Qualunque vittoria merita di essere festeggiata con grande enfasi, sorrisi e lacrime di gioia, anche perché il calcio è proprio felicità e divertimento.
Il Verona o la Spal non fanno eccezione e il risultato ottenuto dagli scaligeri, ampiamente pronosticato dall’inizio della stagione, è quantomeno ciò che l’organico gialloblu doveva assolutamente ottenere, pur ripartendo dalla grande delusione della retrocessione nella serie cadetta.
E’ vero, la Serie B è un campionato complicatissimo, dove le armi tecniche a disposizione sono talvolta insufficienti per guadagnare certezze, mentre la tenacia e il carattere lo sono molto di più, ma la complessiva valutazione della rosa di questo Verona non poteva escluderla dalle squadre che sarebbero salite direttamente nella massima serie.
I giocatori in campo, per esperienza e valori tecnici, avevano il dovere di confermarli, anche perché gli stipendi pagati in relazione alle prestazioni in campo dovevano servire a giustificarli.
Non era pensabile che Pazzini non vincesse il titolo il capocannoniere, così come non lo era osservare sconfitte catastrofiche come quella contro il Novara in casa per 1-4, perché le logiche dell’impegno professionale sono basilari rispetto alle dinamiche calcistiche.
E anche se spesso possono favorire sorprese inaspettate alla lunga devono cedere il passo all’oggettività dei valori tecnici.
Il calcio è fatto di sentimenti, passione, coesione e rigore morale, ma tutto ciò, in alcuni momenti non può bastare, soprattutto quando i protagonisti sono calciatori di grande esperienza.
E se è vero che anche il Verona ha volutamente inserito più di qualche giovane interessante, è altrettanto risaputo che la maggior parte degli altri in rosa ha giocato in serie A, e non da comparsa, ma titolare in diverse squadre dello stesso livello.
La Spal, al contrario, nell’indifferenza totale fino ad un mese e mezzo dal termine del campionato, non è mai stata considerata concretamente una candidata attendibile per la promozione diretta.
L’allenatore Semplici, i suoi giocatori e il caloroso pubblico hanno creato i presupposti per raggiungerla lavorando più di altri, senza mai perdere di vista l’obiettivo, sperando, ovviamente, in qualche passo falso degli avversari, che puntualmente è arrivato e ha permesso di sognare in grande.
Più dei veronesi merita una vera celebrazione, anche perché l’organico allestito dalla società non ha previsto stranieri, dando la massima fiducia ad una italianità quasi scomparsa nella maggior parte dei club.
Onore e gloria alla fatica del gruppo di Pecchia e del tecnico stesso, ma se l’euforia dimostrata dalla piazza è comprensibile, per tutti loro, in un certo senso, è anche eccessiva.