Chernobyl On Ice: è stata denominata in questo modo dal Greenpeace la nuova piattaforma nucleare ideata dai russi per portare energia alle regioni ricche di minerali
Sono passati poco di più di 30 anni da quando la centrale di Chernobyl esplose nel buio della notte del 26 aprile 1986. Il disastro che segnò la storia dell’umanità è stato da poco raccontato anche nella serie TV inglese che ne porta lo stesso nome.
Dopo poco più di 30 anni la Russia ha idealizzato una nuova centrale nucleare, questa volta però galleggiante. La nave percorrerà la rotta del Mare del Nord fino alla destinazione finale in Estremo Oriente, sperando di attingere alle ricchezze nascoste dell’Artico.
I gruppi ambientalisti si sono mostrati titubanti nei confronti dei 144 metri di piattaforma, definita da Greenpeace la Chernobyl on ice. Senza contare che gli ambiziosi piani espansionistici del presidente russo Putin verso gli orizzonti artici hanno sollevato preoccupazioni geopolitiche degli Stati Uniti.
Ufficialmente la Chernobyl on ice si chiama Akademik Lomonosov e porta i colori della bandiera russa. Dopo aver impiegato circa vent’anni per la sua costruzione, la sua destinazione ultima sarà il porto della città Pevek a circa 6.500 km da Mosca. La centrale mobile servirà per fornire elettricità agli insediamenti e alle aziende che estraggono idrocarburi e pietre preziose nella regione di Chukotka. Questo permetterà di fornire energia senza impegni a lungo termine o senza ingenti investimenti in centrali convenzionate. Diventerà così la centrale nucleare operativa più a nord dell’intero pianeta.
Problemi di struttura e di costi
A prendere le difese della nuova centrale nucleare è stato Dmitry Alekseenko, vicedirettore dello stabilimenti di Lomonosov. “Questo impianto di perforazione non può essere strappato dagli ormeggi, anche con uno tsunami a 9 punti, e abbiamo anche considerato che se va nell’entroterra, esiste un sistema di backup che può mantenere il raffreddamento del reattore per 24 ore senza alimentazione elettrica”.
Tuttavia, gli esperti di Bellona, una ONG che monitora i progetti nucleari e gli impatti ambientali, affermano che 24 ore potrebbero non essere sufficienti per prevenire un disastro qualora uno tsunami sbarchi sulla piattaforma tra le città con due reattori nucleari attivi a bordo.
La società incaricata del progetto nucleare – la Rosatom – sta lavorando per attirare clienti da tutte le parti del mondo per aquistare le prossime iterazioni di Lomonosov, ma non si è ancora arrivato ad alcun accordo. Per ora, i funzionari russi – come riportato dal quotidiano 9News – hanno messo in dubbio il prezzo complessivo di circa 660 milioni di dollari, in quanto avrebbe dovuto rientrare nella produzione seriale per essere economicamente fattibile.
Il tentativo americano
Eppure, quella di creae una centrale nucleare galleggiante non è un’idea del tutto nuova. Gli americani infatti, sono stati per primi a disporre un piccolo reattore nucleare all’interno di una nave nel Canale di Panama. L’operazione durò circa un decennio nel corso degli anni ’60.
A seguito di questo primo progetto ne venne commissionato un secondo, nel decennio a seguire, da parte della compagnia energetica americana PSE&G. Questa operazione prevedeva la disposizione del reattore al largo delle corse del New Jersey, ma l’opposizione pubblica del tempo e le preoccupazioni ambientali ne fermarono l’iniziativa.