Martedì decine di nazioni hanno condannato l’Arabia Saudita davanti al Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite per gravi violazioni; e hanno chiesto chiarimenti per l’omicidio del giornalista Jamal Khashoggi.
In una stoccata relativamente rara al regno, davanti al massimo organo per i diritti umani delle Nazioni Unite, l’ambasciatore danese Carsten Staur ha letto una dichiarazione a nome di 29 stati che chiedevano giustizia per Khashoggi; giornalista del Washington Post ucciso nel consolato saudita a Istanbul nel 2018 da una squadra di assassini. Il probabile mandante di questa operazione è Mohammed bin Salman, principe ereditario del del regno wahhabita.
Le Nazioni Unite chiedono chiarimenti da parte del regime
Nella terza dichiarazione congiunta al Consiglio contro Riyad, i paesi a maggioranza europea hanno rinnovato un appello alla “trasparenza e alla responsabilizzazione di tutti i coinvolti”.
“Sottolineiamo la necessità di una piena responsabilità e di un processo trasparente nei confronti di coloro che sono coinvolti nell’uccisione di Jamal Khashoggi“. Ha affermato l’ambasciatore tedesco Michael Freiherr von Ungern-Sternberg.
La morte di Khashoggi, un intricato mistero
Il giornalista, uno delle voci più critiche dell’Arabia Saudita, è diventato noto negli anni 90′ per aver intervistato Bin Laden in Sudan; poco prima di essere ucciso si era recato nel consolato saudita ad Istambul per ritirare alcuni documenti. Poco dopo essere entrato nella struttura, l’editorialista è stato strangolato e il suo corpo smembrato, secondo funzionari turchi e statunitensi. Secondo invece i primi resoconti del processo, due uomini vicini a MbS, l’ex consigliere Saoud al-Qahtani e l’ex numero due dell’intelligence, il generale Ahmed al-Assiri, avrebbero preso il comando dell’omicidio.
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