martedì, Marzo 19, 2024

Come ti fotografo la quotidianità ai tempi della quarantena

NEW YORK – Una convivenza che solo un’epidemia come quella del coronavirus poteva giustificare.

Il fotografo cinquantenne Neil Kramer ha scelto di cogliere al volo l’occasione per indagare con maggiore introspezione la “nuova” normalità che – come lui – miliardi di persone (volenti o meno) nella città di New York come nel resto del mondo si sono ritrovati a condividere. Almeno per qualche mese.

Com’è nato il progetto

Kramer vive in un grattacielo situato in una delle zone più colpite dall’epidemia di covid-19 della città di New York.
A condividere con lui l’unico bagno e le due camere da letto, nell’appartamento convivono la madre ottantaseienne, Elaine, e l’ex moglie del fotografo, Sophia, dalla quale ha divorziato sette anni fa.

Durante la sua carriera Kramer si è dedicato solo marginalmente alla fotografia di strada, genere molto apprezzato nella Grande Mela. Piuttosto si è sempre interessato alla ritrattistica.
I suoi soggetti sono per lo più estranei immortalati in fugaci frammenti di vita quotidiana: alcune persone in attesa, altre intente a consumare un fugace pasto in una gastronomia, altre ancora dirette con aria pensierosa in ufficio.

Ad affascinare il fotografo erano soprattutto gli incontri con le persone nelle stazioni della metropolitana.

Tutto ciò che un tempo era accattivante di New York, ora si è trasformato in un disastro” ha raccontato il fotografo a Jen Maidenberg, corrispondente del Times of Israel che l’ha intervistato.

Non potevo lasciare la casa. Prima la metà delle mie fotografie le avevo scattate in metropolitana” ha aggiunto spiegando come il sconfinamento obbligatorio abbia bruscamente interrotto il suo lavoro.

Quanto all’improbabile convivenza in cui si è ritrovato il fotografo ha spiegato che questa non ha mai avuto nulla a che fare con il virus ma che si era trattato di una “strana coincidenza” già prima che scoppiasse l’epidemia.

Tornato a New York da Los Angeles dopo un progetto che lo aveva impegnato alcuni anni fa, Kamer era tornato ad abitare da solo nell’appartamento, salvo ospitare per alcuni mesi estivi l’anziana madre di ritorno dalla sua residenza in Florida.

Quindi è stato solo per caso che Kramer la madre e l’ex moglie – coinvolta in un brutto incidente a Los Angeles – abbiano stabilito di convivere per una ventina di giorni.

Periodo che l’epidemia di coronavirus ha inaspettatamente prorogato.

Nessuno di loro poteva immaginarsi, infatti, che le tre settimane concordate si sarebbero trasformate in una convivenza ben più duratura.

Eppure eccoli lì – dopo diversi mesi di confinamento obbligatorio – ancora rinchiusi nel minuscolo appartamento nel Queens.

Ma Kramer non s’è perso d’animo e dalla fine di marzo – in piena epidemia – ha cominciato a scattare le prime fotografie relative alla loro nuova quotidianità, pubblicando parte del materiale sui suoi profili Instagram e Facebook.

Gli scatti

La prima immagine ritrae il trio intento a seguire la conferenza stampa con le ultime notizie relative all’epidemia, con espressioni inequivocabili sul volto.
In primo piano si staglia il presidente degli Stati Uniti Donald Trump e alle sue spalle il vicepresidente Mike Pence.

Questo [scatto] non voleva essere l’inizio di un servizio” ha riferito Kramer. “Ho lavorato a Hollywood, so cosa succede quando s’inizia un “progetto”. Comincia a sembrare costruito“.

Ho un amico che è un vero fotografo di strada – ha raccontato Kramer – Questo ragazzo è andato all’Elmhurst Hospital per ritrarre le vittime. Per me c’era troppa tensione per strada per scattare in un momento come questo. Sembrava una bella cosa, ma da irresponsabili allo stesso tempo“.

La paura si è ampiamente diffusa anche tra i tre inquilini tanto che nessuno di loro si sarebbe sentito a suo agio nel lasciare l’appartamento. Persino il pensiero di scendere nella lavanderia al piano terra dell’edificio era diventato intollerabile.

Da quel primo scatto, in pochissimo tempo le fotografie sono diventate una mezzo per esprimere le difficoltà di quel “forzato” nuovo stile di vita condiviso da milioni di persone in città e nel mondo.

Più di ogni altra cosa questo è stato un enorme grido d’aiuto” ha spiegato il fotografo.

Dalla metà di marzo Kramer ha cominciato a documentare giornalmente la propria quotidianità segnata dalla quarantena, compreso l’essere costretto a condividere con i suoi ingombranti inquilini l’unico bagno presente in casa.

Quello è stato lo scatto più difficile” ha commentato il fotografo. “Non c’è nessun blocco sulla porta, si è rotto anni fa“.

Ripensando alla sua elaborazione Kramer ha raccontato: “Il bagno è di 6 piedi [circa tre metri per tre]. Abbiamo finito per litigare perché mia madre era paranoica [secondo lei] la luce sarebbe caduta in acqua e mi avrebbe fulminato. Alla fine, la storia che c’è dietro allo scatto è ancora più interessante della foto in sé“.

Il fotografo ha voluto riconoscere l’importante ruolo dell’ex moglie, la sola in famiglia che ha voluto da subito adeguarsi alle disposizioni governative: “Probabilmente io e mia madre saremmo morti se non ci fosse stata lei qui“.

Kramer ha anche riflettuto sulla condizione degli anziani, in particolare di quelli non autosufficienti: “Vivendo con un ottantenne ti rende più sensibile alle [difficoltà delle] persone anziane, soprattutto quando senti alcuni stati dire “Torniamo al lavoro”. Gli anziani non riescono a badare a loro stessi e ce ne sono molti nell’edificio. Ho chiesto loro se potevo aiutarli“.

Nonostante le tensioni iniziali, il fotografo ha confidato di aver recuperato molto nei rapporti con l’anziana madre e con l’ex moglie.

Prima io e mia madre non eravamo soliti abbracciarci. Ma da quando è iniziata [l’epidemia] abbiamo stretto il patto di alzarci ogni mattina e scambiarci un abbraccio“.

Quanto all’ex moglie, come descritto nella didascalia di un suo scatto pubblicato su Instagram ha ammesso: “Siamo ancora umani e abbiamo bisogno d’intimità, non solo del mero contatto fisico“.

Al momento, l’ex compagna e la madre di Kramer si sono rese disponili a quello che sta diventando un vero e proprio progetto fotografico, pur con i propri limiti.

Richiede compromessi – ha spiegato ironicamente l’autore – Mi stanno concedendo un po’ di corda prima di esplodere“.

E in conclusione ha ammesso: “C’è molta tristezza e preoccupazione (…) è una delle esperienze più difficili“.

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