Associazione mondiale dei medici: siamo incompatibili con l’eutanasia

Washington – La World Medical Association (WMA) dichiara che il mestiere di medico è incompatibile con la pratica dell’eutanasia. La pratica della “buona morte” prevede la morte volontaria di malati terminali o cronici in presenza di assistenza medica.

Con sede a Washington D.C., la WMA (Associazione mondiale dei medici) rappresenta circa 122 associazioni mediche nazionali federate di tutto il mondo e raccoglie intorno a se circa 10 milioni di professionisti in tutto il mondo.

“Un medico non può dare la morte a un paziente anche se gli è espressamente chiesto dallo stesso e la legge lo consenta”. E’ questa la linea guida della WMA.

La dichiarazione è stata fatta nei giorni scorsi a Washington durante la 53esima assemblea internazionale. Come si legge nelle dichiarazioni finali, l’Associazione mondiale dei medici “ha notato che la pratica dell’eutanasia attiva con l’assistenza medica è stata adottata nella legge di alcuni Paesi”.

Le direttive ufficiali partono dall’organo societario principale che prende le decisioni nella AMM è l’Assemblea Generale. Essa viene convocata annualmente e si compone di delegazioni di associazioni nazionali membri, funzionari, membri del Consiglio della AMM e rappresentanti di membri associati.

Congresso mondiale WMA

L’Associazione “riafferma la sua forte convinzione che l’eutanasia è in conflitto con i principi etici basilari della pratica medica» e «incoraggia con forza tutte le associazioni mediche nazionali e i medici ad astenersi dal prendere parte all’eutanasia, anche se la legge nazionale lo consente o depenalizza questa condotta a certe condizioni”.

Non è la prima volta che la WMA è fautrice di una “lotta” etica alle politiche e alle idee eutanasiche. Già nel congresso del 2013 svoltosi in Francia, aveva dichiarato l’eutanasia “non etica”. A Divonne-les-Bains l’eutanasia era già stata dichiarata incompatibile con il mestiere medico “in quanto atto che pone fine deliberatamente alla vita di un paziente, anche se a chiederlo è il paziente stesso o i suoi congiunti”. Chiaramente “questo non dispensa il medico – si era precisato – dal rispettare il desiderio del paziente di consentire che il naturale processo della morte faccia il suo corso nella fase terminale della malattia”.

E’ dal 1947, anno delle sua fondazione, che la WMA convoca congressi mondiali per redigere le linee guida etiche che i medici di tutto il mondo devono osservare.

L’Associazione nacque il 17 settembre del ’47 a Parigi. Non a caso nel periodo storico immediatamente successivo alla seconda guerra mondiale. L’obbiettivo era quello di reagire all’asservimento della scienza e della medicina agli esperimenti che diversi regimi totalitari, tra cui in maniera spiccata quello nazista di Hitler, conducevano sui prigionieri inermi rinchiusi in gulag e lager. Vere e proprie torture.

Il fine dell’Associazione mondiale dei medici è servire l’umanità per ottenere i più alti standard internazionali nella educazione medica, nella scienza, nell’etica e nella cura della salute di tutte le persone.

Oltre a questo, l’Associazione rappresenterebbe anche una sorta di garanzia morale ed etica contro il dramma dell’uso di vite umane come cavie da laboratorio. L’ideologia che sottende questa concezione è che ci siano vite umane che possano essere ritenute sacrificabili rispetto ad altre. Mai un medico potrà essere “l’esecutore materiale” di tali crimini. Tanto meno essere responsabile di “morti procurate”.

L’autorevole decisione espressa dal WMA è apertamente controcorrente rispetto alle politiche ad oggi intraprese da molti paesi. Anche rispetto ai dibattiti mediatici e scientifici sulle scelte di fine vita che hanno occupato giornali e televisioni, insieme a parlamenti occidentali e aule di tribunali. Alla base di questi ultimi, fin ora, si era ritenuto di poter comunque procedere alla “procura di morte” basandosi sull’autodeterminazione dell’individuo che prescinde – sempre – dall’oggetto. In questo caso, la vita umana.

Un concezione della vita, quella eutanasica, in aperto contrasto con quanto la ragion d’essere del medico stesso prevede.

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