Cosa resta della politica?

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Cosa resta della politica?

A due giorni dal giuramento di Mattarella, cosa resta della politica? Analizziamo le dinamiche tra i vari schieramenti dopo la farsa dei giorni scorsi.

Draghi e la battaglia per il Colle

Da fonti vicine a Palazzo Chigi traspare una grande delusione da parte di Draghi, poichè era già convinto di poter riuscire a conquistare il Quirinale senza particolari problemi. Sempre le stesse fonti dichiarano che Draghi “Non ne può più di fare il presidente del Consiglio“. E il “bello” deve ancora venire, visto che si attendono i fondi del Pnrr. La squadra di Governo è totalmente inadeguata e di fronte alla moneta sonante dei fondi europei ci sarà da piangere… Cosa resta della politica?

Com’è visto Draghi dai vari schieramenti politici?

La sua figura è poco apprezzata: Draghi ha un atteggiamento di sussiego nei confronti dei “politici”, i ministri non lo sopportano più e non riescono ad avere con il premier un confronto sui principali temi politici ed economici. Non dialogano nè i ministri con Draghi nè i ministri tra di loro e il Governo si trova nello stallo più totale. Draghi ha tentato in tutti i modi di salire al Colle e nell’ultimo periodo, quasi sicuro della cosa, ha aumentato le distanze con il Governo. Sebbene le grandi banche d’affari hanno spinto affinchè Draghi restasse al suo posto. Quando il premier ha capito che non sarebbe stato eletto, trovando ostruzionismo da parte di tutti, ha chiamato Mattarella, pregandolo di restare a causa dell’incapacità da parte di politici di scegliere.

Salvini auspica una federazione simile a quella dei Repubblicani americani

Salvini ammette che il centrodestra abbia dei seri problemi: “E’ inutile nasconderci dietro un dito. Le votazioni per il presidente della Repubblica hanno mostrato la potenziale forza, ma anche i limiti, della coalizione dei centrodestra come è attualmente“. Poi però Salvini ravvisa la necessità di reagire e “Creare daccapo le condizioni del nostro stare insieme“. Qual è la ricetta che propone Salvini? Parla addirittura della costruzione di una grande federazione di destra, sul modello dei Repubblicani americani. Quest’ultimo non si capisce bene però come debba essere realizzato: il leader della lega parla solo di un consiglio federale della Lega, previsto per oggi, nel quale bisogna “Superare gli egoismi: non annullando, ma valorizzando le nostre differenze e facendole poi convergere in una sintesi in cui tutti si possano riconoscere. La sintesi culturale, valoriale, in verità già esiste: i nostri valori sono chiari, solidi, alternativi a quelli della sinistra“.

Il M5s e le sue due fazioni

Alcuni ritengono che Conte sia ormai una mina vagante nel movimento e che quindi gli esponenti del M5s non riconoscano la sua leadership. Da un lato troviamo Conte e dall’altra Di Maio, che probabilmente lavora già per la costruzione del grande centro con Casini. Nel frattempo possiamo solo dire con certezza che tra i due leader si sia scatenata una guerra social, di tweet e post di vario genere. Sintetizzando i tweet, per Conte Di Maio “Dovrà rendere conto di diverse condotte, molto gravi. Ai nostri iscritti e alla nostra comunità”. Ovviamente, come sempre c’è chi ritiene che il tracollo del M5s dopo le elezioni al Quirinale sia dovuto proprio a Di Maio, c’è chi invece sostiene che Di Maio sia l’oggetto di un attacco ingiustificato. I sostenitori dell’attuale ministro degli Esteri dichiarano che si tratta della solita strategia: Sergio Battelli, molto vicino a Di Maio, sostiene che “Quella della macchina del fango contro Di Maio è una pratica già esistente, ci facciamo i conti da anni”.

Renzi il “rottamatore” fa fuori populisti e sovranisti

Per Renzi i momenti di maggiore incertezza sono stati quando si è proposto il nome della Belloni, che lui pensava sarebbe stata eletta, perchè “I numeri sembravano dar ragione a Conte e Salvini e agli altri che avevano proposto la candidatura Belloni”, ma ha proseguito sulla strada da lui tracciata di non dare il suo appoggio poiché “ci sono momenti in cui bisogna difendere la storia, la decenza istituzionale, la credibilità anche se si è in minoranza. E, dunque, sono andato giù tranquillo. Alla fine è andata bene e l’intervento televisivo ha dato coraggio anche a chi faceva più fatica a esporsi”. In un’intervista al Corriere della Sera, il leader di Iv rimarca la sua opinione riguardo alla modalità di elezione del presidente della Repubblica: “Andare all’elezione diretta del Presidente mi sembra una necessità rafforzata dallo show triste di questi giorni: che poi sia presidenzialismo all’americano o semipresidenzialismo alla francese, vedremo”. Cosa resta della politica? La risposta sembra sempre più complicata.

La posizione di Letta

Anche il leader del Pd insiste sulla necessità di cambiamento, a partire da molti regolamenti e dalla legge elettorale. Poi anche autocritica rispetto alle elezioni del presidente: “Non è solo una questione di regolamenti, è anche questione di capacità della politica”. Chiarisce anche le questioni relative al corto circuito su Elisabetta Belloni: “Venerdì pomeriggio si è cominciato a parlare dei nomi per capire se c’erano veti e controveti, per vedere se era possibile fare un passo in avanti. Ognuno doveva iniziare a fare un ragionamento tra i propri grandi elettori su tutti i nomi di cui abbiamo parlato. Era l’inizio di una discussione, ma tutto è stato buttato in pasto all’opinione pubblica. Ma sulla Belloni c’è stato un corto circuito mediatico che ha bloccato il confronto”. Dare la colpa ad un “colpo circuito mediatico” forse è riduttivo e sembra che quel che resta della politica (poco) sia legato ai social e ai mezzi di comunicazione. Questo per nascondere i problemi ovviamente.

Cosa resta della politica?

In attesa del giuramento bis fissato per il 3 febbraio alle ore 15, ci si interroga su cosa resta della politica attuale. Tutti gli schieramenti (nessuno escluso) deve analizzare a fondo la situazione attuale, facendo tesoro degli innumerevoli errori commessi. É possibile parlare dopo anni di legge elettorale? Se ne parla da anni e non si è fatto niente. Si può ancora concepire un dialogo politico che rimane confinato tra all’interno delle mura della politica e non interessa nessun altro fuori da essa? É concepibile in un Paese civile che debba sempre arrivare il tecnico o pseudotale per risolvere i problemi atavici di una politica vecchia e insensata?


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