Il 10 giugno del 1692 Bridget Bishop, al culmine del processo per stregoneria tenutosi nella città di Salem, negli Stati Uniti, salì al patibolo. Fu impiccata come prima condannata a morte in seguito all’accusa di essere una strega. La storia di questa donna è a dir poco agghiacciante non solo per il terribile epilogo che si ebbe 327 anni fa, ma anche per quanto dovette sopportare la vittima che, all’epoca dell’esecuzione capitale, aveva circa 60 anni.
L’inizio della drammatica vicenda di Bridget Bishop
Bridget Bishop, nel corso della sua vita, si sposò in tre occasioni. Il primo matrimonio venne celebrato intorno al 1660 con il capitano Samuel Wasselbe. Le seconde nozze avvennero nel luglio del 1666 con Thomas Oliver, un vedovo facoltoso con il quale la donna ebbe anche una figlia. Dopo la morte del secondo marito, la signora di origini britanniche fu accusata per la prima volta di averlo assassinato ricorrendo a delle pratiche di magia nera. Fu sottoposta a processo e assolta per mancanza di prove. E così nel 1687 arrivò il momento dei fiori d’arancio per la terza volta con il legnaiolo Edward Bishop. Leggendo gli atti processuali che portarono all’impiccagione di Bridget Bishop, si evince una certa confusione non solo nei capi d’accusa, ma anche sulla sua identità.
L’imputata non sapeva chi fossero i suoi accusatori
Infatti gli studiosi hanno scoperto che in varie occasioni era stata definita come originaria di Salem, nome che a quei tempi veniva utilizzato per indicare Salem Town. In altre testimonianze, invece, si parlava di Salem Village. Dunque si pensa che la donna provenisse da Town, ma che le denunce per stregoneria fossero partite da Village. Tra gli aspetti più inquietanti di questa terribile vicenda, c’è il sospetto che l’imputata non conoscesse affatto i suoi accusatori, poiché dinanzi ai giudici avrebbe detto: “Non ho mai visto queste persone, né mai sono stata in questo luogo prima d’ora”. E quasi certamente aveva ragione… Un altro aspetto da non sottovalutare è quello relativo ad un presunto scambio di persona. In alcuni atti processuali viene definita come strega una certa Sarah Bishop, moglie di un locandiere di Salem Village. Invece in altri si fa riferimento a Bridget Bishop che, in realtà, non era affatto titolare di taverne. Quest’ultima venne pure descritta come una persona atta ad indossare abiti succinti e provocanti. Gli storici oggi ritengono che anche in questo caso i giudici, durante la caccia alle streghe di Salem, possano averla scambiata per Sarah.
Le streghe di Salem: la caccia e il processo
Il processo e le testimonianze contro Bridget Bishop
Nel mese di aprile del 1692 Bridget Bishop comparve per la prima volta dinanzi al tribunale di Salem. Era stata tacciata di fare ricorso alla magia nera da cinque ragazze, Abigail Williams, Ann Putnam, Mercy Lewis, Mary Walcott ed Elizabeth Hubbard. A costoro si aggiunse anche un uomo piuttosto maturo, William Stacy, il quale testimoniò che l’imputata gli aveva rivelato di essere al corrente che in città la considerassero una strega. Sembra, inoltre, che durante un confronto diretto, l’uomo abbia affermato che la donna lo avrebbe perseguitato con dei sortilegi, e che questa non abbia negato nulla alla presenza delle autorità. Samuel Shattuck, nel corso del procedimento giudiziario, affermò che Bridget Bishop aveva effettuato degli incantesimi nei confronti del figlio, arrivando perfino a colpirlo con una vanga. Aggiunse anche che l’imputata gli aveva chiesto di tingere per lei un piccolo merletto che le sarebbe servito per una piccola bambola, simile a quelle utilizzate per i riti vudù. John e William Bly (padre e figlio) riportarono di aver notato degli strani fantocci nella casa della donna. In seguito ad un’accesa discussione con lei, uno dei loro maiali aveva cominciato a comportarsi in modo strano, come se fosse stato avvelenato o stregato.
La sentenza di condanna a morte si abbatte su Bridget Bishop
Durante le varie udienze si moltiplicarono le accuse e le testimonianze contro la donna che, in alcuni casi, divennero anche piuttosto surreali. Diverse persone, infatti, affermarono che mentre stavano dormendo lo spirito della Bishop era apparso nelle loro camere da letto per aggredirli fisicamente. Anche il modo di vestire dell’imputata finì per diventare una prova della sua colpevolezza. La signora, infatti, amava vestirsi di rosso, e gli uomini puritani di Salem probabilmente pensarono che ciò potesse essere il segno che la donna avesse dei gusti piuttosto libertini in fatto di sessualità. In realtà oggi si ritiene che questo colore non fosse affatto insolito nelle abitudini delle puritane, soprattutto se si trattava di 60enni com’era la Bishop nel periodo del processo. Alla fine, nonostante il quadro accusatorio fosse piuttosto contrastante e poco chiaro, i giudici decisero comunque di emettere una sentenza di condanna a morte per Bridget Bishop. Costei divenne drammaticamente la prima vittima del processo alle streghe di Salem.
