Durante la conferenza stampa di fine anno, il Premier Conte non si “allarga” nell’attribuirsi definizioni o descrizioni. A lui l’espressione “avvocato del popolo italiano” basta, e, anzi, “è piaciuta fin dall’inizio”.
Rispondendo ad una domanda postagli da una giornalista di Rai 2, il Presidente del Consiglio continua così: “Fino ad ora sono stato l’avvocato difensore del singolo cliente, un contraddittore terribile da affrontare, e adesso invece posso essere l’avvocato difensore di tutti gli italiani, pensate che salto di qualità, che onore. (…) Adesso faccio le notti per difendere non un singolo cliente, ma tutti gli italiani”.
Non sembra, dunque, curarsi del fatto che la manovra, che contiene politiche pubbliche di tipo re-distributivo, accontenterà qualcuno, ma sta già creando scontenti tra chi, invece, si vedrà aumentare le tasse o decurtare la pensione, come nel caso dei pensionati che verranno colpiti dallo stop all’indicizzazione delle pensioni oltre i 1500 euro lordi.
Più che l’intero popolo italiano difende in effetti a spada tratta e in tutti i suoi aspetti la manovra economica, nell’attesa che venga approvata anche dalla Camera:
“La manovra economica si pone in continuità e in coerenza con gli impegni presi nel contratto di governo. In passato succedeva che si facevano delle promesse non scritte e non sempre si mantenevano gli impegni. Questa è una cosa che inevitabilmente condizionerà ogni esperienza futura. Quando parlo di populismo parlo di questo modo di procedere”.
Il reddito di cittadinanza, in particolare, sarebbe la misura che più lo ha spinto ad accettare l’incarico di Presidente del Consiglio.
Il balcone di Palazzo Chigi
Il Premier è avvocato difensore della salita sul balcone di Palazzo Chigi da parte di Luigi di Maio e di altri ministri 5Stelle e attacca i giornalisti che hanno criticato il Vicepremier dicendo: “Avete evocato il peronismo, dittature e via discorrendo. Era la genuina immagine di un esponente di una forza politica che per anni si è battuta per questa misura di civiltà sociale.(…) Sappiate che io plaudo alla forza con cui Luigi Di Maio ha portato avanti questa battaglia”.
Il mea culpa sull’Ires
Per quanto riguarda il raddoppio dell’Ires per gli enti morali, che ha suscitato numerose polemiche e proteste da parte del mondo del volontariato, Conte dichiara: “Devo assumermi le responsabilità sull’Ires al Terzo Settore, stavamo vagliando le ipotesi per recuperare dei fondi e questa soluzione mi era sembrata plausibile valutandola insieme ad altre misure per il non profit. In effetti poi abbiamo valutato meglio, e d’accordo con Di Maio e Salvini abbiamo pensato che da gennaio raccoglieremo meglio le istanze del terzo settore e cercheremo di calibrare meglio l’intervento correttivo”.
A parte i numerosi lapsus, confonde Camera con Senato, Emirati Arabi con Arabia Saudita, 500 mila con 500 milioni in riferimento alle pensioni d’oro, molte delle risposte fornite dal Presidente del Consiglio risultano vaghe, piene di “faremo”, e mostrano perlomeno una certa reticenza nell’andare nel dettaglio di quanto fatto e di quanto è in programma.
Alla domanda riguardante la fin troppo semplicistica equazione “1 pensionato= 1 assunto”, messa in dubbio sia dal sottosegretario Giorgetti che dal Ministro dell’Economia Tria, Conte risponde infatti: “Ho convocato i rappresentati delle più importanti aziende di Stato e da quel tavolo è venuta fuori una percentuale di un pensionato e uno/due giovani che vengono assunti. Non faccio il nome ma c’è stata un’azienda di Stato importante, che ha detto che con la riforma di quota 100 riuscirà, ha già fatto i calcoli, ad assumere tre nuovi lavoratori“.
Tagli all’editoria
“Le testate devono saper camminare sulle proprie gambe”, è questa la risposta data invece a Radio Radicale, storica radio romana che rischia di chiudere a causa dei tagli ai fondi pubblici, si passa da 10 a 5 milioni di euro, previsti dalla nuova manovra.
Nella stessa situazione si trova Il Manifesto, il cui giornalista, nel rivolgere a sua volta la propria domanda in merito allo stesso argomento, ricorda che “Il mercato e la concorrenza c’entrano molto poco con il contributo pubblico all’editoria, che è un settore molto concentrato. L’80 % del mercato della pubblicità è in mano alle prime 4 grandi testate, il 50% del mercato della distribuzione è in mano alle prime 2. Tanto è vero che il contributo pubblico all’editoria esiste in tutti i grandi paesi occidentali e anche in Italia in numerosi altri settori che meritano di essere tutelati. Non è neanche una questione di risparmio perché i fondi che togliete restano in quel fondo per il pluralismo, semplicemente sono a discrezione della Presidenza del Consiglio.”
Anche a questa domanda, che definisce piuttosto una provocazione, Conte fornisce una risposta alquanto vaga, dicendo: “Dobbiamo ancora discuterne: apriremo un momento di confronto che spero possa essere costruttivo. Spero che possiamo risolvere la situazione e poi giudicherete voi se questo governo è per la libertà di stampa o meno”.