019 si è passati a soli 25 centesimi. Questi non coprono nemmeno in parte i bisogni degli oltre 24 milioni di yemeniti che dipendono esclusivamente dal sostegno umanitario per sopravvivere. Soprattutto, la riduzione degli aiuti ha influito negativamente sugli approvvigionamenti di almeno 300 strutture sanitarie. E ha apportato un’ulteriore carenza di cibo e medicinali in un Paese colpito dalla grave epidemia di colera.

Le organizzazioni umanitarie

Negli anni, l’organizzazione di Medici Senza Frontiere aveva ammonito “che la guerra sta avendo un impatto devastante sulla popolazione civile, sia per il numero delle vittime dirette sia per il collasso dei sistemi sanitari”. E aggiunto: “Le parti in conflitto mostrano una totale mancanza di rispetto per la protezione dei civili, delle strutture sanitarie, del personale medico e dei pazienti”. L’appello era stato condiviso dall’Organizzazione Mondiale per la Sanità (OMS), secondo cui in 18 mesi di conflitto erano stati rasi al suolo o danneggiati quasi 280 centri sanitari. Oltre a 13 operatori sanitari uccisi e 31 feriti.

La dichiarazione di Paolo Pezzati (Oxfam)

C’è un’unica strada per scongiurare questa catastrofe: la comunità internazionale deve stanziare tutti gli aiuti necessari a rispondere all’emergenza. Allo stesso tempo deve mettere fine alla vendita di armi diretta e indiretta verso le parti in conflitto, lavorando perché la risoluzione delle Nazioni Unite per un cessate il fuoco globale, sia rispettata anche in Yemen, e favorendo quindi l’avvio di colloqui di pace inclusivi, che portino ad una pace duratura. In altre parole, deve abbandonare del tutto una logica fondata sul “profitto di guerra”, per sposare un dovere umanitario che, se non altro, questa pandemia dovrebbe aver reso più evidente in tutto il mondo”.

Crisi Yemen: le contraddizioni

In questo contesto l’Arabia Saudita non solo ha continuato i bombardamenti in Yemen. Ma si è anche opposta strenuamente alla formazione di corridori umanitari. Nonostante ciò, non è mai stata sanzionata dalla comunità internazionale. In pratica, epidemie e fame sono state usate come armi nel conflitto yemenita per fiaccare i gruppi dei ribelli. Tuttavia, finora non hanno ottenuto l’effetto desiderato. Al contrario, a pagarne il prezzo è stata la popolazione. Come anziani, donne e bambini. Tale situazione non è più tollerabile. Pertanto, è pienamente condivisibile il messaggio del Papa all’Angelus: “Sia tempo per appianare gli odi e le divisioni. Sia tempo per sentirci tutti più fratelli. Sia tempo di costruire e non di distruggere, prendendoci cura gli uni degli altri e del creato. Un tempo per far crescere un tempo di pace”.

In conclusione

Il conflitto yemenita sembra l’ennesimo tentativo di cambiare gli equilibri in Medio Oriente. Soprattutto perché Arabia Saudita e Stati occidentali (con gli USA in prima linea) vorrebbero indebolire l’Iran, acerrimo nemico di entrambi. Tuttavia, sono i civili a pagare il prezzo più alto dello scontro tra i sunniti e il gruppo sciita zaydita, gli Houthi. Ed è l’ingiustizia più grande. Perché, come ha ricordato Papa Francesco, la nostra esistenza “Non è solo assenza di guerra ma è vita piena di senso”.


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Per ascoltare le parole di Papa Francesco, clicca qui.

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