Ma c’è veramente chi ha voglia di ripartire? Esiste davvero, alle condizioni attuali, la possibilità di rinnovare il calcio italiano? Ha ancora senso interessarsi di un campionato svuotato dei suoi “migliori” interpreti azzurri? Può comunque avere importanza, rilevanza, sostanza questa stagione (e forse quelle che verranno) dopo la vergognosa eliminazione dell’Italia dal Mondiale?
Forse gli addetti ai lavori, per contratto, hanno l’obbligo di tornare ad occuparsi dell’ambito calcistico, e dei problemi che lo riguardano, ma tutti gli altri, a cominciare dai tifosi, saranno seriamente attratti dal tema calcistico offerto da questo movimento fallimentare?
Si conoscono i colpevoli, si tracciano nuove linee guida, si individuano opportunità di rilancio e come sempre si frantuma, si spacca, si separa, si abbandona alla mercé degli avvoltoi, di rapaci che pensano solo ad arricchirsi, mentre muore il cuore pulsante di un popolo e le residue speranze di credere nello sport, nei valori umani capaci di emergere da esso.
Il dramma sportivo non è fine a se stesso, non è circoscritto all’interno delle mura di un palazzo, di una federazione, o di uno stadio: è dappertutto, e provoca noia, antipatia, disprezzo, rabbia, umiliazione, sentimenti che non si cancellano dall’oggi al domani, che non si superano con un derby, vincendo una coppa dei campioni o un’Europa League.
Il dramma è un lutto vero e proprio, non consente nuove chance, ha bisogno di essere smaltito, produce conseguenze, ha in se connotati di sofferenza e smarrimento che non possono ignorarsi assistendo alle prossime partite di Juventus, Napoli, Inter, Roma, Milan, Lazio ecc.
Occorrerebbe un rifiuto, meriterebbe un ripudio, sarebbe auspicabile un disdoro, per ignorare l’ignoranza che ha governato il calcio, profitto e perdita di questa Italia distrutta.