giovedì, Aprile 18, 2024

Coronavirus: conseguenze legali della trasgressione ai divieti

L’epidemia di coronavirus, dichiarata pandemia dall’OMS, ha indotto le autorità italiane a imporre una serie di stringenti restrizioni nel tentativo di contenerne la diffusione.
La difficile situazione che stiamo vivendo in questi mesi, oltre a stravolgere la nostra quotidianità, avrà sicuramente un forte impatto sul prossimo futuro tanto che secondo molti sarà difficile – se non impossibile – un pieno ritorno alla “normalità”. 

I cambiamenti in atto cui ci ha costretti il covid-19 stanno interessando tutti i settori del quotidiano dalla scuola al lavoro, dalle attività ludiche a quelle strettamente commerciali.

Ad ogni modo è necessario lo sforzo di tutti per combattere il virus e riappropriarci quanto prima delle nostre vite. Pertanto diventa fondamentale il rispetto delle misure imposte dal Governo di evitare gli spostamenti non strettamente necessari soprattutto per non vedersi attribuire conseguenze penali anche gravi in caso di violazioni.

Le limitazioni imposte dal covid-19

Con l’adozione del DPCM 9 marzo 2020 da parte del Presidente del Consiglio dei ministri, si sono estese “all’intero territorio nazionale” le misure di “contenimento forzato” originariamente dettate dal DPCM 8 marzo 2020 per Lombardia e altre Regioni del Nord d’Italia. 

L’articolo 1 del provvedimento prevede espressamente che “sull’intero territorio nazionale è vietata ogni forma di assembramento di persone in luoghi pubblici o aperti al pubblicofino alla data del 3 aprile 2020 (prorogabile dal Governo in un secondo momento) al cui rispetto è preordinata l’attuazione di una serie di controlli a tappeto, sotto la responsabilità delle autorità prefettizie, eseguiti dalle forze dell’ordine dislocate sulla Penisola.

Le specifiche modalità di vigilanza sull’osservanza delle prescrizioni hanno l’obiettivo di segnalare all’autorità pubblica gli spostamenti non comprovati dall’effettiva sussistenza di esigenze lavorative, situazioni di necessità o motivi di salute, correlando conseguenze penali – anche gravi – ai trasgressori.

Innanzitutto le “comprovate esigenze” impongono al soggetto fermato l’onere di dimostrare la sussistenza di una delle condizioni che consentano la circolazione attraverso la produzione di scontrini, di certificati o dell’autodichiarazione ai sensi degli artt. 46 e 47 del D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445, da compilarsi in ogni sua parte, aggiornata al DPCM 9 marzo 2020.

La veridicità delle informazioni, sarà verificata ex post dalle forze dell’ordine che si potranno anche recare nel luogo di lavoro per riscontare l’attendibilità delle dichiarazioni rese.

In caso si sia costretti a circolare sul territorio è di primaria importanza dotarsi del modulo di autocertificazione – da compilare e da tenere sempre con sé nella propria vettura – scaricabile dal sito del Ministero della salute o dai post che stanno circolando sui social network. 

L’autorità dovrà anche informare la popolazione circa le più gravi conseguenze penali ai sensi degli articoli 337 “resistenza a pubblico ufficiale”, 452 “delitti colposi contro la salute pubblica”, 483 “falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico”, nonché dall’art. 260 R.D. 27 luglio 1934, n. 1265 (meglio conosciuto come Testo Unico delle leggi sanitarie).

La violazione dell’art. 650 c.p.

Fondamentale è sapere come tutelarsi nel caso ci si veda contestare dalle forze dell’ordine la violazione dell’articolo 650 del Codice penale, rubricato “inosservanza dei divieti dell’autorità”, nella fattispecie il Decreto del 9 marzo 2020.

L’articolo, a meno che non sia integrata un’ipotesi di più grave reato, punisce “chiunque non osserva un provvedimento dato dall’autorità per ragione di giustizia o di sicurezza pubblica, o d’ordine pubblico o d’igiene” con “l’arresto fino a tre mesi o con l’ammenda fino a 206 euro”. 

L’avvocato penalista Simona Veneri del Foro di Brescia ha spiegato che qualora il transito sia ritenuto non “essenziale” le forze dell’ordine procederanno a identificare la persona, ossia gli faranno rendere dichiarazione circa le sue generalità ed eleggere domicilio (il quale dovrà essere fatto presso la propria residenzanon presso lo studio dell’avvocato) per ricevere le successive comunicazioni.
Al soggetto verrà chiesto se dispone di un difensore di fiducia altrimenti gliene verrà assegnato uno d’ufficio. 

Da quel momento le forze dell’ordine procederanno alla comunicazione della “notizia di reato” ai sensi dell’articolo 650 del Codice penale per violazione del Decreto del Consiglio dei ministri che vieta la circolazione.

La violazione è punita a titolo di reato contravvenzionale, ciò significa che da quel momento inizia un procedimento penale a carico della persona fermata.
Solitamente viene irrogata la cosiddetta “ammenda”: è bene non farsi ingannare da questa nozione in quanto essa non equivale a “multa” bensì costituisce una pena prevista dal Codice penale al pari della reclusione e dell’arresto. 

L’avvocato Veneri avverte che l’ammenda ai sensi del 650 c.p. non vada assolutamente pagata perché il pagamento corrisponde a esecuzione della pena: se saldata, l’ammenda sarà iscritta nel casellario giudiziale alla stregua di precedente penale a seguito di condanna penale passata in giudicato e da quel momento il soggetto non sarà più incensurato.

Cosa bisogna fare?

La penalista Veneri consiglia di contattare immediatamente il proprio legale di fiducia se lo si ha (o l’avvocato d’ufficio ai recapiti rilasciati dalle forze dell’ordine). 

A questo punto si tratterà di aspettare nei mesi successivi la notifica del decreto penale di condanna (in busta verde, come tutti gli atti giudiziari) o la consegna diretta da parte delle forze dell’ordine territorialmente competenti dell’atto proveniente dalla Procura o dal Tribunale della propria provincia.

Il decreto penale di condanna attribuisce un termine di 15 giorni per l’opposizione e per trasformare l’ammenda in una oblazione, ossia una somma da pagare che permetterà – solo a questo punto – di estinguere il reato. 

Quindi, nel caso ci si veda contestata la violazione dell’articolo 650 c.p. è bene:

  • contattare immediatamente il proprio avvocato di fiducia (o il difensore d’ufficio ai recapiti rilasciati dalle forze dell’ordine);
  • non pagare assolutamente l’ammenda ex 650 c.p. ma attendere la successiva notifica del decreto penale di condanna;
  • opporsi al decreto tramite il proprio legale entro i successivi 15 giorni dalla notifica;
  • solo dopo che sia concessa l’oblazione pagare la somma di denaro in sostituzione dell’ammenda originariamente irrogata per l’estinzione del reato.

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