giovedì, Ottobre 3, 2024

Carlo Alberto Dalla Chiesa: il 3 settembre 1982 Cosa Nostra uccideva il Prefetto antimafia

Carlo Alberto Dalla Chiesa, Generale dei Carabinieri, diventato Prefetto di Palermo nel maggio 1982, venne ucciso in un agguato insieme alla moglie e a un agente della scorta la sera del 3 settembre 1982 nel capoluogo siciliano.

Sono passati 37 anni dall’uccisione di Carlo Alberto Dalla Chiesa, freddato da componenti di Cosa Nostra la sera del 3 settembre 1982, pochi mesi dopo la nomina a Prefetto di Palermo.

Il Generale Carlo Alberto Dalla Chiesa nel corso di una cerimonia dell’Arma.

Nato a Saluzzo, in Piemonte, nel 1920, il Generale Dalla Chiesa era figlio di Romano, Generale di divisione dei Carabinieri. Dopo essersi arruolato nell’esercito nel 1941, e aver partecipato alla campagna militare in Montenegro, Carlo Alberto Dalla Chiesa decise di entrare a far parte dell‘Arma dei Carabinieri, e, in seguito alla laurea in Giurisprudenza presso l’ateneo di Bari, città in cui il padre Romolo prestava servizio, diventò comandante della Tenenza di San Benedetto del Tronto, dove rimase fino alla fine della guerra. In seguito fu impiegato presso il comando provinciale dell’Arma di Ascoli Piceno e, entrato nelle forze della resistenza, fu poi destinato a Roma per occuparsi della sicurezza della presidenza del Consiglio dei Ministri.

La lapide di via Isidoro Carini a palermo, ricorda il sacrificio del Generale Dalla Chiesa, della moglie e dell’agente della scorta

La carriera nei Carabinieri e le indagini su mafia e terrorismo

Dopo aver ottenuto i meriti per la sua attiva partecipazione alle azioni partigiane, venne mandato a dirigere una Tenenza di Bari. In questo periodo, ottenne la seconda laurea in Scienze Politiche e sposò Dora Fabbo. Venne poi inviato prima in Campania, presso il comando compagnia di Casoria, poi in Sicilia, per occuparsi delle indagini sul banditismo, fenomeno presente nel sud Italia del dopoguerra. Durante il suo servizio in Sicilia ebbe modo di occuparsi dell’uccisione del sindacalista di Corleone Placido Rizzotto, arrestando come colpevole Luciano Liggio, ai tempi braccio destro del boss corleonese Michele Navarra.

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Nel corso degli anni Cinquanta e Sessanta ebbe numerosi incarichi di rilievo a Firenze, Roma e Milano; nel 1966, dopo essere stato promosso al grado di Colonnello, venne trasferito a Palermo, dove iniziò ad indagare su Cosa Nostra, occupandosi dei più importanti fatti dell’epoca: la Strage di Viale Lazio, la scomparsa di Mauro de Mauro e l’omicidio del Procuratore Capo di Palermo Pietro Scaglione. Grazie al lavoro investigativo di dalla Chiesa, contenuto nel “Dossier dei 114”, redatto nel 1974, furono arrestati numerosi boss mafiosi che furono mandati a scontare le pene in isolamento all’Asinara, su proposta dello stesso Dalla Chiesa.

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Promosso Generale di Brigata nel 1973, a partire dall’anno successivo venne inviato alcuni anni a dirigere la Legione Carabinieri Piemonte, Valle d’Aosta e Liguria. In questo periodo si occupò del terrorismo brigatista, permettendo l’arresto di importanti terroristi e dando un grande impulso alle indagini sul terrorismo rosso. Nel 1978, la moglie Dora, morì improvvisamente nella sua casa di Torino.