Breve storia della caccia alle streghe di Salem
La cittadina di Salem è passata tragicamente alla storia per essere stata teatro di una violenta e sanguinosa caccia alle streghe che portò all’esecuzione capitale di 19 donne. Il piccolo agglomerato urbano sorgeva nella regione del New England ed era l’ultima colonia civilizzata prima degli insediamenti degli indiani. Probabilmente proprio per questo motivo gli abitanti del luogo vivevano costantemente in una situazione di pericolo e di precarietà. Nel frattempo, la guerra portata avanti dal re Filippo aveva causato violenti scontri tra coloni e nativi del luogo, mettendo anche in discussione l’adesione dei residenti al puritanesimo. E così, cominciando a pensare di trovarsi in un luogo ormai abbandonato dalla benevolenza di Dio, i cittadini di Salem iniziarono a vedere un po’ ovunque la presenza di Satana soprattutto nelle persone più deboli che rappresentavano una sorta di “bersaglio facile” per sfogare la loro frustrazione.
La situazione sfugge di mano
La situazione cominciò a degenerare tra il 1691 e il 1692 quando Elizabeth Parris e Abigail Williams, due giovani parenti del parroco del luogo, iniziarono ad accusare degli strani disturbi. Tendevano a nascondersi dietro gli oggetti, a volte strisciavano per terra e in alcune occasioni perdevano anche l’uso della parola. I medici non riuscirono a trovare una diagnosi a questi sintomi, e così in un battibaleno si diffuse il timore che vi fosse nel villaggio una strega che stava colpendo con un sortilegio tutti i residenti. E furono proprio gli abitanti di Salem (piuttosto che le istituzioni giudiziarie) a dare il via ad una terribile caccia alle streghe. Una donna di nome Mary Sibley arrivò addirittura a nutrire un cane con della focaccia contenente l’urina delle due ragazze “possedute dal demonio”, affinché potesse trovare la malvagia fattucchiera, ma l’esperimento si rivelò un completo fallimento. Intanto anche altre giovani del posto, Betty Hubbard, Mercy Lewis, Ann Putnam, Mercy Short, Mary Warren e Susannah Sheldon iniziarono a mostrare i segni di inquietanti malesseri. Furono incalzate affinché facessero il nome della fattucchiera che le aveva ridotte in quello stato. In questo modo, paradossalmente, la responsabilità della ricerca delle streghe venne affidata a delle giovanissime. Queste, secondo gli studiosi, indicarono delle persone che per loro risultavano particolarmente scomode e insopportabili. Infatti non è un caso che gran parte delle persone menzionate dalle ragazze fossero soprattutto donne mature. Erano quindi signore che in qualche modo avevano esercitato una qualche autorità su di loro, ma anche anziane che vivevano in piena solitudine e che non avevano alcuna possibilità di difendersi. Inevitabilmente, una volta partite le accuse, si dovette procedere con l’introduzione di un tribunale giudiziario che si occupasse dei processi. Molti sospettati furono interrogati, torturati, sottoposti alla prova della declamazione di chiese cristiane e portati al cospetto delle ragazze possedute per il riconoscimento. Questa “procedura” era strettamente legata alle credenze popolari di quegli anni. Si riteneva, infatti, che le streghe nel recitare le preghiere dovessero per forza sbagliare prima o poi, e che le persone possedute dal diavolo in loro presenza avessero delle terribili visioni. Le persecuzioni portarono all’arresto di circa 200 persone.
I casi di Tituba Indians e Giles Corey
La prima fu Tituba Indians, una schiava indiana. Tuttavia, la prima condanna a morte venne emessa il 10 giugno 1692 nei confronti di Bridget Bishop. Ancora oggi il luogo in cui fu impiccata viene definito Witches Hill, ossia la Collina delle Streghe. In totale, fino al 22 settembre furono sottoposti a processo 144 imputati, di cui 54 confessarono dietro tortura di essere streghe, mentre le esecuzioni capitali furono 19. Differente fu il caso di Giles Corey, ventesima vittima del massacro. Costei per protesta decise di non parlare dinanzi ai giudici e per questo motivo morì durante il supplizio dello schiacciamento del torace. Questa agghiacciante mattanza ebbe termine quando i pastori più importanti della zona intervennero con dei sermoni. Attaccarono il tribunale non per la crudeltà delle torture inflitte o perché evitassero di tenere dei processi di stregoneria, ma perché avevano operato una raccolta di prove sommaria e a tratti insufficiente. Su tutti, ritennero inutilizzabile il ricorso alle visioni delle presunte vittime come testimonianze attendibili. Si trattava di affermazioni che non potevano essere confermate (né smentite) da terzi.