Con la chiusura delle fabbriche stabilita dall’ultimo decreto varato dal Governo, nascono le prime agitazioni nel mondo del lavoro. A creare disordine è il numero di imprese che possono restare aperte.
Mentre Maurizio Landini, segretario generale della Cgil, minaccia lo sciopero generale, altre sigle sindacali e lavoratori hanno già iniziato le proteste.
Le proteste di ieri 23 marzo
Stando a quanto riportato dalla Fiom, già ieri, 23 marzo, i lavoratori del settore aerospazio dipendenti di aziende come Leonardo, Ge Avio, Fata Logistic System, Lgs, Vitrociset, MBDA, DEMA, CAM e DSono hanno scioperato contro le decisioni del governo nello stabilire le attività necessarie. La Fiom, insieme ai sindacati metalmeccanici Fim e Uilm, si è dichiarata pronta a proclamare otto ore di sciopero per il settore aerospaziale.
Protesta minacciata qualora non si sarebbe provveduto entro ieri stesso all’immediata verifica delle nuove disposizioni ministeriali. Non solo, si è richiesto anche la messa in pratica delle condizioni di sicurezza definite nel Protocollo condiviso del 14 marzo 2020.
Le dichiarazioni della segretaria Fiom Francesca Re David
“L’elenco delle attività indispensabili in questa situazione di emergenza per il contagio da Coronavirus è stato più che raddoppiato rispetto a quello concordato con il sindacato“, ha detto la segretaria Francesca Re David in una intervista a Omnibus. “La mobilitazione dei metalmeccanici continuerà – avverte – finché non verranno fornite dal governo le misure necessarie alla protezione della salute e della sicurezza dei lavoratori dell’industria. I sindacati non hanno il potere di chiudere le fabbriche, è il governo che deve intervenire“.
Scioperi in Lombardia
Tra i primi a schierarsi pubblicamente contro le decisioni prese ci sono poi i lavoratori delle aziende metalmeccaniche della Lombardia, che hanno proclamato uno sciopero mercoledì 25 marzo per 8 ore.
La decisione, ha spiegato il segretario Fim-Cisl Marco Bentivogli, “è stata presa perché si consideri la Lombardia una regione dove sono necessarie misure più restrittive sulle attività da lasciare aperte“.
Sciopero di cui ancora si stanno discutendo modalità e attuazione, secondo quando dichiarato da Bentivogli in un secondo momento.
Decisione simile anche per i settori chimico, tessile, dell’energia e della manifattura, che hanno proclamato uno sciopero per mercoledì.
A comunicarlo sono state le segreterie Filctem, Femca e Uiltec.
“Ci mobilitiamo per difendere la vita e la salute – riporta la nota – il Decreto del governo tiene conto solo in misura parziale delle istanze che Cgil, Cisl e Uil hanno posto all’attenzione dell’esecutivo; infatti molte attività non essenziali né indispensabili sono state inserite tra quelle che possono continuare a lavorare. L’aver inserito nelle attività d’impresa da considerare essenziali una serie di attività di vario genere che di essenziale non hanno nulla, depotenzia il decreto e crea l’effetto di ridurre ai minimi termini il numero delle lavoratrici e dei lavoratori che potranno rimanere a casa“.
Minacciano lo sciopero anche le banche
Pronti allo stop anche i lavoratori del settore bancario.
I segretari generali di Fabi, First Cisl, Fisac Cgil, Uilca e Unisin in una lettera spedita all’Abi, a Federcasse, a tutte le banche, e, per conoscenza a Giuseppe Conte, denunciano come “i dipendenti del settore, tra i quali si registrano molti casi di positività al Coronavirus, non operano in condizioni di sicurezza”, senza mascherine, guanti e disinfettanti.
Immediata la risposta dell‘Abi. L’associazione, con un comunicato, spiega come stia compiendo il “il massimo sforzo per prevenire, contrastare e contenere la diffusione del coronavirus”.
Assicurando la “priorità per la sicurezza di lavoratrici, lavoratori e clienti, in conformità con le disposizioni di legge e degli altri atti normativi”. Sottolinea inoltre, “la piena attuazione al Protocollo condiviso il 16 marzo 2020 con Fabi, First-Cisl, Fisac-Cgil, Uilca e Unisin“.
L’intervento di Boccia a Circo Massimo
Intervenendo a Circo Massimo su Radio Capital, il presidente di Confindustria Vincenzo Boccia aveva contestato l’ipotesi di sciopero generale minacciato dai sindacati.
“Lo sciopero generale? Onestamente non capisco a capire su cosa, le chiusure di aziende sono addirittura più restrittive di quello che aveva indicato il Governo ai sindacati sabato scorso. Io non ho capito più di questo cosa si dovrebbe fare“.
USB: sciopero 25 marzo per chiusura scuola e didattica a distanza
USB ha proclamato per mercoledì 25 marzo lo sciopero generale nazionale di 24 ore per tutte le categorie pubbliche e private.
Secondo quanto riportato da Orizzonte Scuola, il 25 marzo anche la scuola aderisce allo sciopero confederale indetto dall’USB, per ribadire innanzitutto i seguenti punti.
1. La didattica a distanza non può essere obbligatoria perché la scuola si fa in classe, in presenza, in una relazione continua e viva.
2. Impossibile valutare gli studenti in tale contesto emergenziale; valutare a distanza è semplice esercizio numerico di classificazione, non ha alcuna valenza formativa.
3. Non si possono certificare le assenze come se si fosse in aula, né svolgere gli stessi orari di classe, fingendo che la virtualità sia la normalità
4. Monitorare l’attività didattica, come richiesto ai dirigenti dal Ministero, non significa sovraccaricare di moduli e rilievi statistici docenti che attualmente già lavorano ore e ore davanti al PC per restare in una relazione educativa coi propri studenti. Nessun docente ha l’obbligo di compilarli
5. La situazione di emergenza non può far saltare il sistema di comunicazione della PA, che segue canali ufficiali: le improvvisate chat di WhatsApp per docenti e ATA non possono e non devono sostituire le circolari ufficiali, che i dirigenti hanno l’obbligo di emanare e rendere pubbliche.
Si invitano, dunque, tutti i lavoratori ad aderire allo sciopero. In primo luogo il personale ATA.
“Le scuole vanno CHIUSE“, sottolinea il comunicato. “In primo luogo a tutela di quel personale ATA ancora troppo spesso costretto, come ci segnalano da più parti, a recarsi presso le proprie istituzioni di servizio, rischiando il contagio, per il capriccio o l’irresponsabilità di dirigenti che individuano come “indifferibili” alcune attività che possono, al contrario, essere tranquillamente rimandate o disattese“.
La aule sono vuote, ma ancora troppi lavoratori sono costretti a recarsi presso gli istituti scolastici, mettendo a rischio la loro salute.