venerdì, Marzo 29, 2024

Armenia e Azerbaigian: una guerra mai finita

L’Armenia in questi giorni ha accusato l’Azerbaigian, sua storica rivale, di voler fomentare l’odio etnico mostrando all’interno del Parco dei trofei Militari gli elmi dei soldati armeni uccisi durante gli scontri dello scorso anno. Ma vediamo insieme il punto della situazione.

Un passo indietro nel tempo: la guerra dei 44 giorni

Un Vietnam caucasico. Questo è stata la guerra dei 44 giorni per l’Armenia. Una tragedia umanitaria, politica e militare. I bombardamenti iniziati il 27 settembre 2020, hanno causato 3.000 morti e 100.000 sfollati. Il conflitto in Nagorno-Karabakh, territorio conteso tra Armenia e Azerbaigian nel Caucaso meridionale, si è concluso il 9 novembre dello stesso anno. L‘accordo siglato da Armenia, Azerbaigian e Russia prevedeva il ritiro armeno dai sette distretti contesi del Karabakh, il passaggio sotto controllo azero della storica città di Shushi, la ”Gerusalemme del Caucaso” simbolo storico di identità nazionale per gli azeri. E la costruzione in favore dell’Azerbaigian di una strada di collegamento attraverso il territorio armeno con l’enclave del Nakhchivan e con la Turchia. La situazione, ancora oggi, dopo cinque mesi dalla firma della cessazione delle ostilità, la tensione politica persiste in Armenia.


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La visita del presidente Ilham Aliyev

Lunedì, il presidente azero Ilham Aliyev ha visitato il parco di trofei militari: dove vengono mostrati per l’appunto gli equipaggiamenti militari sequestrai durante le guerra, tra cui un centinaio di elmi appartenenti ai soldati armeni. “Tutti coloro che visiteranno il parco dei trofei militari capiranno la forza del nostro esercito. Sentiranno la nostra forza di volontà e quanto sia stato difficile ottenere la vittoria”, ha detto Aliyev.

Le proteste

Il parco, che dovrebbe essere aperto al pubblico a breve, ha suscitato clamore in Armenia, con il ministero degli Esteri che accusa l’Azerbaigian di “degradare pubblicamente la memoria delle vittime della guerra, delle persone scomparse e dei prigionieri di guerra, oltre a violare i diritti e la dignità delle loro famiglie”. Questo sentimento è stato condiviso dalla maggior parte degli abitati di Erevan, dove si sono svolte proteste di massa anti-governative contro la decisione del primo ministro Nikol Pashinyan di accettare l’umiliante tregua, portandolo a indire elezioni anticipate a giugno.


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