37 giornate di campionato hanno chiarito fin troppo chi lo governa e le reali potenzialità delle sue protagoniste.
Questo, in particolare, ha avvalorato il progetto juventino che, con precise operazioni di mercato, ha messo la parola fine già dalle prime partite, evidenziando le differenze ancora esistenti con le dirette inseguitrici, nonostante il dignitoso tentativo di recuperare punti preziosi per concluderlo degnamente e senza rimpianti.
Peccato che parte delle società più attese abbiano favorito inevitabilmente una scalata ai vertici della classifica, rendendo agevole il cammino verso il piazzamento nelle prime tre posizioni, cioè quelle necessarie per dichiarare positiva la stagione di ognuna.
Ma ciò che ha scombussolato la competitività del torneo, riducendone sostanzialmente l’attenzione, è stata la lotta per la retrocessione, che non l’ha mai reso piccante, indirizzando concretamente Juve, Roma e Napoli direttamente in Champions League e tutte le altre a giocarsi gli avanzi del banchetto.
Una formula, quella a venti squadre, che ha mostrato ormai ampiamente di non funzionare, o quantomeno di penalizzarne pesantemente la qualità, arricchendo senza troppi patemi d’animo quelle principali e rendendo ancora più complicato il percorso delle altre, che sono state costrette ad affrontare ogni avversario con un’attenzione più selvaggia e sanguinosa.
Sia chiaro, la qualità complessiva è rimarcata dagli 85, 84 e 83 punti in classifica, che non possono essere considerati eccessivi, ma approfondendo maggiormente come sono scaturiti, in tanti casi si capisce che il merito è riconducibile ad una parziale rinuncia di alcune squadre di confrontarsi con la massima concentrazione, perché o non impegnate nelle posizioni più basse o, per quelle stanti proprio in quelle, di concentrare le forze per incontri più alla portata.
Da qui, come spesso negli ultimi anni, si è creato un divario ben più grande di quello che rispecchierebbe effettivamente i valori tecnici di diversi club, mettendo a nudo un andazzo discutibile per la credibilità del movimento.
Anche perché se la Juve è stata considerata la vincente a mani basse dello scudetto fino ad un paio di mesi fa, oggi la vede in vantaggio di un solo un punto dalla Roma.
Tutto ciò manifesta una certa incomprensione rispetto alla veridicità di alcuni risultati, che però, tutto sommato, non ha lasciato rimpianti negli inseguitori.
Spalletti e Sarri hanno riconosciuto la superiorità dei bianconeri, ma oggi, come mai in passato, sono vicinissimi al gradino più alto, pur non credendo fino in fondo nelle possibilità di raggiungerlo.
Una situazione strana, che deve assolutamente convincere la Lega a cambiare registro, per acquisire più efficacia e una conseguente attrazione da parte dagli appassionati.
A questo punto l’augurio per tutti i tifosi juventini, ed italiani in genere, è che se quest’anno, a Natale, era già tutto scritto, dal prossimo spariscano le penne, lasciando finalmente il dubbio su chi avrà la meglio in primavera.