BCE: deficit Italia tra i più alti d’Europa

Dal bollettino economico della Banca Centrale Europea non arrivano buone notizie per l'Italia. Ma il nostro Paese non è solo: in sofferenza l'intera Eurozona.

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BCE: deficit Italia

BCE: nel 2021 il deficit dell’Italia sarà tra i più elevati dell’intera zona euro. Dal bollettino economico della Banca Centrale Europea non arrivano buone notizie per il nostro Paese. Tuttavia, dal comunicato della BCE, si legge come la situazione non sia certamente più rosea negli altri Paesi dell’eurozona. Infatti, nonostante l’arrivo delle vaccinazioni, l’intera Europa è ancora in forte sofferenza per gli ingenti danni economici (oltre che sanitari) arrecati dalla pandemia. A tal proposito, la BCE sottolinea: “La pandemia continua a ingenerare gravi rischi per la salute pubblica e per le economie dell’area euro e del resto del mondo”.

BCE: forte deficit dell’Italia per il 2021, come stanno gli altri Paesi?

Dunque, secondo il bollettino pubblicato quest’oggi dalla BCE, l’Italia nel 2021 sarà tra i Paesi con un maggior deficit rispetto al PIL. Infatti, si prevede un disavanzo con percentuali superiori al 7.5% del Prodotto Interno Lordo. Ma come detto, da quanto emerge, l’Italia non sarà la sola in cima a questa triste classifica. Infatti, anche Francia, Spagna e Slovacchia registreranno disavanzi superiori al 7.5% del PIL. Inoltre, la BCE ha precisato alcuni aspetti, a seguito della richiesta da parte della Commissione europea, sull’attenzione alla sostenibilità di bilancio a medio termine ad Italia, Francia, Spagna, Belgio, Grecia e Portogallo.

Infatti, la BCE sostiene: “In ragione della brusca contrazione dell’economia nell’area Euro, un orientamento di bilancio ambizioso e coordinato rimarrà essenziale fino a quando non si registrerà una ripresa duratura”. E aggiunge: “Il sostegno di bilancio dovrebbe tuttavia continuare a rimanere su livelli elevati. Finché l’emergenza sanitaria persiste e la ripresa non è in grado di autoalimentarsi, sarà importante prorogare le misure temporanee. Ciò, al fine di scongiurare la possibilità di variazioni brusche e significative”. Dunque, la Banca Centrale Europea, invita a continuare sulla strada del sostegno.

Forte calo del PIL relativo al quarto trimestre

Inoltre, la Banca Centrale Europea, si è soffermata sui dati relativi al PIL del quarto trimestre. Dati negativi, dovuti alla pandemia che “continua ad offuscare le prospettive economiche mondiali”. Infatti, nell’Eurozona, la seconda ondata e l’intensificarsi delle misure di contenimento a partire da metà ottobre “dovrebbero determinare un nuovo calo significativo dell’attività nel quarto trimestre”. Tuttavia, aggiunge: “In misura molto inferiore rispetto a quanto osservato nel secondo trimestre del 2020”. Secondo trimestre che, ha registrato una forte contrazione del PIL non solo per l’Italia, bensì per l’intera area euro.

BCE: inflazione e lavoro

La BCE non dimentica le questioni “inflazione” e “lavoro”. Per quanto riguarda l’inflazione, afferma: “Il Consiglio direttivo della BCE, rimane pronto ad adeguare, ove opportuno, tutti gli strumenti a sua disposizione per assicurare che l’inflazione continui ad avvicinarsi stabilmente all’obiettivo. In linea con il suo impegno ad adottare un approccio simmetrico”. Tuttavia, la BCE si aspetta che l’inflazione resti negativa, almeno per quanto riguarda l’inizio del 2021. Questo: “Sulla scorta della dinamica dei corsi petroliferi e tenendo conto della riduzione temporanea dell’IVA in Germania”.

Per quanto concerne il mondo del lavoro, la BCE ritiene che i sostegni dovrebbero essere limitati nel tempo. Infatti, le misure adottate nell’area euro per mantenere i posti di lavoro durante la pandemia “hanno raggiunto livelli senza precedenti”. E la BCE sottolinea: “Tali misure contribuiscono a mantenere stabile l’occupazione nel breve periodo. Ma comportano anche un determinato livello di perdite secche (quando sovvenzionano posti di lavoro che non sarebbero stati persi) e di effetti di esubero (quando sovvenzionano posti di lavoro improduttivi). Dunque, potrebbero ridurre l’efficienza allocativa dell’economia se utilizzati su larga scala per un periodo di tempo prolungato”. Quindi, secondo la BCE, per tali motivi: “La loro durata dovrebbe essere limitata nel tempo, al fine di non ostacolare la necessaria ristrutturazione economica”.