Prefetto di Palermo: Dalla Chiesa simbolo della lotta alla mafia

Nel 1981 Carlo Alberto Dalla Chiesa venne promosso Generale di Corpo D’armata, il massimo grado per un ufficiale dei Carabinieri e in seguito venne nominato vicecomandante generale dell’Arma. Dopo pochi mesi, il consiglio dei ministri, visti i grandi successi di Dalla Chiesa nel contrasto al terrorismo, lo nominò Prefetto di Palermo, con lo scopo di dare un impulso alla lotta alla mafia. Il 30 aprile 1982, i il Generale si insediò ufficialmente presso la prefettura del capoluogo siculo. Nel luglio successivo sposò la sua seconda moglie, Emanuela Setti Carraro.

L’attentato di via Carini e le condanne

Intorno alle 21:10 del 3 settembre 1982, l’Alfetta che percorreva via Carini, sulla quale viaggiavano Carlo Alberto Dalla Chiesa, la moglie Emanuela Setti Carraro e l’agente di scorta Domenico Russo venne dapprima affiancata da una moto sulla quale viaggiavano il boss mafioso Pino Greco e un altro Killer che spararono dei colpi di Kalashnikov verso Russo, poi intervenne una Bmw con a bordo Antonino Madonia e Calogero Ganci che uccisero i coniugi Dalla Chiesa con decine di colpi di Kalashnikov. Mentre il Prefetto e la moglie morirono immediatamente, Domenico Russo si spense dopo alcuni giorni presso un ospedale palermitano. Il 4 settembre nella chiesa di San Domenico a palermo vennero celebrati i funerali delle vittime, alla presenza di alcuni membri del governo che, a cerimonia terminata, furono coperti da fischi e insulti da parte della folla inferocita.

L’automobile sulla quale viaggiava Carlo Alberto Dalla Chiesa crivellata di colpi di kalashnikov dopo l’attentato di via Carini

In seguito ai processi per l’attentato di via Carini, vennero condannati come mandanti i vertici di Cosa nostra: Totò Riina, Bernardo Provenzano, Michele Greco, Pippo Calò, Bernardo Brusca e Nenè Geraci. Nel 2002 una nuova sentenza dichiarò colpevoli come autori materiali Antonino Madonia, Raffaele ganci, Francesco Lucchese e Vincenzo Galatolo.

La prima pagina del Corriere della Sera del 4 settembre 1982 parla dell’attentato di via Carini

Un simbolo della legalità e un esempio di amore per le istituzioni

Se ne andava una persona che aveva fatto della lotta per la legalità la sua missione. Lo stato italiano perdeva uno dei suoi più grandi servitori, un uomo che conosceva profondamente i problemi che attanagliavano il Belpaese e che aveva avuto modo di svolgere la propria missione occupandosi di banditismo, terrorismo e criminalità organizzata. Se Cosa Nostra non l’avesse ucciso quel 3 settembre 1982, sicuramente Carlo Alberto Dalla Chiesa avrebbe potuto dare un grande impulso alla lotta alla mafia, collaborando con le personalità che in quel periodo stavano combattendo Cosa Nostra, alcuni dei quali, negli anni successivi furono anch’essi vittime della mafia stessa. Di lui ricordiamo la grande passione per il proprio lavoro, che si concretizzava nel rispetto della legalità, ma anche le difficoltà che dovette affrontare quando divenne prefetto di Palermo. La frase <<Mi mandano in una realtà come Palermo con gli stessi poteri del prefetto di Forlì, se è vero che esiste un potere, questo potere è solo quello dello Stato, delle sue istituzioni e delle sue leggi, non possiamo delegare questo potere né ai prevaricatori, né ai prepotenti, né ai disonesti>>, pronunciata nel corso di un’intervista rilasciata al giornalista Giorgio Bocca poco tempo prima di essere ucciso, mette in luce le difficoltà con le quali il Prefetto Dalla Chiesa ha dovuto confrontarsi soprattutto quando accettò di assumere la direzione della prefettura di Palermo per combattere il fenomeno mafioso.

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