sabato, Aprile 20, 2024

Calcio, Mancini: l’oracolo degli allenatori

“Rifarei la stessa scelta? No, sarebbe diverso chiaramente, se fossi ancora all’Inter probabilmente avremmo fatto cose diverse e adesso saremmo in una situazione diversa. C’è una società ora più chiara, una chiarezza che prima non c’era. Suning ha una forza enorme, credo che possa fare delle buone cose e lo spero per i tifosi dell’Inter”.

Sono queste le parole che Mancini, ex tecnico dell’Inter, ha rilasciato durante un’intervista a TeleLombardia, per commentare l’attuale momento dei nerazzurri.

Frasi che possono dare adito ad interpretazioni contrastanti sul personaggio e sulla sua credibilità in qualità di allenatore; perché se è vero che l’Inter, con lui, aveva ripreso un discorso interrotto alcuni anni prima, ribaltandola come un calzino la scorsa estate con numerose operazioni economiche, viceversa non si può condividerne le conclusioni sull’argomento Suning, avendo scelto personalmente la risoluzione del contratto che lo legava al club di Corso Vittorio Emanuele.

Una decisione, peraltro scriteriata, considerando il momento in cui è stata definita, condizionata, a suo parere, da un disordine societario che ha sempre confermato, ma che forse nasconde più che altro la gestione del mercato, da sempre una sua prerogativa per la conduzione tecnica delle squadre che ha ovunque allenato.

Questo atteggiamento saccente lo ha sempre accompagnato nella sua professione, raccogliendo un certo plauso dalla stampa, che spesso lo ha difeso, o per dirla meglio, non l’ha mai criticato aspramente come tanti altri, ritenendolo pur sempre un grande allenatore.

Sul fatto che sia stato abile (e in parte favorito da un giudizio bonario da parte di quest’ultimi) a raggiungere obiettivi importanti in piazze importanti non ci sono dubbi, ma va sottolineato che lo ha fatto con tantissimi campioni contro pochissimi delle concorrenti d’allora, ridimensionandone perciò il reale valore e l’effettivo merito del suo operato.

Certamente il successo in Premier League con il Manchester City gli va riconosciuto più di ogni altro, ma la complessiva gestione dell’Inter 2015-2016 non lascia dubbi sulle responsabilità dell’insuccesso e per alcuni versi di un significativo capitombolo personale.

Problemi relazionali con qualche giocatore ed alcune singolari irritazioni dinanzi ad evidenti errori di formazione, portatrici tra l’altro di sconfitte decisive per il mancato piazzamento in Champions League, hanno chiaramente evidenziato quei limiti che non giustificano certe dichiarazioni rilasciate nell’intervista all’emittente lombarda.

Dalle esternazioni fatte si nota un presuntuoso modo di voler configurare la recente esperienza nerazzurra utilizzando una lente d’ingrandimento del tutto propria ed inefficace per i suoi critici, allo scopo di voler concentrare l’attenzione su argomentazioni che non giustificano il suo inequivocabile fallimento sportivo.

Mancini, l’anno scorso, per una serie di motivi che è inutile ribadire, aveva l’obbligo di portare l’Inter quantomeno al terzo posto in campionato e, pur comprendendo le difficoltà oggettive per arrivarci, non può esimersi dal riconoscerne le colpe per il mancato raggiungimento dell’obiettivo.

Non è giusto, a distanza di mesi, ipotizzare che la sua permanenza avrebbe garantito oggi altri risultati, soprattutto in virtù del suo demerito precedente.

Anche Archimede osava dire: “datemi una leva abbastanza lunga e un fulcro su cui posizionare, e io vi solleverò il mondo”.

C’è un fatto però: mentre il grande matematico e fisico sapeva bene cosa diceva, oggi il gentleman jesino presume solo di esserne in grado.

 

 

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